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Inclusione sociale e integrazione socio-sanitaria della disabilità: un confronto tra casi piemontesi

Aspetti positivi e limiti dell'integrazione socio-sanitaria rispetto alle esigenze complessive di inclusione sociale del disabile

Le prestazioni socio-sanitarie sono volte principalmente al soddisfacimento del bisogno di cura delle persone disabili, che per esse rappresenta senza dubbio una tra le esigenze primarie. Ma per quanto inderogabili, tali prestazioni non sono sufficienti a garantire benessere, dignità umana e possibilità d'inclusione sociale alle persone affette da disabilità. Occorre che si sviluppi una cultura dell'accoglienza, ovvero un'educazione sociale delle comunità territoriali e dei luoghi di vita quotidiana all'accoglienza, al prendersi cura e all'incontro con l'altro diverso per favorirne l'inclusione. E ciò, a sua volta, comporterebbe un investimento in tal senso da parte dei servizi territoriali, che per contro appaiono sempre più preoccupati a far quadrare i conti, sempre più orientati all'intervento specialistico piuttosto che alla presa in carico globale.

Goussot sintetizza quindi in sei punti fondamentali ciò che sarebbe utile fare per favorire l'inclusione sociale del disabile:
- creare una cultura dell'accoglienza e dell'inclusione dei soggetti disabili, aprendo nuovi spazi di cittadinanza;
- contemplare il ruolo attivo degli stessi soggetti disabili al processo di inclusione attraverso una loro reale partecipazione;
- superare ogni visione settorializzata dell'intervento usando un approccio globale ed antropologico del funzionamento delle condotte umane;
- adottare un atteggiamento promotore delle competenze superando ogni forma di assistenzialismo;
- promuovere l'auto-educazione delle comunità territoriali attraverso dei processi partecipativi e l'apertura di spazi d'incontro;
- formare le risorse umane e le competenze adeguate ai bisogni esistenti rivedendo le modalità stesse della formazione;
- ripensare le forme e le modalità della presa in carico.

Le prestazioni per la disabilità quindi, anche se erogate secondo buoni livelli di integrazione socio-sanitaria che rispondono alla domanda del prendersi cura, di per sé non sono garanzia di processi effettivi di inclusione sociale delle persone a cui sono rivolte.

La prospettiva inclusiva “mette i servizi per la disabilità di fronte a un bivio”:
continuare lungo i consueti binari del modello medico-diagnostico e riabilitativo che tradizionalmente caratterizza l'intervento a favore dei soggetti disabili o avviare un processo in cui servizi e operatori pongano più ampiamente in discussione il proprio ruolo, le idee e i modelli di approccio alla disabilità, le prassi utilizzate, per rinnovarli in chiave inclusiva. Un buon punto di partenza sarebbe quello di rimettere in discussione prospettive “infantilizzanti”, che tendono a considerare il disabile come se non potesse mai crescere per tutto il tempo vissuto all'interno dei servizi, se non per intervento dello stesso servizio.

Gli stessi disabili e i loro famigliari domandano servizi altri, diversi da quelli standardizzati offerti, e che rispondano alle diverse esigenze che si presentano durante il corso della vita, e consentano una maggiore partecipazione inclusiva alle sfere della vita quotidiana che vanno oltre il bisogno di tutela e di cura.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Inclusione sociale e integrazione socio-sanitaria della disabilità: un confronto tra casi piemontesi

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Informazioni tesi

  Autore: Deborah Attene
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Dipartimento di Culture, Politica e Società
  Corso: Politiche e Servizi Sociali
  Relatore: Dario Rei
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 163

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Parole chiave

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handicap
asl
inclusione sociale
integrazione socio sanitaria
enti gestori funzioni socio-assistenziali
casi piemontesi
servizi alla disabilità
prestazioni socio-sanitarie

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