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Gli studi di settore e la difesa del contribuente

Il tipo di difesa

Il contribuente può difendersi dagli studi di settore portando prove (dirette o indirette) contrarie o anche solo argomentazioni anche di natura presuntiva.
Il punto è comprendere come il contribuente possa produrre queste prove e su quali oggetti esse possano vertere.
Il contribuente potrà, come buone argomentazioni, per difendersi sostenere a) che il ragionamento dello studio è poco plausibile in sé b) che è poco plausibile nella sua situazione concreta c) il contribuente potrà contestare, in particolare, la validità della struttura degli studi e della funzione ricavo ad esso applicabile o viceversa potrà contestare la sola specifica attribuzione del ricavo ma non la struttura dello studio.

La prima difesa – lettera a) - è la più complessa visto che gli studi costituiscono il frutto di un’elaborazione complicata di dati condotta con l’uso di un campione ampio nel tempo e nello spazio. La generalità e astrattezza dello studio rappresenta un fattore di debolezza rispetto al singolo soggetto ma lo rende un meccanismo dotato, per complessità e ampiezza, di una certa forza in quanto tale.

Il contribuente non ha facilmente accesso a tutti i dati usati per lo studio e su questo punto di fragilità (mancanza di trasparenza) potrà far valere la sua difesa sotto il profilo sia della difficoltà in cui si pone il suo diritto di difesa sia della difficoltà per il giudice di controllare l’operato della Pubblica Amministrazione. In particolare il controllo della legittimità del provvedimento fondato sugli studi di settore potrà basarsi, da un lato, sulla giustificazione esterna, cioè sulla individuazione delle norme che determinano le condizioni di applicabilità degli studi di settore e, dall’altro, sulla giustificazione interna, cioè sul ragionamento presuntivo usato nel caso concreto. Da ciò ne consegue che il contribuente potrà portare come prove contrarie le condizioni di inapplicabilità tout court degli studi per carenza di giustificazione esterna oppure potrà contestare la sequenza delle inferenze probatorie usate nel suo caso (giustificazione interna).

In questo caso è ammissibile un’ampia gamma di prove anche dirette o documentali: sono validamente utilizzabili le risultanze extracontabili cioè le prove di fatti non dimostrati dalle scritture contabili con cui il contribuente dimostri di non essere in condizione “normale” di svolgimento dell’attività e a tal fine sono utilizzabili sia prove presuntive che documentali che testimoniali (ma permane la preclusione riguardo al loro utilizzo nel processo art. 2729 comma 2 c.c.).

Per quanto riguarda la seconda difesa – lettera b) - il contribuente potrà contestare il ragionamento presuntivo adottato dall’Amministrazione Finanziaria utilizzando prove dirette o indirette e quindi anche le scritture contabili. I punti sui quali il contribuente può fornire prova contraria possono essere raggruppati in tre oggetti di prova:
1) un primo oggetto di prova è costituito dalle condizioni strutturali di applicazione degli studi che attiene – alla selezione dei dati dei questionari non corretti – alla identificazione di distinti sottogruppi omogenei (clusters) – alla cluster analysis – alla eliminazione dei contribuenti anormali – infine al processo di rettifica della funzione ricavo in base alla localizzazione del soggetto. Il contribuente potrà addurre elementi in relazione alla illogicità/illegittimità dei criteri appena menzionati e dovrà dimostrare la illegittimità generale dell’apparato dello studio di settore.
2) Il secondo oggetto di prova riguarda la struttura della funzione di ricavo e il contribuente potrà portare la prova dell’inapplicabilità della funzione che costituisce il nucleo del ragionamento induttivo adottato.
3) Il terzo oggetto di prova riguarda la determinazione dei ricavi del contribuente che potrà contestare il ragionamento con cui si perviene all’attribuzione dei ricavi specificatamente a se stesso. Sempre per la seconda linea difensiva il contribuente potrà sfruttare
qualsiasi elemento ulteriore non valorizzato nella creazione dello studio applicabile alla sua attività: non sarà necessario che si tratti di elementi afferenti il singolo contribuente né di circostanze eccezionali. Ad esempio potrà sostenere: una situazione di crisi economica generale, una crisi del comparto economico o del territorio (per calamità naturali o altri fattori) o infine, una crisi individuale della propria attività (per assoggettamento a procedure concorsuali, malattia ecc...).

Tra le situazioni che il contribuente può portare a suo favore per difendersi dagli studi di settore abbiamo:
1) il fatto che il contribuente abbia dovuto procedere a disinvestimenti
2) abbia dovuto concedere pegno o ipoteca su propri beni o chiesto garanzie personali
3) abbia dovuto procedere a nuovi conferimenti per la copertura di perdite
4) sia ricorso a mutui
5) gli siano stati revocati i prestiti bancari
6) abbia ricevuto la segnalazione di uno scoperto in banca
7) abbia subìto atti di messa in mora o decreti ingiuntivi per ritardati pagamenti (come segno di difficoltà ad adempiere ai pagamenti)
8) dichiarato ricavi con una diminuzione proporzionale alla diminuzione dei ricavi dichiarati dai concorrenti
9) abbia proceduto a licenziamenti o non aumentato, come previsto dalla legge, le retribuzioni dei dipendenti
10) abbia effettuato minori acquisti
11) abbia dimostrato una diminuzione del tenore di vita (attraverso il cd. redditometro)
12) abbia perso uno o più clienti importanti
13) abbia subìto la concorrenza di nuovi operatori
14) abbia perso elementi della propria struttura produttiva (ad es. per dimissioni, scadenza contratto ecc..)
15) abbia avuto problemi familiari (separazioni, divorzi) ecc... ecc...

Tuttavia nessuna di queste situazioni è sempre decisiva in una direzione o nell’altra per l’applicazione degli studi: molte di esse possono essere prove di un fallimento o lacuna dello studio o circostanze predisposte ad hoc dal soggetto accertato. Ciò che conta è il prudente apprezzamento di tutte le circostanze del caso. Gli spazi difensivi appaiono però ampi e non ancora adeguatamente sfruttati in una materia dove conta la valutazione del merito delle situazioni.

In ultimo deve rilevarsi che la determinazione di maggiori ricavi, compensi e corrispettivi conseguente all’applicazione degli accertamenti fondati sugli studi non valgono come notizia di reato nel senso di non determinare l’obbligo per gli uffici di comunicazione all’Autorità Giudiziaria. Tale disposizione non esclude però che queste risultanze possano essere trasmesse o che, acquisite dal Pubblico Ministero, possano valere come partenza per ulteriori indagini.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Gli studi di settore e la difesa del contribuente

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Informazioni tesi

  Autore: Elena Papandrea
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Scienze giuridiche
  Relatore: Alberto Marcheselli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 49

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Parole chiave

tributario
studi di settore
accertamento presuntivo

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