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Omicidio in famiglia: esiti e conseguenze emotive, psicologiche e sociali sui figli sopravvissuti alla morte della madre per mano del padre

Il minore e la violenza assistita: conseguenze, analisi e possibili terapie

I bambini che assistono alle violenze in famiglia, soprattutto tra genitori, anche se non subiscono vessazioni fisiche visibili, sono comunque bambini abusati, che riportano danni permanenti a volte anche peggiori di quelli causati da altre forme di violenza. Anche il solo fatto di assistere alla violenza esercitata sulla propria madre, l’ identificare la propria figura di riferimento con la vittima delle prevaricazioni da parte di un’ altra figura fondamentale della propria esistenza, determina nel bambino delle conseguenze terribili nel suo sviluppo e nella visione delle relazioni future. Come afferma la psicologa inglese Glenna Trout, creatrice di un manuale antiviolenza nel Regno Unito, durante il suo intervento nel Congresso “Stop Domestic Violences”, la protezione di piccoli non può prescindere dalla protezione delle loro mamme.

Il clima violento e svalutante della figura materna compromette la visione futura della donna e si riflette nella relazioni che il bambino avrà sia con le altre figure femminili che con quelle maschili che appaiono aggressive e inadeguate; la educazione sentimentale di questi soggetti rischia di risentire dell’ ottica svalutante e piena di disprezzo che hanno sperimentato nell’ infanzia. Più di altri sviluppano maggiori probabilità di essere essi stessi vittime di violenze o abusi; durante l’ adolescenza corrono maggiori rischi di sviluppare dipendenze e comportamenti aggressivi a causa dell’ apprendimento di questi modelli di relazione disfunzionale. I bambini spettatori di violenze possono diventare adulti paurosi, insicuri, depressi e aggressivi, e possono sviluppare dipendenze e abusi di sostanze, difficoltà nel ruolo genitoriale, disturbi di personalità e comportamenti deviati.

Le aree di interesse per la valutazione delle conseguenze dell’ esposizione alla violenza sono molteplici e diversificate: vi sono aspetti comportamentali, cioè aggressività verso i compagni o verso gli animali, Disordini da Deficit da Attenzione e Iperattività (DDAI), eccessi di collera, discontinuità scolastica;
a. emotivi come ansia, ritiro sociale, depressione, bassa autostima;
a. cognitivi come linguaggio povero, ritardi nell’ apprendimento e difficoltà scolastiche;
a. sociale cioè rifiuto verso la socializzazione con i coetanei e scarsa empatia;
a. fisiologici come problemi di crescita, scarsa coordinazione motoria, insonnia, disturbi alimentari, enuresi notturna, manifestazioni psicosomatiche e regressione comportamentale.

In particolare per disturbi psicosomatici si identificano quelle manifestazioni fisiche come eczemi, allergie, asma e disturbi gastrointestinali che non sono attribuibili a disturbi funzionali o lesioni. Circa i problemi cognitivi si pone l’ attenzione sugli aspetti disfunzionali che appaiono abnormi rispetto alla regola: attività esagerata rispetto all’ età, scarso rendimento scolastico, non rispetto delle regole, eccessiva impulsività e non considerazione del pericolo, distraibilità e discontinuità verso tutte le attività scolastiche ed extra.

Degna di nota appare anche la individuazione del Disturbo Post Traumatica da Stress (DPTS), che si caratterizza per la presenza di conseguenze anche a distanza di tempo dall’ accaduto, e in seguito ad eventi critici abnormi: vi sono ripresentazioni intrusive dell’ evento e il ricordo che si ripropone (Flashback); vi è il numbing, una sorta di intorpidimento e confusione che causa il distacco e dalla realtà e l’ evitamento; vi possono essere infine incubi ricorrenti e iperattivazione, cioè insonnia, ansia, aggressività e tensione generalizzate.

Perché un minore si riappropri della sua infanzia e recuperi una vita serena è di prioritaria importanza che si allontani dal clima violento nel quale vive, si promuova la sua sicurezza e si ristabilisca il suo sviluppo normale. Spesso gli abusi e i maltrattamenti cui assistono da piccoli emergono negli adolescenti e nei ragazzi successivamente, quando essi sono testimoni nelle aule di giustizia o addirittura si rendono responsabili di condotte violente come imputati; per queste casistiche il comportamento violento appreso in casa dovrebbe essere tenuto in considerazione dal giudice chiamato all’ analisi delle singole situazioni.

Alcuni studiosi che analizzano gli esiti dell’ esposizione dei bambini a condotte violente, concordano nell’ utilizzo del confronto tra diverse tipologie di intervento, dalla teoria dell’ attaccamento, alla psicanalisi freudiana, alla prospettiva intersoggettiva che nasce dalla condivisione tra più soggetti della stessa realtà e il modello che mette in primo piano la relazione tra genitori e figli, con le implicazioni che comporta il mantenimento degli equilibri e delle interazioni tra i soggetti.

In via generale l’ approccio all’ intervento nei confronti delle piccole vittime passa dall’ analisi del terapeuta rivolta alla messa in sicurezza e alla tutela del minore, seguita da una valutazione diagnostica sul grado di impatto psicologico che la violenza ha avuto sul bambino e dalla scelta di un percorso terapeutico nell’ ambito della famiglia; a tal fine si prendono in considerazione età e grado di evoluzione, tipo e gravità delle violenze, tipo di intervento sociale e altri eventi stressanti collaterali.
Gli interventi possono essere attuati su più fronti: con terapia individuale volta al superamento della perdita dei legami di attaccamento con la figura di riferimento che può essere momentaneamente quella del terapeuta, per poi promuovere eventualmente il recupero con le figure genitoriali; in questa ottica può essere utile analizzare in chiave psicanalitica i meccanismi di difesa attuati dai soggetti (rimozione, negazione, scissione, identificazione proiettiva). Un altro esempio di approccio alla soluzione può fornirlo l’ intervento volto al rinsaldamento della diade madre-figlio, compromessa dal trauma, e finalizzato al superamento efficace dei ricordi dolorosi e dei vissuti di rabbia.

Da sottolineare anche la fondamentale utilità della terapia di gruppo con altri bambini, che può essere un valido strumento per la risocializzazione del bambino traumatizzato, per l’ inserimento nel contesto comune con i coetanei e la promozione di uno sviluppo normale del piccolo, con l’ apprendimento di nuove e funzionali modalità di relazione e condivisione delle strategie di autoprotezione.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Omicidio in famiglia: esiti e conseguenze emotive, psicologiche e sociali sui figli sopravvissuti alla morte della madre per mano del padre

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Informazioni tesi

  Autore: Simona Di Bello
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2015-16
  Università: Università Telematica "E-Campus"
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Scienze e tecniche psicologiche
  Relatore: Chiara Rollero
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 40

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Parole chiave

orfani
famiglia
diritti umani
omicidi
stalking
uxoricidio
violenza assistita
femminicidio
compagna
violenze domestiche

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