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La testimonianza del prossimo congiunto dell'imputato

Il teste prossimo congiunto di un imputato in procedimento connesso o collegato in riferimento all’ordinanza costituzionale n° 19 del 2003

Con l’ordinanza n° 19 del 2003 la Corte costituzionale ha analizzato la situazione del testimone prossimo congiunto di un imputato di un procedimento connesso o collegato rispetto a quello nel quale il teste stesso è chiamato a deporre.
Per capire meglio la problematica affrontata dalla Corte, è opportuno fare riferimento alla disciplina contenuta nel codice di rito del 1930. L’art. 350 di quel codice riconosceva la facoltà di astensione dal deporre ai prossimi congiunti dell’imputato e del “coimputato del medesimo reato”.

Secondo la dottrina prevalente il richiamo al coimputato era inteso in senso restrittivo. In particolare, la facoltà di astensione era attribuita ai congiunti dei soggetti imputati di un stesso reato a patto che i processi fossero celebrati in un unico giudizio. Conseguentemente, se i procedimenti erano separati, i prossimi congiunti di un coimputato erano obbligati a testimoniare nel processo celebrato nei confronti degli altri coimputati.
Tale tesi dava adito a dubbi, in quanto finiva per rendere vana di fatto la tutela accordata ai prossimi congiunti dell’imputato. Infatti, la testimonianza del prossimo congiunto dell’imputato A, resa nel processo celebrato separatamente nei confronti del coimputato B, poteva essere reinserita nel processo a carico dell’imputato legato al testimone da vincoli di parentela, a norma dell’art. 144-bis c.p.p. del 1930.

La disposizione dell’art. 199 co. 1 c.p.p. del 1988 riconosce la facoltà di astensione dei prossimi congiunti dell’imputato ma, differentemente dal codice di procedura penale abrogato, non contiene alcun richiamo” al coimputato del medesimo reato”.
Il silenzio del codice su tale punto non deriva da una semplice dimenticanza del legislatore. Infatti, nel corso dei lavori preparatori del nuovo codice di procedura penale era stata manifestata da più parti la possibilità di mantenere un riferimento espresso ai prossimi congiunti “del coimputato del medesimo reato”. Dunque, possiamo asserire con certezza che il mancato richiamo è conseguenza di una scelta consapevole del legislatore del 1988.

I motivi di tale scelta non sono noti. Tuttavia volendo avanzare un ipotesi interpretativa, sembra probabile che il legislatore, una volta concessa la facoltà di non rispondere anche al convivente more uxorio e al coniuge separato o divorziato, abbia scelto di eliminare il richiamo “al coimputato del medesimo reato” per contenere in altro modo l’ambito applicativo dell’art. 199 c.p.p.

La Corte di assise di Messina ha sollevato una questione di legittimità costituzionale dell’art. 199 c.p.p. nella parte in cui non attribuisce la facoltà di astensione dal testimoniare anche ai prossimi congiunti dell’imputato di procedimento connesso o collegato, “il quale possa beneficiare, in base all’art. 210 c.p.p., della facoltà di non rispondere nell’ambito del processo in cui dovrebbe essere raccolta la deposizione del prossimo congiunto”.

Sul convincimento che tale risultato non possa ottenersi per via interpretativa, il giudice rimettente ha ritenuto l’art.199 c.p.p. in contrasto con l’art. 3 Cost., "in quanto situazioni equiparabili sono regolamentate irrazionalmente in maniera diversa". Si afferma, invero, che la giustificazione della facoltà di astensione è quella di evitare “il conflitto che si determina tra l’obbligo di deporre e la volontà di non danneggiare, con le proprie dichiarazioni, soggetti legati al dichiarante da vincoli particolarmente significativi”. Uguale ratio si rintraccia nel caso in cui il rapporto che potrebbe indurre a rendere dichiarazioni false o a mostrare un atteggiamento reticente, intercorra "tra il testimone e altro soggetto imputato di reato connesso o collegato", qualora la posizione processuale di quest’ultimo sia strettamente collegata all’oggetto del processo nel quale le dichiarazioni testimoniali dovrebbero essere raccolte.

Con l’ordinanza n° 19 del 2003 la Corte costituzionale ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione. Il Giudice delle leggi senza evitare toni polemici, ha criticato al giudice rimettente il fatto di aver considerato preclusa l’interpretazione analogica o estensiva dell’art. 199 c.p.p. e di non avere analizzato l’opportunità di giungere, in via interpretativa alla soluzione ritenuta conforme alla Costituzione.
Ci pare di comprendere che, secondo la Corte, quando l’esame del testimone concerna fatti che coinvolgono la responsabilità del congiunto, la ratio del privilegio familiare dovrebbe comportare l’estensione della disciplina prevista dall’art. 199 c.p.p. anche al prossimo congiunto dell’imputato in procedimento connesso o collegato. E’ chiaro che la via determinata dalla Corte costituzionale finisce per lasciare all’interpretazione giurisprudenziale i precisi confini dell’ambito della facoltà di non deporre. In questo modo diviene sempre più concreto il pericolo di un ampliamento eccessivo del privilegio familiare stabilito dall’art. 199 c.p.p.

Ciò è in contrasto con il carattere eccezionale di tale istituto, che rappresenta una peculiare deroga al generale obbligo imposto al testimone di rendere dichiarazioni vere.
Tale operazione interpretativa non sembra per nulla condivisibile in quanto come abbiamo fatto presente in precedenza, durante i lavori preparatori per il nuovo codice di procedura penale, era stata fatta esplicitamente la proposta di estendere il privilegio familiare almeno ai prossimi congiunti dei coimputati del medesimo reato. Il legislatore delegato del 1988 ha preferito non accogliere tale indicazione. Dunque, pare alquanto discutibile lo sforzo di realizzare oggi sul piano interpretativo un risultato che il legislatore delegato ha voluto escludere.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La testimonianza del prossimo congiunto dell'imputato

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Informazioni tesi

  Autore: Francesco Buscemi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2011-12
  Università: Università degli Studi di Palermo
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Scienze giuridiche
  Relatore: Giuseppe Di Chiara
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 43

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