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L'organo di controllo nelle s.r.l.

I controlli dei sindaci come strumenti di tempestiva rilevazione della crisi d’impresa

Preliminarmente alla trattazione analitica delle funzioni e delle azioni dell'organo di controllo tese a rilevare tempestivamente crisi di impresa e/o a ridurne al minimo gli effetti negativi ove la crisi stessa sia già in atto, voglio evidenziare come, quando l'impresa verte in uno stato di crisi, si esaltano le prerogative degli organi di controllo, con particolare riferimento a due profili:

- rilevare tempestivamente la crisi e darne tempestiva comunicazione all'organo amministrativo;
- spingere affinché, se necessario, gli amministratori, a cui è demandato il potere, salvo diversa disposizione statutaria, attivino una procedura concorsuale.

È da premettere che dovrebbe essere l'organo amministrativo il primo a cogliere i segni della difficoltà e ad intervenire per risolverli. In teoria, l'organo amministrativo societario dovrebbe essere in grado di rilevare in tempo reale
l'approssimarsi, ancor più il verificarsi, di uno stato di crisi. L'accessibilità ai dati contabili, la conoscenza dei rapporti contrattuali e il posizionamento dell'impresa nel mercato sono le fonti perché tale rilevazione sia attuata.
Tutto ciò è nella disponibilità dell'organo amministrativo.

E ancora, i dati e le informazioni richieste per la formazione del bilancio e per la redazione della relazione sulla gestione presuppongono che gli stessi siano acquisiti dagli amministratori con continuità nel corso dell'esercizio, e che
quindi siano oggetto di valutazione, da parte dell'organo amministrativo, in tempo reale. Inoltre, la legge impone, ai sensi dell'art. 2381 c.c., che la società sia dotata di un sistema amministrativo-contabile e, quindi, in grado di fornire gli elementi utili ad evidenziare una emergente situazione di crisi.

In concreto, può, però, accadere che:
1. l’organizzazione amministrativa, contabile e gestionale presenti carenze tali da non essere in grado di cogliere tempestivamente i fenomeni degenerativi;
2. l’organizzazione colga questi fenomeni, ma non li trasmetta all'organo amministrativo.
3. l’organo amministrativo sia consapevole di una situazione che esige un intervento straordinario, ma non lo adotti.

Quest'ultima circostanza è la più rilevante per gli effetti che ne possono derivare poiché, dando per scontato che “il genio del male è sempre più prolifico del genio del bene”, le potenzialità negative della crisi sarebbero esaltate da atti illeciti degli amministratori che comporterebbero un ulteriore pregiudizio sul patrimonio sociale.
Analizziamo ora le circostanze elencate.
Nell'ultimo caso la pubblicizzazione della crisi, e il conseguente ricorso tempestivo a procedure concorsuali minori, può non accadere per la determinazione degli amministratori di nascondere la realtà nella speranza di evitare che emergano proprie responsabilità.

Nei primi due casi, invece, l'organo amministrativo resta ignaro di quanto sta maturando.
Diversa è la posizione degli organi di controllo come farò emergere nelle pagine successive, assumendo come punto di partenza che al collegio sindacale sia attribuita la funzione di controllo sulla gestione e al revisore contabile la funzione di controllo sulla contabilità. Anche se le due funzioni, in alcune fattispecie, possono essere cumulate ai sensi dell'art. 2409bis, terzo comma c.c., esaminiamo separatamente le due posizioni per avere una visione più chiara sulla effettiva potenzialità del controllo a seconda che sia esercitato dal collegio sindacale/sindaco unico o esclusivamente dal revisore “unico”, come previsto dalla legge di stabilità.

