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Corporate Social Responsibility e performance economico-finanziaria: una causalità inversa?

L’etica e l’economia: un rapporto davvero possibile o solo utopia?

Il significato originale della parola etica è ‘filosofia pratica’, da qui la possibilità di poterla estendere anche all’ambito economico. In tal caso essa infatti non consiste nell’adesione e nell’accettazione di principi astratti, ma piuttosto nella valutazione dei comportamenti umani attraverso la ricerca di criteri ispirati alla responsabilità e alla morale. In tutto ciò trova giustificazione la nascita dell’etica d’impresa, che affonda le proprie origini negli anni ’70 del secolo scorso, allorquando cresce l’interesse da parte dell’economia per le tematiche di responsabilità sociale nonché per la redazione di un codice etico, stimolato soprattutto dalle preoccupazioni per l’ambiente e per la futura sopravvivenza delle stesse imprese in un contesto in continua evoluzione.
Il rapporto fra l’etica e l’economia ha da sempre suscitato l’attenzione di molti studiosi, sia filosofi che economisti, dando vita a posizioni diverse e talvolta contrastanti tra loro. Già il filosofo Aristotele ha fornito il suo pensiero circa il rapporto contenzioso tra l’etica e l’economia nella sua opera intitolata ‘Politica’, nella quale esprime una critica molto sentita nei confronti dell’uomo che fa della ricerca della ricchezza materiale lo scopo assoluto della sua vita. L’economia in questo caso coincide proprio con la ricerca delle ricchezze e svolge un ruolo fondamentale nella vita dell’uomo, in quanto prendendo il sopravvento sopra ogni cosa fa si che egli si convinca che tutti gli sforzi della sua vita debbano essere ricondotti all’accumulo di beni materiali.
Gli orientamenti di pensiero che si sono delineati nel corso del tempo sono essenzialmente due: da un lato vi sono coloro che sostengono una totale separazione tra etica ed economia, affermando che si tratta di due mondi completamente inconciliabili, se non addirittura in contrasto tra loro, che il fine dell’economia è l’accrescimento delle ricchezze e i benefici per l’individuo e la collettività vengono calcolati sempre in termini di profitto o comunque di accumulo di beni materiali; dall’altro lato vi sono studiosi che ritengono possibile l’integrazione delle norme etiche con il mondo dell’economia. Da qui in poi numerosi studiosi, filosofi ed economisti si sono succeduti nel corso della storia prendendo le posizioni più disparate, come Adam Smith, il quale sostiene che è vero che il comportamento dei singoli individui è guidato dall’egoismo e dal soddisfacimento degli interessi personali, tuttavia le azioni che pongono in essere generano benefici per l’intera collettività. Smith parla della cosiddetta ‘mano invisibile’ che coordina tutti gli interessi dei singoli portando al raggiungimento dell’equilibrio senza che sia necessario l’intervento dello Stato. Altri come Kenneth Blanchard e Norman Vincent hanno scritto che ‘dirigere solo in termini di profitto è come giocare a tennis guardando il tabellone e non la palla’.
Un altro importante contributo proviene da Kant, la teoria kantiana è una teoria assoluta che si fonda su norme di carattere generale e universale. Secondo Kant infatti esistono degli ‘imperativi categorici’ a cui l’uomo morale non può sottrarsi, si tratta di principi validi in ogni tempo, quali ‘non rubare’, ‘non mentire’, ecc. Tuttavia le teorie kantiane e utilitaristiche non costituiscono gli unici precetti utilizzati per tentare una congiunzione tra etica e affari. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Corporate Social Responsibility e performance economico-finanziaria: una causalità inversa?

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Informazioni tesi

  Autore: Stefania Sabatino
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2013-14
  Università: Università degli Studi di Salerno
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia Aziendale
  Relatore: Maria Teresa Cuomo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 173

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