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Spazio Scenico e New Digital Media: teorie e pratiche del nuovo teatro

L'(iper) attore nell'era digitale

«Un iperattore espande il corpo in modo tale che è in grado di accendere le luci, attivare suoni o immagini su uno schermo nel palcoscenico; controllare la risultante sembianza laddove la sua immagine o la sua voce sia mediata attraverso il computer; espandere le proprie capacità sensorie ricevendo informazioni attraverso cuffie o occhiali-video o controllare strumenti fisici come videocamere, parti del set, robot o altri macchinari teatrali».

Questa è la definizione di Hyperactor che in Computer Theatre (1996) Claudio Pinhanez tenta di definire, e come lui, ci sono stati svariati studiosi del campo che hanno tentato di indagare sul termine che designa la nuova figura dell'attore teatrale dei giorni nostri. Secondo quanto afferma Pinhanez, l'iperattore sarebbe un tipo di performer in grado di espandere il proprio corpo e quindi il proprio essere in maniera tale da poter accedere senza alcuna difficoltà, a qualsiasi ambito dello spazio scenico. Tutto questo sarebbe possibile grazie all'utilizzo da parte del perfomer di interfacce di comunicazione che interagiscono con un sistema computerizzato come wearable computers: data suite, cyberglove, sensori wireless, scarpe interattive. Joe Paradiso, ricercatore al Mit Medialab Laboratory (1994), ha creato infatti una famosa scarpa interattiva consistente in un paio di scarpe da ginnastica riempite con vari sensori che trasmettono dei dati di sedici tipi diversi, (come ad esempio la pressione sotto le dita piuttosto che l'orientamento della pianta del piede, la velocità, l'accellerazione etc.), continuamente tramite una radio ad un computer. Brenda Laurel d'altro canto ci offre un interessante spunto di riflessione in merito alla figura dell'iperattore che definisce agente aggiunto, dal latino agere; l'agente può essere umano o tecnologico e questa definizione in realtà deriva dallo studio che la Laurel ha condotto sulla Poetica di Aristotele, che le ha fornito lo schema di rappresentazione per la conoscenza attraverso il computer, in cui la nozione di “agente” spiegherebbe come l'imitazione di un'azione sia realizzata da persone che agiscono. L'agente aggiunto della Laurel quindi viene pensato per definire colui che attiva le interfacce che mettono in relazione e quindi in comunicazione, computer ed essere umano. Nel suo saggio Computer as Theatre (1991) infatti Brenda Laurel aveva intuito le potenzialità insite all'interno del computer, nuovo mezzo di comunicazione nascente di quel periodo. La studiosa si rese conto che il personal computer ed in particolare il computer multimediale che si serviva di interfacce grafiche, suono, mouse, colori etc., poteva essere letto e studiato anche da un punto di vista prettamente umanistico oltre che tecnico, al fine di rintracciare tutti quegli ambiti culturali e strumentazioni varie utili alla sperimentazione in ambito digitale per l'appunto. Sulla base della sua convinzione secondo la quale quindi il computer da semplice macchina numerica poteva essere utilizzato come nuovo medium per rappresentare la realtà, cerca di recuperare all'interno della tradizione storico/culturale occidentale quelle che sono le regole che potrebbero essere in grado di assecondare il linguaggio di questo nuovo medium. Per questo motivo compie vari studi all'interno della disciplina della semiotica da cui ricava l'idea che la nuova comunicazione in digitale può essere considerata come un vero e proprio discorso che viene posto all'interno della struttura performativa, in quanto la rappresentazione digitale è molto vicina a quelle che sono le rappresentazioni di tipo performativo e quindi, di conseguenza, la rappresentazione digitale ha molto in comune con il teatro stesso. In definitiva affinché si riesca a comprendere il mezzo digitale non bisogna riversarsi in un ambito prettamente tecnico ma bisogna volgere le proprie attenzioni anche verso l'arte drammatica in sé; per questo motivo la Laurel introduce lo studio dei nuovi media all'interno delle teorie aristoteliche sul teatro partendo da una rivisitazione proprio della Poetica di Aristotele:

Perché Aristotele? […] Non ci sono punti di vista più moderni che sarebbero più appropriati all'obiettivo? […] senza dubbio ci sono studiosi più recenti che hanno fornito contributi fondamentali alla teoria del dramma. Ma nessuno ha fornito una teoria del dramma così omnicomprensiva e ben integrata come Aristotele; […] Nessuno ha presentato una visione alternativa sulla natura del dramma che ha raggiunto un simile e universale riconoscimento […] Il paradigma aristotelico è più appropriato allo stato della odierna tecnologia al quale noi siamo interessati. Per costruire una rappresentazione che abbia qualità teatrali all'interno di un ambiente generato dal computer, è necessaria una profonda, robusta e logica nozione della struttura degli elementi e dinamiche – e questo è proprio ciò che ci fornisce Aristotele […] Le sue teorie possono essere utilizzate in senso produttivo, non perché sono ricette ma perché identificano e spiegano le caratteristiche formali e strutturali del dramma.

Teatro quindi come sapere dichiarativo atto ad essere rappresentato mediante svariate tecnologie logiche ed informatiche e non invece considerato come un mero contenuto da utilizzare solamente per archiviare materiale di scena; l'indagine performativa della Laurel quindi sembra focalizzarsi su quelli che sono gli aspetti ludici del teatro che rintraccia all'interno dei nuovi media digitali in particolare evidenziando le peculiarità dei videogames. Il centro della sua riflessione però è parecchio interessante dal punto di vista degli studi condotti nell'ambito della ricerca sullo spettacolo; in particolare Brenda Laurel incentra il suo lavoro sui famosi sei elementi della tragedia designati da Aristotele ovvero favola, carattere, pensiero, linguaggio, melodia e spettacolo per riproporli in rapporto al digitale. Troviamo così
1) Action, ovvero l'azione che deriva dalla collaborazione tra l'user ed il sistema durante le sessioni interattive
2) Character individuati come l'insieme dei tratti tipici dei soggetti agenti che siano artificiali o umani
3) Thought – pensiero, quindi i processi che conducono ad una scelta o verso un'emozione in particolare sia in attività umane che artificiali
4) Language, ovvero l'insieme e la disposizione di segni verbali, sonori, visuali etc.,
5) Melody – pattern, che riguarda la nostra percezione di forme e schemi
6) Spectacle – enactment ovvero la dimensione sensoriale dell'azione rappresentata.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Spazio Scenico e New Digital Media: teorie e pratiche del nuovo teatro

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Informazioni tesi

  Autore: Claudia Di Natale
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2014-15
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze dello spettacolo e della produzione multimediale
  Relatore: Luca Ruzza
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 115

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