Inizierò analizzando le modalità con cui il collegio sindacale/sindaco unico possa rilevare tempestivamente una crisi di impresa per poi confrontarle con le omologhe nella figura del revisore.
In mancanza di una funzione di controllo contabile ad esso affidata, il collegio sindacale non è in grado di “contabilizzare” autonomamente l'andamento economico. Tale circostanza non lo esonera, però, dalla responsabilità del controllo sulla corretta esecuzione di tale compito in quanto, sulla base delle altre funzioni ad esso affidate, deve essere in grado di cogliere l'andamento organizzativo ed operativo della società. L'art. 2403 c.c., infatti, nel menzionare i doveri di vigilanza del collegio sindacale, richiama, tra le tre macro
categorie di doveri, che potremmo definire come “principali”, quello sull'adeguatezza dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla società e sul suo concreto funzionamento. Da quanto detto “… tale previsione sembrerebbe indirizzare l'impegno del collegio su compiti legati a verifiche strutturali, piuttosto che a verifiche attinenti all'andamento delle attività operative; in ogni caso, essa costituisce il segno della particolare attenzione che pone il legislatore alla efficienza organizzativa, da cui sola può derivare la possibilità, per il management, di acquisire, in ogni momento, i dati complessivi e specifici della vita sociale; evidentemente proprio al fine di consentire l'adozione dei più opportuni interventi. Quindi, dell'idoneo funzionamento organizzativo devono curarsi non solo gli organi delegati e gli amministratori deleganti (art. 2381, terzo comma c.c.), ma anche il collegio sindacale”.

Analizzerò ora alcune funzioni, già delineate nel capitolo precedente in un orizzonte più ampio, per evidenziare come le stesse si pongono in maniera strumentale all'individuazione di uno stato di crisi di impresa. Oltre al controllo sull'assetto organizzativo ora descritto, assumono rilevanza:
1) il dovere di vigilare sull'osservanza della legge e dello statuto e la vigilanza sul rispetto dei principi di corretta amministrazione ai sensi dell’art 2403, comma 1, c.c. Bisogna sottolineare però come, neanche in stato di crisi, l'attività dei sindaci può estendersi anche all'esame dell'opportunità e della convenienza delle scelte gestionali. Infatti, anche al ricorrere di tale judgment rule nel loro monitoraggio sulle iniziative assunte dagli amministratori”.

2) il dovere di partecipare alle riunioni del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo, nonché alle assemblee, ai sensi dell’art. 2405 c.c. In tal modo il collegio sindacale non solo è al corrente di quanto discutono e decidono gli organi collegiali, ma diventa anche destinatario delle relazioni periodiche che tali organi sono tenuti a fare “sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche effettuate dalla società e dalle sue controllate” come previsto dall'art. 2381, quinto comma c.c.;

3) il dovere di redigere una propria relazione sul bilancio di esercizio ai sensi dell’art. 2429 c.c., di esprimere il proprio parere in caso di proposta di aumento di capitale con esclusione del diritto di opzione e di esprimere il proprio consenso sui valori di alcune poste di bilancio. E' un coinvolgimento in prima persona in ordine all'attività d'impresa in quanto, tali momenti determinano non solo un controllo in vigilando sulle operazioni medesime, ma anche la possibilità di avere un'informativa chiara e in tempo reale sulla situazione dell'impresa. Tali momenti valutativi possono essere il punto dipartenza per ispezioni e controlli, al ricorrere di alcune circostanze e nelle situazioni che lo richiedono.

4) il collegio sindacale ha il dovere di una presenza continua nella vita dell’impresa.

Ciò è legittimato dall'esigenza di un controllo permanente, e non solamente occasionale, sull'attività di impresa. E questo oltre alle ipotesi legali di intervento necessario, come per il caso della perdita del capitale sociale o della sua riduzione al di sotto del minimo legale, o del verificarsi di cause di scioglimento.
L'art. 2403 bis, c.c., al primo comma, riconosce ai sindaci ampi poteri informativi, ispettivi e di controllo, al fine di permettere loro di adempiere con efficienza alle funzioni alle quali sono preposti.

1) Ispezioni e controlli. I sindaci possono, in qualsiasi momento, e senza alcun limite o restrizione, procedere ad atti di ispezione e controllo. Le ispezioni possono, per loro natura, fare emergere i primi segnali di uno stato di crisi ancora in divenire, spingendo il sindaco ad ulteriori controlli e approfondimenti, anche mediante lo scambio di informazioni con gli altri organi sociali.

2) Poteri di informazione L'art. 2403bis c.c., al secondo comma, prevede che il collegio sindacale possa chiedere notizie agli amministratori, anche con riferimento a società controllate, sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari, e possa scambiare informazioni, con i corrispondenti organi della società controllata, anche in merito all'andamento generale dell'attività sociale. “ Se si considera che l'obbligo di riferire al collegio sindacale da parte degli amministratori delegati ha ad oggetto il generale andamento della gestione e la sua prevedibile evoluzione, nonché le operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate, il potere del collegio sindacale di chiedere informazioni potrà allora riguardare, ad esempio, i processi di valutazione che hanno condotto gli amministratori ad intraprendere determinate decisioni, le informazioni assunte dagli amministratori prima del compimento delle operazioni, le cautele prese e così via. In definitiva il collegio sindacale può esercitare il potere di richiesta di informazioni con riferimento ad ogni aspetto sul quale ritenga di dover essere informato al fine di vigilare sul rispetto dei principi di corretta amministrazione”.

