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Nelle campagne ungheresi: lo studio sulla musica popolare di Béla Bartók e Zoltan Kodály

''Il cosiddetto ritmo bulgaro''

L'irregolarità ritmica è una peculiarità accomunabile tra la gran parte della musica popolare, spesso frutto di un sentimento puramente spontaneo che i contadini e pastori dimostrano nell'accingersi al canto. Sospettabile diventa l'idea che da questi approcci così dilettanteschi alla musica, si possano creare, spesso inconsapevolmente, nuove soluzioni ritmiche composte, alterate, dispari. "L'antica musica colta europea non ha conosciuto altri tipi di battuta che quelli a due o a tre […], i loro raddoppi o le loro suddivisioni in ottavi". I primi inserimenti di ritmi atipici, in particolare di quello a cinque, si ritrovarono nelle sonate di Chopin, successivamente nel Tristano e Isotta di Wagner e nei balletti di Stravinskij Sagra della primavera e Petruška.

Il singolare ritmo della musica folklorica bulgara accese molto interesse fra i compositori e i ricercatori del primo trentennio di secolo. Nel 1927 uscì un opuscolo dell'etnografo tedesco Vasil Stoin intitolato: Grundriss der Metrik und der Rhythmik der bulgarischen Volksmusik (traducibile pressappoco in "Manuale sulla metrica e ritmica della musica popolare bulgara"), il quale affermava come in quasi la metà dei canti popolari bulgari non tutti i valori fondamentali delle singole battute fossero uguali; di solito uno, a volte due o anche tre di essi s'allungavano della metà del loro valore.

Facendo tesoro di queste parole, Bartók negli anni '30 volle lui stesso indagare su questo stile così particolare. Scoprì come queste strutture ritmiche fossero usuali nella danza tradizionale chiamata raceniza: 5/8 (articolati in 2+3 o 3+2); 7/8 (articolati in 2+2+3); 9/8 (articolati in 2+2+2+3). Spesso gli ottavi diventavano sedicesimi e naturalmente su valori così brevi era impossibile cantare, così, per analizzare le ritmiche, si pronunciavano semplici sillabe "ti" e "ri": un ottavo corrispondeva ad un "tiri", un ottavo allungato (con il punto) diventava "tiriri".

"Questi ritmi sono naturali […], li ha prodotti la musica delle campagne, per un processo di formazione del tutto spontaneo". Per le altre culture o per i musicisti provenienti dal genere colto, da sempre produttrice di ritmi perfettamente equilibrati, fu assai difficile cogliere pienamente questi tempi musicali i quali, invece, erano radicati nella cultura del popolo bulgaro che le insegnava agli allievi di musica sin dalla giovinezza.

Simili irregolarità ritmiche era già state riscontrate in precedenza da Bartók, con il termine aksak, nel repertorio delle colinde natalizie romene provenienti dalle regioni quali il Maros-Torda, Torda-Aranyos o il Banato. Allo stesso modo, similitudini furono udite nelle danze ungheresi del repertorio zigano verbunkos e in quelle ucraine kolomyjka.
Nelle pubblicazioni serbo-croate invece, non vi trovò alcuna traccia, anche se non negò la possibilità dell'esistenza di questo ritmo in quelle zone balcaniche mai approfondite.

Il gruppo di composizioni di Bartók Sei danze in ritmo bulgaro (alcune autentiche, altre di pura invenzione) è, come annuncia il titolo stesso, un brillante esempio che illustra questo ritmo così caratteristico. Queste danze fanno parte del sesto e ultimo libro del Mikrokosmos BB 105, più precisamente sono gli ultimi sei pezzi del volume. Questo è l'inizio della seconda danza ed è ben visibile la scansione ritmica composta 2+2+3/8 trascritta all'inizio, ovvero un tempo in 7/8. Le prime battute di accompagnamento potrebbero esser pressappoco canticchiate in modo sillabico con un "tiri-tiri-tiriri".

Questi ritmi, queste armonie, questi canti così insoliti, contribuirono all'affrancamento compositivo di Bartók dalle rigide consuetudini della musica colta, portandolo sempre più alla ricerca di un proprio stile totalmente differente ma strettamente correlato allo stile contadino. Ciò che affascinava soprattutto Bartók e Kodály della musica popolare era il suo esser circondata da una sorta di aurea assolutamente antica, quasi mistica, in perfetta unione con la natura e il creato, con il lavoro e con la vita stessa degli abitanti dei luoghi rurali e delle montagne. Fu qualcosa di incredibilmente nuovo che ben presto rese chiaro ai due musicisti ungheresi, anche se non alla stessa maniera, quale sarebbe stato il proprio percorso da seguire.

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Nelle campagne ungheresi: lo studio sulla musica popolare di Béla Bartók e Zoltan Kodály

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Informazioni tesi

  Autore: Luca Rover
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Udine
  Facoltà: Beni culturali
  Corso: DAMS - Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo
  Relatore: Eveline Vernooij
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 47

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Parole chiave

antropologia
ungheria
etnologia
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etnomusicologia
béla bartók
zoltan kodály

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