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Bilinguismo, educazione, società. Riflessioni sull'apprendimento di una L2

Apprendere una nuova lingua: differenze tra bambino e adulto

In campo glottodidattico, troviamo due ipotesi riguardanti gli studi sulle differenze di apprendimento di una seconda lingua; la prima suppone che la capacità di apprendere una L2 abbia dei limiti temporali, il cosiddetto “periodo critico” o “periodo sensibile” (Penfield, Roberts, 1959; Lenneberg, 1967), il quale coinciderebbe con il periodo di lateralizzazione del cervello umano o con il passaggio dall’infanzia alla pubertà.

Ad esempio tra i 5 e i 7 anni, sono state riscontrate le prime interferenze a livello fonologico, tra la L1 e la L2; mentre prima dei 7 anni, sembra ancora possibile un’acquisizione intuitiva e la competenza nella L2 sarà vicina a quella materna. Entro questo periodo critico, quindi, sarebbe favorevole l’acquisizione del linguaggio; ma superato questo stadio, si andrebbe verso una condizione di declino che peggiora con l’aumentare dell’età.

Contrariamente a Lenneberg e Chomsky (1975), che hanno contributo a rinforzare l’idea del periodo critico; altri autori (Krashen et al, 1979) hanno proposto l’analisi di due aspetti dell’apprendimento di una L2, mettendo a confronto bambino e adulto: 1) il livello di competenza linguistica finale raggiunto in L2 (ultimate attainment); 2) l’andamento, cioè la capacità con la quale si progredisce in ogni singola fase dell’apprendimento (rate).

La ricerca ha evidenziato che entrambi i tipi di discenti proseguono seguendo percorsi simili (route), ciò che cambia sono rate e ultimate attainment. Secondo gli studiosi, gli adulti hanno un’acquisizione più rapida (rate), specialmente nelle prime fasi di acquisizione morfo-sintattica.

Al contrario, i bambini sarebbero al principio più lenti, ma raggiungerebbero un livello di competenza linguistica superiore (ultimate attainment). Ciò conferma quindi la tesi del periodo critico, superato il quale non si potrebbero raggiungere gli stessi livello di competenza pari a quelli dei nativi.

La differenza principale tra bambino e adulto è il luogo di acquisizione (setting); difatti, acquisire una nuova lingua in contesti naturali, quindi con autoctoni e con determinati input linguistici / culturali, sarà totalmente differente rispetto all’apprendimento effettuato in contesti istituzionali, che avviene in un solo setting (classe), con un solo interlocutore (un insegnante di L2, quasi mai madrelingua) e per poche ore d’esposizione (3 ore a settimana circa).

Bisogna però prendere in considerazione il fatto che tali ricerche sull’apprendimento del linguaggio sono stati applicate all’apprendimento di una L2 in contesti naturali, i quali sono stati poi generalizzati, per poter essere applicati all’apprendimento guidato in contesti educativi, al di fuori quindi dell’ambiente naturale.

Se vogliamo svolgere al meglio l’insegnamento istituzionale, bisogna affrontare con Colombo (1982) una certa suddivisione del periodo critico, nelle seguenti cinque fasi: 1) onset (l’età in cui comincia l’esposizione alla lingua; 2) offset (l’età in cui termina il percorso d’istruzione obbligatorio); 3) una componente di maturazione intrinseca; 4) una componente estrinseca; 5) il sistema stesso coinvolto e oggetto di apprendimento.

Per Colombo, onset e offset sono gli aspetti più importanti nell’apprendimento di una L2, poiché il fattore età è attinente agli studi coinvolti nel determinare a quale età sarebbe preferibile iniziare l’apprendimento di una L2 a scuola, sia quanto intensivo deve essere tale studio in base all’età. Neanche qui si è raggiunto un totale accordo, anche se vige il diffuso “the younger, the better”, difatti se i discenti iniziassero ad acquisire la L2 verso la fine del periodo critico, conseguirebbero un livello di sviluppo nella L2 molto basso.

Gli studi generalmente si sono focalizzati più sull’ultimate attainment che sul rate, ovvero sui vantaggi che, seppur limitati nel tempo, tuttavia sembrano persistere. In accordo con Krashen et al. (1979), Muñoz (2006), Singleton e Ryan (2004), “c’è generale concordia nel ritenere che gli apprendenti più adulti acquisiscono più velocemente ed efficientemente dei più giovani nei primi stadi dell’apprendimento, ovvero nel breve termine. (...) Al contrario i più giovani sono più lenti all’inizio, ma arrivano a livelli di competenza simili a quelli di un parlante nativo nel lungo termine.”

Gli adulti, rispetto ai giovani, “sono più abili nell’apprendimento esplicito, meta-linguistico, dichiarativo e analitico e possono fare leva su capacità cognitive e conoscenze enciclopediche più sviluppate” (Dekeyser, 2000, p.335). Però poi perdono l’automatismo nell’apprendimento durante la crescita. Secondo Dekeyser, riguardo invece ai bambini: “da qualche parte tra i 6-7 anni e i 16-17, ciascuno di noi perde il dispositivo mentale richiesto per l’induzione implicita degli schemi astratti che sono alla base del linguaggio umano”.

I bambini quindi hanno dalla loro, il vantaggio di possedere delle capacità induttive rispetto agli adulti.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Bilinguismo, educazione, società. Riflessioni sull'apprendimento di una L2

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Informazioni tesi

  Autore: Federica di Vito
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Roma Tor Vergata
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Lingue nella Società dell'Informazione
  Relatore: Antonio Filippin
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 78

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