E' evidente quindi che i poteri del collegio sindacale sono finalizzati a permettergli di rilevare, in ogni momento, la situazione economico, finanziaria e patrimoniale della società. Nei casi di omissione da parte degli amministratori, oppure ove ravvisi la sussistenza di "fatti censurabili", i sindaci devono convocare l'assemblea. Nel caso in cui sussistano fatti censurabili, i sindaci devono, ex ante, conferire con gli amministratori e, solo ex post, convocare l'assemblea. In ogni caso, il collegio sindacale deve prevenire il verificarsi di tali circostanze, operando in modo tempestivo per cogliere gli eventi sul nascere, prima che possano maturare o arrivare, addirittura, a compromettere la permanenza dell'azienda sul mercato.
Quindi, in tal senso, i sindaci devono essere in grado di valutare le prospettive di continuità dell'impresa, che, ritengo, costituiscano, presupponendo lo svolgimento di un'attività lecita, il dato essenziale di rilevanza comune per tutti gli stakeholders della società.

Il rispetto del principio di continuità aziendale prevede che “ le attività e le passività vangano contabilizzate in base al presupposto che l'impresa sia in grado di realizzare le proprie attività e di far fronte alle proprie passività durante il normale svolgimento dell'attività aziendale”.
E' opportuno precisare che non solo ai revisori, ma anche ai sindaci ai quali non viene affidato il controllo contabile, è richiesto il controllo sul base del principio della continuità aziendale, anche se con modalità differenti.
Sull'analisi dell'operato del collegio sindacale/sindaco, si esprime la norma 11.1 delle Nuove Norme di Comportamento del Collegio Sindacale la quale dispone che "il collegio sindacale, nello svolgimento dei compiti assegnati dalla legge, è tenuto a monitorare la continuità aziendale e a comunicare agli amministratori la sussistenza di fatti idonei a pregiudicare la continuità dell'impresa con l'invito a porvi rimedio [...] al ricorrere dei presupposti richiesti dalla legge, il collegio sindacale deve sollecitare gli opportuni provvedimenti, finanche l'adozione di uno degli istituti di composizione negoziale della crisi di impresa [...] a tal fine il collegio sindacale suggerisce all'organo di amministrazione di individuare e, se del caso, di adottare tempestivamente lo strumento maggiormente idoneo".
Ritornando alla definizione del principio di continuità aziendale, sulla base di quanto detto, possiamo dunque considerare che il venir meno della stessa equiparabile al pericolo di insolvenza . Ma, anche se l'impresa non verte in stato di insolvenza conclamata, o non vi è un imminente "pericolo di insolvenza", i sindaci comunque non possono e non devono ritenersi esonerati dai doveri inerenti la loro carica, come ad esempio invitare gli amministratori a porre rimedio alle problematiche che in futuro potrebbero compromettere la continuità aziendale, sollecitarli ad adottare misure opportune, quali potrebbero essere la redazione di un piano attestato o la proposta di un accordo di ristrutturazione, convocare l'assemblea per esporre la situazione, la quale assemblea, a sua volta, in caso di inerzia degli amministratori, potrebbe poi decidere, ad esempio, la messa in liquidazione o la revoca degli stessi.

