Giovani devianti. Teorie criminologiche e pratiche di prevenzione

Come anticipato, si evidenzia una dicotomia, all'interno del sistema italiano, nell'approccio nei confronti dei giovani: da una parte sono visti come vittime di contesti sociali problematici su cui è necessario apportare interventi, dall'altra sono invece individuati come i responsabili delle situazioni di disordine urbano che generano preoccupazione nei cittadini.
Se, come abbiamo visto, la politica fornisce risposte istintive agli allarmismi della società, di conseguenza almeno parte delle norme che interessano i giovani saranno calibrate sulla rappresentazione sociale del fenomeno della devianza giovanile che, come già precisato, presenta uno scarto rispetto ai dati, poiché è influenzata da diversi fattori, molti dei quali indipendenti rispetto all'andamento dei tassi di criminalità. Tuttavia, una tale ambivalenza porta con sé il rischio di influenzare la percezione che la popolazione giovanile ha di se stessa: si pone dunque un ulteriore problema di “autorappresentazione”, in particolare per gli adolescenti, i quali, oltre a vivere un'età caratterizzata da discontinuità e crisi nello sviluppo, si trovano di fronte all'immagine discrasica presentata loro dal mondo degli adulti. Riflettere sulla prevenzione, allora, implica la necessità, da parte degli operatori, di occuparsi anche di quest'ultimo aspetto. Appare allora chiara l'esigenza, oltre che di occuparsi della popolazione giovanile in sé, anche di “sviluppare la sensibilizzazione dell'opinione pubblica in modo che la rappresentazione sia più aderente al problema, e favorisca un'adeguata percezione sociale piuttosto che alimentare orientamenti quali quello dell'aumento delle pene e dell'abbassamento dell'età imputabile” (Selmini, 2004, p.143).