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GUERRA, LUTTO, CORPO. Gadda e l’invenzione romanzesca

Dopoguerra e reduci

Sulla categoria dei falsi reduci è opportuno indugiare. La Cognizione del dolore si apre con il tema della guerra, una guerra già vissuta e filtrata dal punto di vista di chi salvo è tornato a casa. […]
Nella sua continua oscillazione tra autobiografia e travestimento, Gadda decide di nascondere la guerra reale, combattuta in prima persona, sotto una maschera raffigurante lo scontro immaginario tra due inesistente paesi del Sud America: Maradagàl e Parapagàl. Si tratta di due paesi limitrofi con un nome pressoché identico. L’autore non solo sta utilizzando uno schermo per difendere la propria esperienza personale; le note del Giornale si erano proprio chiuse con la promessa di nascondere se stessi, ma sta in sostanza equiparando la natura di tutte le guerre.

Si può scegliere anche un conflitto immaginario, sotto il quale viene celato quello vero, perché di fatto le conseguenze saranno le stesse e ugualmente tragiche. Maradagàl e Parapagàl escono nel 1924 da un’aspra guerra: ognuno dei due paesi è convinto di essere il vincitore e addossa all’altro la terribile responsabilità delle ingenti perdite.
Gadda ha sperimentato sulla propria pelle l’assurdità della guerra, ha capito quanto siano inutili le categorie di vincitori e sconfitti, poiché i sopravvissuti saranno sconfitti nell’animo in ogni caso. I premi per la vittoria non riusciranno a risarcire i soldati di ciò che hanno perso.

Se gli strateghi dei due rispettivi paesi, pur essendo giunti a trattive di pace, continuano a litigarsi i meriti, significa che per loro la guerra è stata poco più di un gioco. In base ai loro interessi si sono decisi a favore della pace o della continuazione del conflitto e i battaglioni massacrati non sembrano pesare sulle loro coscienze. Gadda continua a parlare di guerra, ma questa volta la focalizzazione è rivolta altrove.
Si indagherà su una particolare conseguenza del dopoguerra: i falsi reduci o approfittatori, coloro i quali cercheranno di guadagnare dalla loro condizione di ex combattenti, reciteranno la parte dei mutilati o, semplicemente, fingeranno un ruolo risolutivo in qualche battaglia per ottenere una medaglia e lo sguardo riconoscente dei compatrioti.

I falsi reduci sono un bersaglio del tribunale d’accusa gaddiano, portatori di testimonianze menzognere sulla guerra e quindi meritevoli di disprezzo. Chi ha raccontato la dura verità sul primo conflitto, non tacendo, ma al contrario evidenziando limiti e brutture di soldati e comandanti, non può tollerare la falsità di chi si inventa dei meriti per essere fregiato del titolo di eroe.

C’ê una comunanza di ideali tra l’autore e il protagonista della Cognizione. Gonzalo è un reduce esattamente come Gadda, e con lui condivide la rabbia per la desolazione del dopoguerra. L’autore ha voluto costruire la figura di un autentico ex combattente che in qualche modo gli somigliasse, ma soprattutto che svolgesse un ruolo antitetico rispetto agli ex soldati che si incontreranno nel testo. Sotto accusa ci sono i falsi reduci ma per fortuna non tutti hanno affrontato il ritorno a casa allo stesso modo. Il protagonista continuerà, nonostante la delusione, a considerare la guerra una faccenda seria. Per Gonzalo i meriti dovevano essere dimostrati sul campo, non serve vantarsene al ritorno; il sacrificio reso alla patria non deve poi ambire a ricompense.

Persino il medico giunto alla Villa si renderà conto che il suo paziente non è affatto interessato a giocare la parte dell’ex combattente. Ritornato a un’illusoria normalità, Gonzalo non tenterà di sfruttare i vantaggi del dopo conflitto e non parlerà mai a nessuno della propria guerra, né si fingerà mutilato, né ambirà alla celebrazione dei propri meriti. Violenti saranno gli attacchi contro chi vive il dopoguerra diversamente da lui. Se per Gonzalo niente merita di essere ricordato dopo la guerra e la prigionia, i sopravvissuti non dovrebbero raccontare la loro esperienza.

