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Hedge fund e paradisi fiscali: alla ricerca di un potenziale turismo finanziario

Le principali caratteristiche di un hedge fund

Gli elementi distintivi che abitualmente caratterizzano un hedge fund sono:

- partecipazioni al fondo del gestore;
- struttura delle fees;
- dimensioni del fondo;
- utilizzo della leva;
- elevate quote di ingresso;
- scarsa liquidità dell’investimento;
- grado di trasparenza.

- La partecipazione al fondo del gestore. Il tipico gestore di un hedge fund è colui che, dopo anni di esperienza maturata nel campo della gestione collettiva dei risparmi, decide di costituire una propria iniziativa privata, raccogliendo risorse sul mercato. Essendo questa raccolta basata fondamentalmente sul proprio prestigio personale e sul consenso di cui gode tra gli operatori e gli investitori, è necessario, al fine di aumentare le possibilità di raccolta, fornire a questi soggetti un segnale che possa incentivare la sottoscrizione delle quote.
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- La struttura delle fees. Il primo fondo di Jones prevedeva due tipi di fees che ancora oggi sono utilizzate: la management fee e la performance fee (o carried interest). La prima è calcolata sull’intero ammontare del fondo ed è destinata alla copertura delle spese ordinarie; la seconda è invece calcolata sulla performance netta del fondo e rappresenta un meccanismo di incentivazione del gestore. Tipicamente, la struttura delle commissioni di un hedge fund prevede una management fee pari all’1% del patrimonio del fondo più un 20% di performance fee misurata sul rendimento netto annuale del fondo. Il pagamento delle management fees solitamente è previsto a scadenze mensili, trimestrali oppure semestrali. Molto spesso sono previsti anche degli hurdle rate, degli high watermark o altri vincoli del genere.
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- La dimensione del fondo. Le dimensioni di un fondo hedge sono più ridotte rispetto a quelle di un fondo tradizionale. Le motivazioni alla base di questo fenomeno sono prevalentemente tre:
- la nascita di molti fondi nuovi che hanno frammentato l’offerta;
- la contemporanea scomparsa di molti fondi global macro (dalle dimensioni più elevate);
- la presunta maggior flessibilità di gestione ottenibile con minori volumi gestiti.

In termini di flessibilità di gestione, il problema è rappresentato, più che dalle dimensioni assolute del fondo, dalla sua “capacità” relativa, ovvero dalla determinazione del livello massimo di capitale gestibile, data la strategia adottata, oltre il quale le performance rischierebbero di diminuire.
Altri elementi che devono essere considerati per valutare le dimensioni ottimali sono sia l’evoluzione dei mercati e in cambiamenti di cui sono stati oggetto negli ultimi anni, sia l’andamento congiunturale che presentano in un determinato periodo di tempo.
Gli effetti della globalizzazione dei mercati e la loro progressiva istituzionalizzazione hanno enormemente ridotto le opportunità di investimento disponibili per i fondi. Raccogliere troppi soldi e non sapere come impiegarli costituisce per il money manager un grosso problema oltre che un forte limite alle performance del fondo.
[…]

- L’utilizzo della leva. Rappresenta per molti hedge fund un elemento strategico fondamentale. L’ammontare della leva è dato dalla differenza tra quanto si è investito e quanto effettivamente si è raccolto. Per esempio, se un fondo dispone di 100 milioni di euro e possiede un portafoglio per un ammontare complessivo di 200 milioni di euro, significa che ha preso a prestito somme per 100 milioni di euro (2:1). Condizione necessaria affinché un hedge fund possa utilizzare una certa quantità di capitale presa a prestito è che i ritorni ottenuti siano superiori a quanto pagato ai finanziatori (molto spesso rappresentati dai prime broker) per l’utilizzo di queste risorse. Essendo l’utilizzo di questo strumento basato su elementi prospettivi (rendimenti futuri dell’investimento), la leva finanziaria rappresenta un’arma a doppio taglio per chi la usa, poiché potrebbe produrre i suoi effetti amplificativi in caso di ritorni non solo positivi, ma anche negativi, aumentando così le perdite.
Molto spesso, e soprattutto nel passato, alcuni hedge sono arrivati a utilizzare un grado di leva elevatissimo. Consideriamo il caso dell’Ltcm. Tra i motivi che sembrano essere stati alla base del suo dissesto possiamo ritrovare un eccessivo grado di indebitamento contratto nei confronti delle più grandi istituzioni finanziarie internazionali. Ma perché i gestori utilizzano denaro preso a prestito?