Il momento più delicato della vita di un'azienda è sicuramente quando, verificata l'esistenza, o l'approssimarsi di una crisi, il collegio sindacale dovrà segnalarla,
o contestarla, nel caso la crisi fosse già in atto. Si tratta sicuramente di una situazione paradossale se osserviamo che i sindaci devono avvisare, o imputare, all'organo di gestione una situazione di crisi, in progresso o già conclamata, di cui lo stesso organo di gestione è artefice, vuoi per dolo o per negligenza o per incapacità, ma comunque responsabile in primis per non averla prevista o contrastata o, nella peggiore delle ipotesi, procurata o cercata.
In tale situazione il collegio sindacale, facendo perno sulla sua professionalità e sulla sua indipendenza, deve prospettare le iniziative del caso, vuoi per contrastare la crisi ove possibile, vuoi per ridurre al minimo le conseguenze legate ad uno stato di crisi in essere. In assenza di iniziative responsabili del collegio, si potrebbe raggiungere uno stadio della situazione tale che il patrimonio del debitore non sia sufficiente a soddisfare le esposizioni e innescare quindi le azioni di responsabilità dei creditori sociali.
È da precisare inoltre come l'iniziativa formale, di adire alla procedura
concorsuale, spetta comunque agli amministratori, salvo diverse disposizioni statutarie, mentre il ruolo del collegio è quello di denunciare la situazione e
stimolare e motivare gli amministratori restii ad intraprendere l'azione, dando
nel contempo un termine temporale (ultimatum).

A seguito dell'informativa fornita dai sindaci, tesa a stimolare l'azione, di per se necessariamente conseguente, degli amministratori, si aprono tre diversi scenari, ognuno ugualmente possibile, ognuno che determina un ruolo successivo diverso da coprire per il collegio sindacale.

* Nel primo scenario, gli amministratori dovrebbero dare corso alle azioni conseguenti al suggerimento. In tale situazione il collegio conserva il potere di acquisire informazioni e quindi valutare le iniziative assunte, nei modi e nei tempi previsti.

* Nel secondo possibile scenario gli amministratori dovrebbero indicare possibili soluzioni alternative alla procedura concorsuale volontaria. In tale scenario il collegio sindacale dovrà valutare la corrispondenza alle necessità della proposta alternativa degli amministratori e, in caso di giudizio negativo, se gli amministratori non decidessero di apportare le dovute correzioni sulla scorta delle indicazioni iniziali dei sindaci, giusto
quanto disposto dall'art. 2406, secondo comma, convocare l'assemblea
dei soci e informarla dello stato della società e delle iniziative degli amministratori. L'assemblea non può comunque sostituirsi agli amministratori per aderire alla procedura volontaria, ma dovrà solo prenderne atto. Qualora nell'assemblea gli amministratori non recedano dalla loro posizione di non presentare la domanda per la procedura concorsuale volontaria, i sindaci potranno denunciare la situazione al tribunale per le conseguenti verifiche sul comportamento degli amministratori e sull'eventuale danno riflesso sulla società.

* Nel terzo possibile scenario, quello in cui gli amministratori, nonostante le sollecitazioni dei sindaci, si astengono da qualsivoglia azione, valgono le stesse procedure, riservate al collegio sindacale, già individuate nel secondo scenario in caso di giudizio negativo sulle controproposte degli amministratori. In pratica nessuna azione o nessuna proposta vengono considerati equipollenti a proposte alternative giudicate negativamente.

Per concludere è bene evidenziare che l'intervento del collegio sindacale, nelle modalità sopra descritte, è raro che avvenga già da subito, non appena si manifestano le condizioni di possibile azione dissonante degli amministratori. La formalizzazione di uno scontro tra organo amministrativo e organo di controllo, già in prima battuta, è bene che venga evitato. Non però cedendo alle tesi degli amministratori, ma cercando di smussare le divergenze, agendo quindi nell'interesse della società. Solamente qualora lo scontro non venisse evitato dagli amministratori, arroccandosi rigidamente gli stessi sulle proprie posizioni, in questo caso i sindaci devono formalizzare la procedura, unica opzione per opporsi all'inerzia degli amministratori.

Lo scopo di questa azione è quello di salvaguardare al massimo il valore economico e patrimoniale dell'azienda e ridurre il pregiudizio per l'operatività aziendale. Se poi consideriamo quale è il potenziale lesivo dell'azienda nel confronto di tutti i soggetti che interagiscono con essa, anche in funzione del mercato oltre che della sua struttura, è necessario che gli strumenti di controllo sulla sua operatività siano validi e tempestivi in modo da opporre un effettivo ostacolo a situazioni pregiudizievoli.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'organo di controllo nelle s.r.l.

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Informazioni tesi

  Autore: Marco Angotti
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2014-15
  Università: Università degli Studi della Calabria
  Facoltà: Economia
  Corso: Scienze economico-aziendali
  Relatore: Pierdanilo Beltrami
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 214

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