Circondarsi di ascoltatori, enfatizzare i dati cruenti, come i bombardamenti a cui si è scampati, serve solo ad ingannarsi di avere dato il meglio. La memoria della guerra andrebbe custodita segretamente, perché non lascia possibilità di condivisione, nemmeno con i propri cari. Essersi salvati non è affatto un merito: Gonzalo prova un senso di vergogna al ricordo del fratello e di tutti i compagni che non ce l’hanno fatta. Il peso dei tanti morti deve essere portato in silenzio e in totale solitudine; mai avrebbe utilizzato le vittime per alimentare il suo ego. […]

Tra tutti quelli che girano per casa per elargire favori alla povera madre, il peone è sicuramente il più detestato. Abita sotto lo stesso tetto dei signori per rispettare quella che era stata la volontà del marchese padre, famoso per i suoi atti caritatevoli e che mai avrebbe relegato un suo sottoposto in un ambiente poco dignitoso. I genitori avevano deciso di aprire a tutti la porta della propria casa e Gonzalo, anche per rispetto della memoria paterna, è costretto a mantenere la tradizione.

Il lavoro del peone sarebbe quello di curare il podere che circonda la Villa e di vivere grazie al raccolto dello stesso. Non erano di sua competenza alcuni alberi in prossimità dell’abitazione, ma a detta di Gonzalo il peone era solito bacchiare anche quelli, dando la colpa dei mancati frutti alla grandine. La signora poi lo retribuiva di speciali mance per i servizi extra, e l’avaro Gonzalo non esitava a regalargli i suoi vestiti dimessi.

Approfittando della generosità della padrona di casa, il peone avanzava spesso richieste di uno stipendio vero a proprio, dal momento che non si limitava a fare il mezzadro ma poteva essere considerato a tutti gli effetti il custode della Villa. Le continue richieste e la sua ostentata miseria, per impietosire i signori, divengono insopportabili per il povero Gonzalo. L’insofferenza a lungo covata lo porterà a licenziarlo su due piedi in un momento di collera.

L’ostinazione nei confronti del peone nasconde in realtà ragioni più profonde: Josè non è solo colui che sfrutta la madre e vive alle spalle della famiglia senza svolgere bene il proprio lavoro, ma è innanzitutto un uomo che non ha sentito la necessità di arruolarsi. Esentato per la sua attività di agricoltore, avrebbe dovuto scegliere di prendere le armi volontariamente, invece ha preferito rimanere legato alla propria misera esistenza, probabilmente per paura di morire. Non ha inoltre dato il suo contributo alla patria e il prezzo della sua vita tranquilla è stato pagato dal fratello morto in battaglia. Il peone condivide con Gonzalo la perdita di un fratello; entrambi sono stati legati a due eroi e non hanno dimostrato di essere alla loro altezza. Perlomeno Gonzalo ha provato a superare i propri limiti, ad essere un figlio non degenere esattamente come Enrico; tutto questo gli è costato molto - come si è visto - e, una volta tornato a casa, la presenza del peone, che ha continuato con la sua vita come se niente fosse, gli risulterà intollerabile.
Non riesce ad accettare di aver tanto patito per uomini come lui che non hanno rischiato nulla. Il pensiero della guerra ha appena sfiorato il peone: lui continua ad essere quello di sempre, mentre per Gonzalo è impossibile dimenticare e guardare al futuro. Indubbiamente Gadda condivide molte delle proteste e maledizioni scagliate con rabbia dal suo protagonista. Prima ancora che entri in scena Gonzalo, l’autore affida al narratore il racconto di ciò che avvenne dopo la tragica guerra tra Maradagàl e Parapagàl. […]

Il narratore anticipa la natura del protagonista, non ancora entrato in scena, rimarcando le differenze tra lui e gli altri sopravvissuti. Gonzalo è diverso da molti dei suoi compagni, non ha subito mutilazioni e le sue ferite stanno ben al di sotto dei panni, perché risiedono nell’animo. A parte i feriti gravi, immediatamente notati e ripagati delle sofferenze con premi in denaro, c’era chi, seppure apparentemente illeso, aveva subito, a causa dei bombardamenti, un trauma all’udito e che veniva quindi definito sordo di guerra. La lacerazione dei timpani naturalmente non è visibile, per cui il narratore lascia suppore la possibilità di una finzione.
Se è difficile mentire sulla perdita di un occhio o di un arto, con un po’ di costanza, invece, si può riuscire a convincere tutti della propria sordità. Comincia a delinearsi la natura di un personaggio della Cognizione la cui storia occuperà tutto il primo tratto, e che sarà anche oggetto di conversazione tra il medico e Gonzalo. Gadda utilizza spesso questo procedimento: anticipa delle storie sulle quali verrà fatta luce solo in seguito. In un certo senso segue la strada che va dal confuso al distinto, prima presentando dei fatti generici che sembrano non avere legame con gli altri fili narrativi, poi, quando il lettore sta ormai seguendo un’altra strada e ha quasi dimenticato la vicenda inconclusa, cerca di fornire qualche dato in più, di chiarire ciò che al principio risultava oscuro.

