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Prospettive sociologiche nei disturbi dello spettro autistico

La scuola come centro di riabilitazione funzionale della Salute

Il modello multidimensionale della disabilità e la classificazione ICF CY (in questo caso quella rivolta a bambini e adolescenti) enfatizzano entrambi l’importanza del contesto durante lo sviluppo dell’uomo, che, in un’accezione di medicina sociale è intesa in termini di Fattori Ambientali.

La Scuola è infatti il luogo per eccellenza dell’apprendimento per l’essere umano, quest’ultima è definita nel senso comune quale una palestra di vita (Di Santo, 2013; 115); quel contesto in cui per il bambino o per l’adolescente inizia il distacco dagli agenti di socializzazione primaria (la famiglia di origine) ai fini di una piena partecipazione consapevole nella futura società di cui farà parte.

La scuola come dimensione inclusiva dovrebbe essere in grado di leggere la totalità dei bisogni educativi speciali, sia quelli senza diagnosi medica sia quelli con, ai fini di un successo scolastico per tutti, senza distinzioni di sorta.
In quest’ottica diviene necessario valutare il contesto come risorsa, in grado di attuare con particolare attenzione il sostegno necessario che si manifesta nelle molteplici forme della diversità, della disabilità e dello svantaggio (Bonomi, 2011).

La responsabilità educativa come fonte condivisa da tutti gli attori istituzionali permette una continuità di educazione tra il formale e l’informale (della famiglia); il tutto ai fini di conquistare un’autonomia dei soggetti (nei limiti del possibile).
I processi di integrazione dunque sono caratterizzati da modelli psico pedagogici in cui lo sviluppo della personalità dell’allievo e la sua facoltà di comunicare e di apprendere sono centrali durante il processo educativo.
Nella scuola la prassi prevede l’assegnazione di un insegnante di sostegno che attua una didattica differente rispetto ai normodotati del gruppo classe.

I servizi sociali possono inoltre affiancare all’alunno un assistente educativo che sostenga il soggetto da un punto di vista relazionale e comunicativo, ai fini di una completa integrazione nella classe. In totale le figure presenti sono gli insegnanti ordinari, l’insegnante di sostegno e l’assistente educativo.
La coordinazione di questi attori sociali è di primaria importanza in quanto si viene a formare una vera e propria equipe educativa; se la collaborazione tra tali elementi differenti è efficace si può pensare di mettere in atto una facilitazione per i soggetti disabili e non.

Inoltre per assicurare l’inclusione le altre istituzioni si devono relazionare con la scuola con la massima flessibilità: la famiglia, i servizi sociali, sanitari, psicoeducativi e ludico ricreativi del territorio necessitano di un coordinamento sistemico, al fine di formare un lavoro di rete intorno alle necessità dei soggetti con difficoltà (Di Santo, 2013).

Il piano educativo personalizzato non è un’esclusiva competenza dei docenti bensì è necessario il coinvolgimento della famiglia e delle istituzioni extrascolastiche. Il semplice aggregarsi di tali servizi e istituzioni non è suffciente per ottenere risultati, la qualità dell’integrazione tra loro è un elemento valutabile attraverso la soddisfazione del disabile e dei suoi familiari.
Uno dei limiti all’implementazione di tale lavoro di rete è anche quello finanziario, un esiguo budget è quello messo a disposizione per la disabilità nei servizi scolastici e sanitari locali e nazionali; una barriera sostanziale che contribuisce a rendere ancora più pesante il carico di assistenza delle famiglie.

Nella modernizzazione del contesto scolastico odierno si evidenzia maggiormente l’evidenza delle finalità educative attraverso le attività didattiche con un incremento delle competenze psicopedagogiche degli insegnanti, cercando di andare oltre l’habitus di studente per comprendere l’individuo reale che c’è dietro (Di Santo, 2013; 118).
Nelle disabilità il ruolo della scuola diventa fondato sulle ragioni del sociale, esso diviene un servizio reso alla persona in cui si crea un contesto esistenziale e formativo favorevole allo sviluppo (Curatola, 2004). È importante considerare che l’azione dei docenti non è mai neutra ma esprime l’ottica dell’istituzione, gli obbiettivi che il sistema sociale culturale e politico vuole ottenere.
L’insegnante si muove sul duplice piano dell’essere educatore, una modalità basata sui processi di strutturazione della personalità degli allievi (soprattutto nella scuola d’infanzia eprimaria), e sull’essere docente, basato più sulla trasmissione e mediazione dei contenuti culturali.

