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Diritti TV, il mondo del calcio tra business e ANTITRUST

Serie A: i numeri della crisi

Per comprendere l'attuale situazione del calcio italiano è sufficiente analizzare alcuni dati.

Secondo quanto riportato annualmente da PriceWaterHouse nel "Report Calcio 2014", il patrimonio netto aggregato di tutte le squadre di A negli ultimi 5 anni è calato del ben 10,9%. Da un punto di vista patrimoniale, il totale delle attività è ormai stabile da oltre 7 anni attorno la soglia dei 3.500 milioni di euro, e dal momento che la gran parte degli investimenti dovrebbe essere utilizzata per acquisire le prestazioni dei calciatori, ciò significa che negli ultimi anni i clubs di A non hanno potuto incrementare le spese per rafforzare i loro parco giocatori. Dal lato del passivo, è importante notare come i debiti sono aumentati negli ultimi cinque anni di quasi 800 milioni, da 2.110 mln a 2.946, segno di come nonostante non siano stati effettuati investimenti produttivi, gli introiti da autofinanziamento e i conferimenti da parte dei principali imprenditori italiani (Agnelli, Moratti, Berlusconi) che da sempre hanno investito nel calcio per passione, marketing e business, siano fortemente diminuiti.

Il livello di indebitamento è salito dal 6 al 13% nel giro di 4 anni e il quoziente di indebitamento, ossia il rapporto debiti-risorse proprie, ha toccato nel 2010-11 quota 89%. La riduzione del costo del lavoro aggregato del 3,3% nell'ultima stagione, in controtendenza con la media europea, in cui i costi sono aumentati del ben 7%, e del costo per gli ammortamenti per l'acquisto di calciatori dello 0,4%, è una conferma di quanto asserito prima relativamente alla mancanza, la non volontà e/o l'impossibilità di investire nel business del calcio come accadeva negli anni '80 e '90, quando il Milan di Sacchi e Berlusconi, e la Juve degli Agnelli fecero da promotori del ruolo dell'investitore-magnate nel mondo del calcio e diedero a questo settore una prospettiva di business.

Relativamente al conto economico, invece, i dati della crisi sembrano essere ancora più evidenti. I ricavi da ingresso da stadio, da sempre una delle fonti di reddito principali delle società italiane, che può contare su monumenti dal grande valore storico come San Siro, lo Stadio Olimpico di Roma e il San Paolo di Napoli, hanno registrato un decremento dai 275 milioni del 2009 ai 221 mln del 2013, dato figlio dei problemi di obsolescenza delle strutture, della violenza negli stadi e della riduzione dello spettacolo e della mancanza di stadi di proprietà. I ricavi da sponsor, pari a 396, sono decisamente lontani degli standard europei, e la massiccia dose di introiti da diritti tv, 1037 milioni nell'ultimo anno, sono, come abbiamo accennato, uno dei principali motivi del declino, oltre ad essere anch'essi inferiori alle cifre che le emittenti radio-televisive spendono per campionati come la Premier League e la Liga.

Tali dati sono ancora più drammatici se confrontati con un benchmark di riferimento, caratterizzato dai rendimenti economici delle top division europee, ossia la Bundesliga, la Premier League e La Liga Spagnola.

Infatti nonostante la crisi, il calcio professionistico europeo continua a crescere in termini economici. Il quinquennio 2008-2012 ha registrato una crescita media annua del 5,5%, rispetto al +0,7% dell’economia europea nel medesimo periodo. Analizzando i dati delle prime 10 top division possiamo notare che nel 2012 i ricavi medi per società ammontano a 139,1 milioni di euro per la top division inglese, seguita da quella tedesca, da quella spagnola e solo successivamente da quella italiana (85,7).

La distanza dell'Italia dai vertici risulta particolarmente evidente per la voce più importante, quella relativa ai diritti media. L’Inghilterra risulta largamente in testa, con 70,4 milioni di euro, ben 22 milioni in più dell'Italia. In termini di risultato netto nel 2012 appena 3 top division chiudono con un utile aggregato positivo: la Germania, l’Olanda e la Spagna. Il peggior risultato è realizzato dalla top division inglese (-227,3 milioni di euro), seguita proprio dall’Italia (-200).

Per quanto concerne l’affluenza allo stadio, con quasi 16,9 milioni di spettatori, la top division inglese rappresenta nel 2012-2013 il campionato europeo con la maggiore presenza di pubblico, seguita da Germania e Spagna. L’Italia si posiziona al quarto posto con un totale di quasi 9,8 milioni di spettatori. Il riempimento della capienza degli impianti raggiunge il 92% in Inghilterra e l’89% in Germania, per poi scendere al 71% in Spagna, al 66% in Francia e solo al 52% in Italia. In termini di affluenza media per partita in campionato, con 22.591 spettatori, la top division italiana nel 2012- 2013 si colloca al quinto posto nella graduatoria mondiale. […]

Questo brano è tratto dalla tesi:

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Informazioni tesi

  Autore: Vincenzo Mario Gazzaneo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2014-15
  Università: Libera Univ. Internaz. di Studi Soc. G.Carli-(LUISS) di Roma
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia e Management
  Relatore: Ivana Paniccia
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 72

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