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Analisi del reato di disastro ambientale: dalla fattispecie giurisprudenziale al nuovo art. 452 quater c.p.

Il disastro ambientale: una fattispecie di origine giurisprudenziale

La società del rischio e la tutela giudiziaria dell’ambiente
Il continuo progredire dello sviluppo tecnologico, scientifico e industriale ha ridefinito il rapporto tra uomo e natura e delineato un nuovo modello sociale cd. del rischio nel quale si presentano nuove fenomenologie di pericoli che la scienza penalistica è chiamata ad affrontare. Questa si è trovata sfornita di strumenti idonei a fronteggiare gli eventi tipici della postmodernità, in particolare quegli episodi di pervasiva contaminazione dell’habitat naturale e umano nonché gli accadimenti offensivi relativi alle attività produttive, avvenimenti ormai ritenuti normalizzati in quanto connaturati al progresso e per definizione inevitabili.

All’iniziale indifferenza del codice del 1930 nei riguardi dell’ambiente ha fatto seguito una legislazione caotica, inorganica e incapace di far fronte alle nuove e sensibili esigenze di tutela. In tale cornice di inadeguatezza giuridica, accompagnata da sempre più insistenti istanze di giustizia, la giurisprudenza si è adoperata nel tentativo di fornire una risposta effettiva alle ipotesi di più grave alterazione dell’ecosistema e della salute collettiva. Attingendo direttamente dal codice penale, ha offerto una rilettura e una trasfigurazione di quelle fattispecie fisiologicamente non orientate alla repressione di aggressioni ambientali ma capaci di estendersi e assorbire le ipotesi di più grave inquinamento.

Tra queste ha assunto particolare rilevanza la previsione contravvenzionale di cui all’art. 674 c.p. rubricata “Getto pericoloso di cose” che ha costituito la chiave per la tutela delle contaminazioni atmosferiche fino al 1966, anno di entrata in vigore della legge antismog, mantenendo poi una funzione parallela rispetto alla specifica disciplina di settore e infine dagli anni ‘90 piegata alle esigenze di tutela relative al c.d. elettrosmog, ovvero l’inquinamento da campi elettromagnetici. Allo stesso modo la disposizione di cui al secondo comma dell’art. 635 c.p. si è prestata ai fini di una risposta punitiva rigorosa nei confronti degli episodi di inquinamento delle risorse idriche, andando a ad ampliare il novero di quei reati c.d. satellite.

A questi è infine ricondotto l’art. 434 c.p., tramite il quale si è completata l’opera supplente dei giudici che vi hanno rinvenuto il fondamento giuridico per la creazione del disastro ambientale, figura criminosa nella quale si intrecciano le direttrici di tutela dell’ambiente e della salute pubblica. La tendenza a sfruttare tale fattispecie si spiega in virtù della struttura aperta della stessa. Quella dell’art. 434 c.p. è una disposizione che fisiologicamente risulta volta a assorbire fatti che aggrediscono la pubblica incolumità non tipizzati dal legislatore. Del resto tale funzione di chiusura è la stessa che ha giustificato l’introduzione della norma nel codice, riverberandosi direttamente sulla struttura del reato, appunto a forma libera, e nella definizione dei suoi elementi costitutivi, sostanzialmente assente se non per il riferimento all’ altro disastro e al pericolo per la pubblica incolumità, formule ampiamente generiche e al contempo depositarie di tutta la tipicità e l’offensività dell’incriminazione.

Infine ad agevolare l’utilizzo della norma ricorre l’articolazione della fattispecie che nei suoi due commi disegna una progressione criminosa ad ampio raggio che si presta a sanzionare fatti che vanno dal pericolo alla verificazione del disastro. Definita come “clausola generale a valenza analogica” si comprende come la stessa si presti a salvaguardare interessi multiformi, al punto che l’esegesi giurisprudenziale ne ha tratto una figura ibrida che sotto il nome di disastro ambientale riconduce quei fenomeni di compromissione dell’ecosistema che determinano a loro volta un danno alla salute di una pluralità indeterminata di consociati.

Agli albori di tale operazione interpretativa vi è il disastro di Seveso, prodottosi il 10 luglio del 1976 quando nello stabilimento della società Icmesa il sistema di controllo di un reattore chimico andò in avaria e la temperatura salì oltre i limiti previsti. L'esplosione del reattore venne evitata dall'apertura delle valvole di sicurezza ma l'alta temperatura raggiunta comportò la formazione di tetracloro-dibenzo-diossina, nota anche semplicemente come diossina, che fuoriuscì nell'aria formando una nube tossica trasportata dal vento nei comuni di Meda, Seveso, Cesano Maderno e Desio. Lo sprigionamento della sostanza e il suo spandersi nelle aree adiacenti provocò notevoli conseguenze sull’ambiente e sulla salute dei lavoratori dell’insediamento industriale e degli abitanti delle zone limitrofe.

La Suprema Corte condivise le osservazioni dei giudici di merito che individuarono il disastro in un accadimento derivante dalla combinazione tra loro di molteplici fattori quali l’elevata quantità e tossicità delle sostanze chimiche liberate e diffusesi nell’ atmosfera che avevano contaminato una vasta area e coinvolto una rilevante porzione di popolazione, arrecato pregiudizio alle attività economiche e destato un diffuso senso di allarme.

Eventi che potevano evitarsi con l’adozione di adeguate cautele, elementari sistemi di sicurezza e un’opportuna sorveglianza, i quali erano da considerarsi comportamenti dovuti in virtù della particolare pericolosità della lavorazione e che invece si ritennero omessi dato lo stato di completo abbandono della fabbrica. La vicenda dello stabilimento Icmesa inaugura una nuova stagione giurisprudenziale, segnata dal fiorire di pronunce che valorizzano le potenzialità punitive sottese alle previsioni di cui agli artt. 434 e 449 c.p. alle quali si riconducono quelle ipotesi di compromissione e alterazione dell’ecosistema cui faccia seguito un’offesa alla salute pubblica. Ha così preso vita una nuova figura criminosa che prende il nome di disastro ambientale.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Analisi del reato di disastro ambientale: dalla fattispecie giurisprudenziale al nuovo art. 452 quater c.p.

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Informazioni tesi

  Autore: Francesca Donzelli
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Silvia  Tordini Cagli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 216

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Parole chiave

ambiente
diritto penale
disastro ambientale
art. 452 quater c.p.
crollo di costruzioni
disastro innominato

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