Nel caso delle disabilità non è possibile l’integrazione delle due funzioni sopra descritte per cui l’insegnante assume principalmente il ruolo di educatore, in cui orienta la disposizione dell’alunno verso gli apprendimenti e insegna come porsi verso gli altri nell’ambiente, nella consapevolezza della diversità dei ruoli. Il suo sostegno affettivo e relazionale nel contesto scolastico è importantissimo per l’alunno con difficoltà; se l’educatore agisce all’insegna di un operato di qualità diviene un importante elemento nel processo di facilitazione dell’interazione tra individuo e ambiente.
Egli diventa un osservatore attento dei disagi espressi ed elabora strategie per venire incontro a tutto ciò, l’educatore diviene il sostegno per l’alunno che non riesce a contenere i suoi comportamenti nella classe, cercando di insegnargli a gestire il suo vissuto emozionale nel rispetto degli altri.

Al contrario l’insegnante ordinario risponde ad altri obiettivi, quelli dell’efficienza e dell’efficacia nel processo di apprendimento, sovente l’ottica in cui agisce è il rimprovero a chi non si adatta ai modelli culturali proposti, a chi non rispetta le regole dell’attenzione e della partecipazione; l’intenzionalità del comportamento è opposta a quella dell’educatore.
La socializzazione dell’alunno con difficoltà avviene diversamente da quelli dei normodotati a seconda della tipologia di disabilità psichica motoria e sensoriale.

Lo sviluppo di un processo di accettazione della diversità dovrebbe avvenire sotto la guida del docente con tutta la classe in cui bisognerebbe proprio per questo insegnare ad accettare la diversità e apprezzarla come un valore e una risorsa per tutti. Purtroppo a livello ideale tale condizione si scontra con una realtà in cui spesso il soggetto con problemi vive un clima vessatorio, di discriminazione, controproducente e fnalizzato all’emarginazione (Curatola, 2004).
Nella cornice dell’attuale società, in cui i consumi e i miti del successo sono i valori mostrati come desiderabili, la presenza della disabilità si pone come una provocazione inquietante. […]

Gli alunni con disabilità sono compresi in un processo di inclusione di tutti gli alunni in cui agiscono piena partecipazione e apprendimento per lo sviluppo dei soggetti e la modifica dei contesti.
Questa dimensione permette di sviluppare pratiche utili attraverso l’analisi critica delle situazioni in essere e proposte di miglioramento. Come sottolineato nei paragrafi precedenti infatti le criticità, tra cui l’assenza di coordinamento dei servizi sociosanitari e la scuola, sono essenziali per comprendere e progettare in quale contesto ci si muova.
L’ICF si profila come uno strumento che permette di contribuire al miglioramento della situazione; il linguaggio standard e unificato potrebbe facilitare il lavoro delle equipe sanitarie e scolastiche e sociali ai fini della descrizione del funzionamento umano, si rinviene infatti un’impostazione antropologica che evidenzia quanto la cultura possa fare per affrontare situazioni di tal tipo.

Tale strumento può aiutare gli operatori coinvolti a comprende come funziona l’uomo e non è a fini di misurazione e valutazione; con la comunicazione è possibile progettare azioni per lo sviluppo del funzionamento.
Ad esempio nell’integrazione, la lettura del funzionamento del soggetto può avvenire con la diagnosi funzionale utilizzando l’ICF, attraverso l’individuazione degli obbiettivi e la progettazione di metodi con attenzione ai facilitatori o barriere del contesto.
La diagnosi funzionale si basa su 6 domini in relazione tra loro, questo comporta un approfondimento e una complessità maggiore rispetto all’individuo nella sua globalità, l’azione collettiva si esplicita nella richiesta dei punti di vista dei vari soggetti presenti nel contesto. La relazione tra ICF e ICG CY è molto stretta, in un’ottica di futuro progettuale potenzialmente prevedibile.

L’inclusione, in relazione all’uso dell’ICF, può essere strumento per descrivere i bisogni educativi speciali, dovuti a qualsiasi difficoltà evolutiva nel contesto di apprendimento, in tal modo è possibile individuare tutte quelle difficoltà presenti e gli alunni attraverso uno strumento strutturato e attento alle sfumature di complessità che caratterizzano ogni essere umano.
L’attenzione posta ai bisogni individuali in un’ottica che parte dal basso, più che incentrata sulle reali esigenze dei singoli, ha costituito il nodo centrale nell’implementazione di una ricerca della Libera Università di Bolzano nell’anno scolastico 2006/2007 in alcune scuole dell’infanzia e primarie (Demo, 2011)

È offerto al corpo docente l’uso di un software organizzato sull’individuazione dei bisogni educativi speciali basato sull’ICF ai fini di una programmazione delle risorse adeguata. Tale software è un file gestionale che struttura e assegna valori a diversi aspetti del funzionamento dei bambini. In seguito sono stati raccolti i 143 questionari sulla percezione di presenza di bes negli alunni da parte degli insegnanti: 99 di essi erano parte del gruppo sperimentale, 44 invece erano degli insegnanti che non avevano usato il software (gruppo di controllo).