La risposta sta in diversi fattori quali la tipologia della strategia adottata e la presenza del carried interest. Attraverso la leva, un gestore riesce ad aumentare non solo il numero di posizioni attive, ma anche gli eventuali ritorni del portafoglio. Essendo la sua remunerazione legata principalmente a un carried interest calcolato su tali performance, è chiaro il vantaggio diretto di cui il fund manager può godere. Secondo la prassi consolidata sul mercato, il leverage dovrebbe essere utilizzato non oltre la misura di due o tre volte l’ammontare del capitale (e, più specificatamente, due nelle strategie azionarie e tre in quelle obbligazionarie), ma spesso nella realtà non è così. Per esempio, i fondi global macro arrivano a utilizzare un rapporto tra 4 e 7 volte il capitale.

Questo utilizzo indiscriminato di capitali presi a prestito ha di fatto prodotto, specialmente nel passato, un numero elevato di fallimenti di fondi che, rapidamente, hanno visto i propri capitali bruciare a fronte di un’improvvisa inversione di tendenza dei mercati.
Gli effetti negativi che la leva è in grado di produrre in caso di discesa dei corsi azionari sembrerebbero infatti non essere simmetrici a quelli ottenibili in fase di rialzo. In altre parole, mentre in caso di andamenti positivi la leva produce ritorni direttamente proporzionali alle sue grandezze, in caso di andamento al ribasso dei corsi azionari le perdite sono più che proporzionali alle sue dimensioni.

Molti finanziamenti a fondi hedge provengono dalle banche e soprattutto da quelle di investimento. Uno studio della Salomon Smith Barney del 1998 evidenzia un eccessivo collegamento tra il sistema bancario/creditizio e quello degli investimenti alternativi. Ancora una volta ci può essere utile considerare il caso dell’Ltcm. Il suo collasso, come sappiamo, spinse la Federal Reserve a intervenire per evitare una crisi finanziaria dalle dimensioni maestose. Numerose erano le società che avevano prestato del denaro a questo fondo che aveva raggiunto un grado di leva pari, si dice, a 25 volte il capitale!

Alan Greenspan, allora presidente della Federal Reserve, si vide costretto a forzare la costituzione di un consorzio di 16 grandi banche di investimento per organizzare il salvataggio del fondo e attraverso l’apporto di 3 miliardi di dollari si riuscì a far fronte all’impossibilità dell’Ltcm di chiudere le posizioni aperte, salvandolo così dalla bancarotta.

Quali sono le principali fonti cui un gestore può attingere per raccogliere capitale di debito da impiegare nel suo portafoglio di investimenti? Si possono identificare quattro categorie di strumenti:

- Prestiti finanziari: sono semplici prestiti erogati da un’istituzione finanziaria in base ai dati prospettici e ai bilanci predentati da un hedge fund. Questo tipo di finanziamento non presenta particolari garanzie di rimborso e quindi si basa principalmente sulla possibilità di produrre performance positive nel futuro.