Non si giunge tuttavia a un’univoca conclusione, impossibile per chi si concentra su ogni minimo elemento e considera il romanzo come una rete intricata, proprio perché si sforza di contenere molti aspetti del reale inevitabilmente in contraddizione tra loro. Il personaggio che occupa il primo tratto è il vigile dell’Istituto di Vigilanza per la notte, un certo Gaetano Palumbo che aveva per lungo tempo nascosto la propria identità sotto il nome di Pedro Manganones. Quello che interessa a Gadda in queste prime pagine è la finzione costruita dal falso reduce di guerra, l’ipocrisia di chi sta diffondendo testimonianze infondate per un calcolo meschino; il modo in cui Gaetano Palumbo verrà smascherato il lettore lo scoprirà solo dopo molte pagine, grazie al pettegolezzo che Gonzalo è costretto ad ascoltare dal medico. La centralità ora spetta ai mutilati che sono una delle conseguenze delle guerre.

Il narratore ha avvertito il lettore del potenziale velo di menzogna che può coprire i racconti di quelli che si definiscono sordi di guerra. Sarà proprio questo il caso del Palumbo, soldato nel conflitto tra Maradagàl e Parapagàl, che dichiarerà al ritorno di aver perso l’udito di entrambi gli orecchi, a causa dello scoppio di una granata nell’azione di quota 131. La storia raccontata agli abitanti di Lukones, suoi concittadini, era stata costruita così bene da risultare assolutamente credibile. […]

L’intervento del narratore vuole ridimensionare il racconto del Palumbo, e soprattutto evidenziare la superficialità del senso comune che si lascia facilmente ingannare. Viene presa sul serio una persona che si sta vantando di essere un eroe, e chi in guerra ha perso un fratello o un figlio non sembra avere la capacità di contraddirlo. Il riferimento riguarda ancora una volta Gonzalo e l’autore, accomunati dalla perdita del fratello e dalla vista dello strazio di una madre che piange il proprio figlio.
I pettegolezzi popolari, soprattutto quelli delle donne che sembrano non avere di meglio da fare e fanno presto a diffondere le notizie, avevano circonfuso di un alone mitico la quota 131. Praticamente la gente non parlava d’altro e tutte le altre azioni, magari anche più terribili di quella, erano finite nel dimenticatoio.

Nessuno in paese aveva messo in dubbio le caratteristiche di questa granata speciale: era universalmente accettato il fatto che ci fossero delle granate ben diverse da quelle ordinarie, e che a farne esperienza fosse stato proprio il Palumbo. I soldati massacrati dai bombardamenti evidentemente non avevano avuto la stessa fortuna del vigilante; Gaetano Palumbo non solo era sopravvissuto all’attacco e al controattacco che era seguito, ma soprattutto non riportava nemmeno un graffio, ma solo un disturbo all’udito causato dallo scoppio.
Grazie alle chiacchiere della gente che avevano dato credito alla storia, il Palumbo era diventato un eroe, e sarà sempre attraverso il canale dei pettegolezzi che verrà smascherato. I dati, fatti gocciolare da un commerciante di stoffe, arrivato in paese per i propri commerci, e che conosceva direttamente il Palumbo e la sua storia, ci metteranno poco a circolare. In poco tempo tutti a Lukones cominceranno a guardarlo con occhi diversi. […]

Come il narratore aveva ironicamente anticipato, il reduce si era finto sordo per ottenere una considerevole pensione di stato. L’amaro bilancio tratteggiato da Gadda nel Giornale avrà forti ripercussioni sul dopoguerra raccontato nella Cognizione. Lo sdegno per l’imperante egoismo dei soldati, per l’incapacità di tralasciare i propri interessi personali in nome di una causa comune, si scaricherà anche contro i reduci. Sono gli stessi uomini che non hanno dimostrato il proprio impegno morale in guerra a tentare miseramente di approfittare dei privilegi postbellici.

Questo brano è tratto dalla tesi:

GUERRA, LUTTO, CORPO. Gadda e l’invenzione romanzesca

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Informazioni tesi

  Autore: Gaetana Demme
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2014-15
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Lettere
  Corso: Laurea Magistrale in ITALIANISTICA
  Relatore: Alberto Bertoni
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 110

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