I risultati dello studio dimostrano che vengono individuati più alunni con bisogni educativi speciali in coloro che utilizzano il software rispetto a coloro che non lo utilizzano; con quest’ultimo si sviluppano metodologie per tale individuazione, questo permette una condivisione tra scuola famiglia e risorse esterne, in cui i fattori considerati sono molto maggiori rispetto al gruppo di controllo (Demo, 2011).
L’azione formativa della scuola nell’ambito delle disabilità profonde si innesta su un meccanismo che, da una parte vuole definire un progetto di vita con la trasmissione di una formazione culturale e lo sviluppo di autonomia personale e sociale, dall’altra vuole arrivare ad una piena inclusione nella classe con un progetto individualizzato e al contempo globale (De Caneva, 2008). Sempre in relazione al duplice diritto e dovere di frequenza della scuola garantito dalla Costituzione e dalla L. 104/1992 comma 2 art. 12 la progettazione deve includere un inserimento del disabile che renda effettivo e concreto l’esercizio del diritto/dovere (De Caneva, 2008)

Attraverso l’osservazione pedagogica gli insegnanti possono arrivare ad individuare i desideri le potenzialità insite nella persona ed operare affnché queste siano soddisfatte, questa dimensione è un processo dinamico e dialettico per la valorizzazione della diversità nella scuolae nella società. La priorità sta nel non concentrarsi sulle disfunzionalità ma nell’implementare le potenzialità. L’istituzione educativa nei casi di disabilità ha come compito la trasmissione di strumenti per vivere, una preparazione alla vita per migliorare l’esistenza quotidiana attraverso strategie di interazione con gli altri (De Caneva, 2008).

La pedagogia attuale dovrebbe essere in grado di smascherare i pietismi e le mistificazioni della realtà riguardo le disabilità degli alunni, i quali non fanno altro che contribuire alla svalutazione della dignità umana di questi ultimi.
I programmi educativi dovrebbero essere orientati anche ad un’educazione del gruppo classe che condivide le sue pratiche di vita con il disabile; cercando di evitare culture e atteggiamenti che considerano il disabile come un essere inferiore, il quale è figlio di una beffa del destino e della natura, decolpevolizzato nella sua condizione, ma al contempo fortemente stigmatizzato.
La scuola che si propone come centro di riabilitazione funzionale non si rivolge ai connotati medici e classici della riabilitazione medica, bensì al riconoscimento della dignità e dei diritti delle persone tutte, in un senso prettamente culturale e non solo a livello di legislazione (Scianchi, 2012).

Emerge con urgenza una cultura del rispetto della disabilità che sia orientata ad ottenere comportamenti e azioni positive sul lungo termine, che nulla ha a che vedere con una pedagogia dei buoni sentimenti.
In conclusione, questo capitolo affronta quei processi di facilitazione e di limitazione nel contesto scolastico secondo le molteplici relazioni che caratterizzano la scuola, la cultura e la disabilità. Al fine di evidenziare come sia ancora presente lo stigma e il pregiudizio nella Sickness si descrive il percorso che va dalle prime fasi di segregazione dei disabili nella società e nella cultura passata per giungere all’odierno dibattito globale sulla cultura dell’inclusione.

In seguito, si evidenzia l’importanza del contesto relazionale nel vissuto evolutivo dell’individuo nei rapporti con la famiglia, la cultura e la società nonché le influenze e gli atteggiamenti di queste ultime nei confronti delle disabilità. I processi di socializzazione dell’individuo, secondo un approccio costruttivista, si caratterizzano per la presenza di stigma estereotipi anche nel contesto scolastico. Viene approfondito lo strumento dell’OMS, quale l’ICF CY, per un utilizzo pragmatico nelle situazioni scolastiche caratterizzate dalla presenza della disabilità, al fine di costruire una scuola che sia orientata alla riabilitazione funzionale, che sia in rete attraverso la coordinazione di servizi sanitari, sociali e della comunità. Nel paragrafo finale si descrive la possibilità di approfondire il discorso delle disabilità, come quelle prodotte dagli autismi, attraverso la pedagogia speciale, onde evitare eccessi di fenomeni di medicalizzazione.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Prospettive sociologiche nei disturbi dello spettro autistico

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Informazioni tesi

  Autore: Flavia Anastasi
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2014-15
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Scienze politiche,Sociologia, Comunicazione
  Corso: Comunicazione e pubblicità istituzionale
  Relatore: Michaela Liuccio
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 144

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