- Prestiti finanziari garantiti: attraverso questo meccanismo un hedge fund ottiene un prestito dietro il versamento, a titolo di garanzia, di parte dei suoi asset. L’ammontare del prestito è determinato dal soggetto erogatore secondo diversi parametri. Tra questi possiamo individuare la liquidità, la negoziabilità e il grado di rischio delle garanzie fornite. Molto spesso per ottenere affidamenti molto elevati i gestori usano fornire a garanzia strumenti come i titoli di Stato, poiché rappresentano tutte e tre le caratteristiche considerate in sede di delibera del prestito. Normalmente, l’importo affidato al money manager è leggermente inferiore a quanto prestato a garanzia. In media, per ogni dollaro preso a prestito sono erogati al fondo 95 centesimi. La differenza, che prende il nome di haircut, rappresenta il premio per il rischio che l’ente finanziatore si assume in caso di insolvenza del fondo. Il livello di haircut dipende naturalmente dalla tipologia delle garanzie fornite. Maggiore è la loro “bontà”, minore sarà l’haircut applicato e quindi maggiore sarà l’ammontare preso a prestito. Un’altra pratica che solitamente i finanziatori pongono in essere per proteggersi dal rischio, è quella di richiedere all’hedge fund di provvedere, in caso di eccessiva perdita di valore delle garanzie, alla loro integrazione sui livelli iniziali previsti.

- Margin accounts: questa tipologia di finanziamento rappresenta una variante dei prestiti garantiti ed è molto sviluppata nei mercati più evoluti. Normalmente, un operatore di hedge fund versa presso un’istituzione finanziaria un “margine”, ovvero un ammontare di denaro che servirà da garanzia alle operazioni di vendita e acquisto allo scoperto che porrà in essere. L’ammontare del margine versato viene anche in questo caso determinato secondo diverse variabili di mercato, quali la liquidità e l’efficienza dello stesso. Anche se molto simili, prestiti garantiti e margin account non sono esattamente la stessa cosa. Attraverso un prestito garantito l’hedge fund ottiene direttamente, in un’unica soluzione, un determinato ammontare di denaro diminuito dell’haircut, che dovrà restituire in base a un piano pluriennale, fornendo a garanzia un certo ammontare di asset. Attraverso il margin account, invece, l’hedge fund può utilizzare giornalmente una certa quantità di denaro, il cui ammontare dipende dal margine versato a garanzia. Più il margine è alto, maggiori saranno le disponibilità monetarie a cui potrà attingere. La gestione dei margini, che può eventualmente essere fatta dal prime broker, rappresenta un’attività giornaliera in quanto è necessario compensare quotidianamente le operazioni di acquisto e vendita effettuate a margine. Lo scopo è quello di poter aggiornare l’ammontare di denaro disponibile per le operazioni successive. Nei mercati americani, la National Association od Securities Dealers (Nasd) e il New York Stock Exchange (Nyse) richiedono il versamento di un margine minimo del 25% del valore degli asset negoziati. Se quindi il fondo verserà un margine di 250 mila dollari, potrà porre in essere operazioni allo scoperto fino ad un massimo di 1 milione di dollari.

- Utilizzo di moderne e complesse strutture finanziarie: attraverso l’utilizzo di queste strutture il money manager può, con estrema flessibilità, pianificare il proprio profilo di leverage senza doversi continuamente preoccupare di gestire i margini. L’utilizzo di questi sistemi permette al fund manager di “mimetizzare” ad altri operatori o istituti finanziari il livello di leva che sta utilizzando, permettendogli così di accedere ad altre forme di finanziamento. La possibilità di nascondere il grado di leva finanziaria utilizzata dal fondo rappresenta, per i manager di fondi hedge, una forte tentazione anche a causa della sempre più crescente propensione, da parte delle istituzioni finanziarie, a chiedere a garanzia dei prestiti accordati quote dello stesso fondo. La tendenza a porre in essere meccanismi piramidali di leva è presente anche nell’ambito dei fondi di fondi poiché, attraverso questa struttura, è possibile configurare profili di leverage in grado di amplificare ulteriormente quello già usato dai singoli hedge in portafoglio.

