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Patologie mentali e Grande Guerra: le origini della psichiatria e della psicologia di guerra in Italia

Disertori e simulatori

Gemelli (1917) parla della battaglia in modo puntuale e descrive i vari momenti dell'assalto e di come i soldati vivevano la tensione prima e dopo. Subito prima di arrivare allo scontro diretto, in prima linea, i soldati marciavano per ore, senza sapere dove stavano andando, seguivano il compagno di fronte, non si preoccupavano dove si trovavano.

In un articolo sulla Rivista di Psicologia Bianchi approfondisce dicendo che in genere i soldati erano allegri, cantavano, quando era loro permesso, la canzone della terra natìa o motteggiavano tutti insieme. Se un soldato si preoccupava era solo di non rimanere indietro. Durante queste marce dovevano abituarsi ai rumori forti delle armi, delle macchine da guerra, alla vista della morte.

Dopo qualche giorno sulla linea del fronte il soldato si assuefaceva, accoglieva lo scoppio con minor paura, non temeva più il ripetersi degli scoppi di granata. Il sentimento che prevaleva di più era quello del dovere cosciente e di rassegnazione. La speranza di uscirne salvi non moriva mai nonostante la visione continua dei compagni caduti (Bianchi, 1916).

Molti soldati combattevano valorosamente; nei momenti di riposo invece ridevano e scherzavano tra loro ricordando la battaglia appena trascorsa, molti di loro ricevettero medaglie al valore che spesso erano dedicate agli amici e ai compagni appena persi.

Ma non era sempre così semplice e non tutti i soldati erano forti, preparati e coraggiosi. Una delle reazioni di difesa estreme della guerra infatti fu la diserzione. Nel 1917 tale fenomeno assunse proporzioni incontrollabili.
Furono moltissimi gli episodi di soldati che lasciavano per due o tre giorni le loro postazioni, all'improvviso, senza comunicare il loro allontanamento, e spesso facevano ritorno di loro spontanea volontà, pur sapendo che andavano incontro a gravi punizioni, pene da scontare o nei casi estremi alla fucilazione.

I disertori che venivano beccati lontano dal campo di battaglia e che venivano riportati al loro posto, spesso erano in stato di confusione, molti non sapevano rispondere al perché erano fuggiti. Sembrava quasi che fossero spinti da una volontà superiore ad una fuga senza meta e senza senso. Per questi motivi i disertori venivano trasferiti negli ospedali da campo per un periodo di osservazione e spesso venivano giudicati inidonei al ritorno in battaglia.

Questo è un aspetto fondamentale per comprendere il sottilissimo confine tra fuga come malattia e malattia come fuga. Infatti tanti medici hanno notato che nel momento in cui i soldati confusi, alienati, muti, tornavano alla loro lucidità e stavano per riprendersi, facevano di tutto per resistere alla guarigione e prolungare la malattia e di conseguenza anche la licenza, proprio per paura di dover ritornare al fronte. […]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Patologie mentali e Grande Guerra: le origini della psichiatria e della psicologia di guerra in Italia

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Informazioni tesi

  Autore: Francesca Denaro
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Scienze e tecniche psicologiche
  Relatore: Patrizia Guarnieri
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 31

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Parole chiave

prima guerra mondiale
malattie mentali
disturbo post traumatico da stress
psicologia di guerra
storia della psicologia di guerra
disertori di guerra
simulatori di malattia mentale

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