Cultura gitana tra emarginazione ed integrazione

Una delle più grosse mancanze che hanno dovuto subire i gitani nel corso della storia, è stata la scomparsa della loro lingua originale: il romanì. La Spagna è infatti uno dei pochi paesi d’Europa nel quale i gitani non parlano questa lingua; questa per loro è una grande mancanza perché si sentono in un certo senso estranei ai gitani d’Europa, che pur vivendo in stati diversi e non conoscendosi riescono a dialogare nella loro lingua originale.
In Spagna si parla il calò che è un dialetto del Romani e che ne conserva le parole basiche utilizzando però la struttura grammaticale della lingua spagnola.
Oggi vi è una notevole diminuzione della percentuale gitana che utilizza questo linguaggio; questo è spiegabile attraverso vari fattori come ad esempio l’insufficienza dei mezzi di insegnamento ai più giovani di questa lingua, il sedentarismo forzato che il popolo ha vissuto, le persecuzioni durante il corso della storia ed i divieti che in alcuni periodi storici hanno avuto anche nel parlare la propria lingua.
Oggi si può affermare che solo gli anziani parlano correttamente il calò, i giovani utilizzano alcuni modi di dire ed alcune parole, ma non lo conoscono alla perfezione; oggi i giovani gitani hanno come lingua madre il castigliano.
Nonostante tutte le difficoltà che questo popolo ha subito e nonostante il calo dei parlanti di calò, alcune parole di questa lingua, e quindi propriamente gitane sono entrate a far parte del vocabolario spagnolo, come ad esempio chungo che è l’equivalente di feo, gachi che è il corrispondente di muchacha, chaval che corrisponde a joven e camelar che significa enamorar.