- Elevate quote di ingresso. Le elevate quote minime di sottoscrizione che caratterizzano gli hedge fund li hanno resi un investimento d’élite cui possono accedere solo determinate tipologie di persone. Anche se le attuali normative prevedono quote minime di sottoscrizione più basse rispetto al passato, esse determinano solo un requisito, e non un obbligo per il gestore di praticare certe soglie d’ingresso. Negli Stati Uniti le somme richieste dai manager variano in media da 500 mila a 1 milione di dollari a fronte di una soglia minima di 250 mila dollari. In alcuni casi, specialmente per i fondi più prestigiosi, questi valori possono aumentare anche vistosamente fino a 2 milioni di dollari o anche a 10 milioni per i fondi più grandi. Le cifre, quindi, sono molto differenti da quelle che abitualmente caratterizzano i tradizionali fondi comuni. […]

- La scarsa liquidità dell’investimento. Questo fattore può dipendere da diverse variabili. La prima può essere la strategia utilizzata dal money manager. Molto spesso, per ottenere performance significative, il gestore impiega le risorse in strumenti finanziari con una scadenza predeterminata nel lungo periodo. Questo implica necessariamente di dover aspettare la scadenza prima di poter liquidare la posizione in protafoglio. Altro fattore da considerare è il periodo di lock up che molti fondi prevedono al momento della sottoscrizione delle quote. Si tratta di un meccanismo attraverso il quale si obbliga un investitore a non richiedere il rimborso della quota prima di una determinata scadenza. Questo periodo può variare da un minimo di 6 mesi a un massimo di 5 anni; mediamente negli Stati Uniti è di circa 12 mesi. Il lock up è usualmente richiesto al fine di dotare il fondo di una certa solidità patrimoniale nel tempo. I gestori che utilizzano questo strumento e che consentono in ogni modo la liquidazione anticipata usualmente trattengono una certa somma a titolo di penale (mediamente intorno al 10%).
Un ulteriore vincolo da rispettare per liquidare la propria quota è il cosiddetto periodo di preavviso. Siccome molti fondi investono in titoli illiquidi, la loro disponibilità monetaria non è sempre immediata. Questo periodo di preavviso serve quindi per consentire al gestore di reperire le risorse necessarie alla liquidazione, attraverso lo smobilizzo di parte del portafoglio.
Esistono poi ulteriori clausole che sono normalmente usate per assicurare al fondo una certa stabilità, la cui natura è di tipo contrattuale nonché molto discrezionale.

- Il grado di trasparenza. Non esistendo specifiche normative in materia di informativa agli investitori, l’attività di reporting è effettuata dal singolo gestore in modo assolutamente discrezionale. A fronte di chi produce report settimanali o mensili, ve ne sono altri che lo fanno trimestralmente o semestralmente, se non addirittura annualmente.
Nonostante ciò, è in atto una sorta di meccanismo naturale che sta portando i singoli money manager a uno standard informativo molto più efficiente e dettagliato che in passato. E questo a seguito della necessità di allargare la base di raccolta a un numero maggiore di investitori, tanto privati quanto istituzionali.

Come abbiamo già ricordato, in passato i fondi hedge hanno sempre rappresentato investimenti d’élite dedicati a particolari tipologie di investitori sofisticati. I meccanismi che regolavano i rapporti tra promotore e sottoscrittore erano quindi gestiti di conseguenza. Chi investiva era molto ricco e spesso aveva un rapporto personale con il fund manager.
Le informazioni circolavano in modo informale. Ora che i gestori stanno cercando di portare questo strumento finanziario al di là del muro dei wealthy individuals, si rende necessario adeguare le procedure interne a ciò che il mercato desidera, ovvero attività di reporting e trasparenza informativa.
Inoltre, la discesa in campo delle maggiori istituzioni finanziarie internazionali obbliga i gestori ad adeguarsi alle loro procedure, basate su dettagliati report pre e post investimento.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Hedge fund e paradisi fiscali: alla ricerca di un potenziale turismo finanziario

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Informazioni tesi

  Autore: Alessandro Pipitone
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Economia
  Corso: Scienze dell'economia e della gestione aziendale
  Relatore: Maria Letizia Guerra
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 95

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