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L'arte nell'epoca della propria autoriproducibilità bio-cibernetica

Fruizione in azione: il lettore - spettatore - user

Come abbiamo già rilevato un po’ in tutti i capitoli, la tendenza controculturale del Novecento mette in crisi le categorie e i modelli dell’estetica dominante, e mette lo spettatore nella condizione di ricordare la sua natura di homo performans, vale a dire di testimone, partecipante, attore, che in questo suo rinnovato statuto, è messo nelle condizioni di attingervi quell’unità fra corpo e mente che gli uomini e le donne di tutti i tempi hanno trovato nel rituale.
Le nuove tecnologie hanno ancora di più accentuato il carattere evenemenziale dell’arte, carattere che rende l’opera d’arte più un processo che un risultato, e che si fonda su concetti come la plurisensorialità, l’interattività, e l’idea di autore collettivo.
Entrare in quest’ordine di considerazioni, vuol dire inquadrare l’arte dal punto di vista strettamente comunicativo. Per secoli l’applicazione del modello trasmissivo dell’informazione ha confinato in angusti paradigmi sia la comunicazione intesa in generale, sia la specifica comunicazione artistica. Affermare che informazione è un “oggetto trasmissibile” da un emittente a un destinatario, rilegati nelle uniche azioni di codifica e decodifica, fa sì che l’emittente si trovi in una sorta di supremazia che getta ombra sulla complessità insita al processo di ricezione, che è comprensione.
Per fortuna, ringraziando soprattutto le teorie derivanti dalla seconda cibernetica e la biologia cognitiva di Maturana e Varela, oggi siamo ben oltre questo paradigma, che però per secoli ha inficiato nello sviluppo delle performance artistiche.
Oggi sappiamo che è la comunicazione è un evento che si realizza dalla condizione di doppia contingenza fra un Alter e un Ego, altamente improbabile, frutto della sintesi di tre selezioni (atto del comunicare, informazione, comprensione), e caratterizzato dall’intrasparenza delle coscienze. Pone, dunque, il problema della riduzione dell’incertezza, che viene trattato attraverso il meccanismo della selezione: Alter seleziona fra una gamma di eventi comunicativi possibili, Ego fra la gamma dei significati possibili. Entrambi producono informazione, che dunque non è un “oggetto trasmissibile” bensì processo selettivo.
L’informazione si pone come “una differenza che fa differenza (Bateson, 1976)”, giacché partecipare a una comunicazione realizza sempre qualcosa di nuovo, che ci rende diversi da come eravamo. E’ fin troppo chiara la complessità della quale si fa carico l’atto di ricezione. Nell’ambito delle teorie della ricezione, desideriamo citare l’approccio proveniente dai Cultural Studies, e che raccoglie l’eredità derivante dalla poetica dei formalisti russi, della linguistica saussuriana e degli strutturalisti della scuola di Praga.
Considerando il testo come un macro-segno, e subordinando ogni elemento di quest’ultimo al suo effetto totale del quale lo spettatore è artefice ultimo dei significati, i Cultural Studies accedono a una concezione della ricezione come processo di negoziazione dei significati e pratica di costruzione del senso. E’ evidente dunque il contributo più che rivoluzionario apportato dalla semiotica a quest’ordine di considerazioni sul ruolo spettatoriale, e per noi era d’obbligo citare la paternità di questi primi bagliori. Considerare “il messaggio come una forma vuota alla quale possono essere attribuiti vari sensi possibili" (...), fa si che s’inizi a concepire lo spettatore come coproduttore dei significati del testo-performance, eppure queste considerazioni è come se appartenessero comunque a un’epoca conclusa, quella della modernità. Dobbiamo fare qualche passo in più, e tenere bene in mente la definizione di comunicazione che durante tutto il testo sospingiamo, identificandoci nell’approccio del “paradigma interattivo” (Boccia Artieri, 1998).
Ciò ci traghetta da una concezione “attiva”, in termini cognitivi ed esperienziali del soggetto che attualizza l’ evento performativo, a una concezione “enattiva” della ricezione. Innanzitutto dobbiamo specificare che la fortunata violenza delle tecnologie all’interno delle performance artistiche, e più in generale, dell’intero sistema sociale dell’arte, fanno si che la performance, l’opera possa essere attualizzata in momenti e luoghi sempre diversi dalla sua effettiva realizzazione, e quindi virtualizzandosi, divenga contenuto allo stato puro. Eppure osservare questo nell’ottica della analisi macro dei sistemi sociali, non rende giustizia che all’interno della dinamica comunicativa della performance, la comunicazione non riguarda soltanto il sistema, ma concerne anche e soprattutto i sistemi viventi e le loro relazioni. (...)

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'arte nell'epoca della propria autoriproducibilità bio-cibernetica

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Informazioni tesi

  Autore: Teresa Nicole Erra
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi di Urbino
  Facoltà: Sociologia
  Corso: Scienze della comunicazione
  Relatore: Laura Gemini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 108

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