Ipnosi e processi psicosomatici
L’ipnosi tra influenza, suggestione e immaginazione
Il vero e proprio passaggio concettuale nella storia dell’Ipnosi lo si è avuto quando Charle de Villiers (1765-1815) mise in evidenza che l’effetto ipnotico non fosse prodotto dal passaggio di un fluido, ma da una relazione tra due persone, ciascuna delle quali portava in essa delle reciproche aspettative.
Secondo tale autore l’effetto ipnotico si realizzerebbe nell’incontro tra la volontà/sentimento di un soggetto di voler guarire, la fiducia nel guaritore, la volontà/sentimento del guaritore di voler guarire il paziente e nella fiducia nella sua capacità di poterlo fare.
L’effetto dell’ipnosi non dipenderebbe più, quindi, dal passaggio di un fluido ma da dinamiche psicologiche che si realizzano nella relazione.
De Faria (1756-1819) assunse un atteggiamento rivoluzionario contro il fluidismo: dal terapeuta non sarebbe emersa alcuna forza, ma tutto si svolgerebbe all’interno della mente del soggetto.
In particolare, secondo De Faria, l’effetto ipnotico sarebbe dipeso dal particolare effetto di concentrazione prodotto dal paziente, facilitato dall’ipnotista attraverso l’utilizzo di alcuni oggetti.
Con questa osservazione possiamo dire che si sancisce la nascita concettuale di quella che definiremo Ipnosi Classica, ossia quella tecnica ipnotica che utilizza strumenti, artifici esterni per provocare in una persona uno stato ipnotico.
Bertrand (1753-1831), invece, pose al centro della produzione del fenomeno ipnotico, più che la concentrazione, il ruolo dell’immaginazione sviluppato nella mente del soggetto per opera delle parole dell’ipnotizzatore.
Libeault (1823-1905) riprese l’ottica della concentrazione di De Faria, ma mise in evidenza che l’effetto ipnotico veniva prodotto da suggestioni verbali che anticipavano gli effetti fisici prodotti.
Arrivò quindi a pensare che alla base dell’effetto ipnotico non vi fosse, come pensato da De Faria, la concentrazione in relazione allo stimolo, ma la suggestione prodotta dall’ipnotizzatore.
Bernheim (1840-1919), neurologo ed insegnante della facoltà di medicina di Nancy, si interessò agli studi di Libeault con il quale costituì una scuola divenuta molto famosa: la scuola di Nancy.
Bernheim arrivò ad estremizzare l’importanza della suggestione fino a pensare che in realtà non esistesse alcun fenomeno ipnotico, ma solo suggestione. Egli pensò che l’ipnosi era uno stato di suggestionabilità esaltata, conseguibile sia con il sonno ipnotico ma anche senza, stato nel quale uno stimolo esterno (ad esempio un’idea) poteva essere trasdotta (trasformata) immediatamente in una azione, sensazione o pensiero (processo di trasduzione dell’informazione).
Per Bernheim lo stato ipnotico è uno stato particolare, che poteva essere prodotto anche artificialmente, manifestante la propensione dell’essere umano alla suggestione senza alcuna valenza patologica, come sarà sostenuto invece da Charcot.
In tale prospettiva l’ipnosi era un processo fisiologico e naturale, processo accessibile a tutti, anche se in maniera differente, rispecchiando le naturali differenze individuali esistenti.
La scuola di Nancy ha dato importanza all’immaginazione (che è finita per confluire nel concetto di suggestione), al ruolo dell’emisfero destro, al concetto di trasduzione dell’informazione e quindi anche di auto-suggestione e, nella determinazione di questo, ha iniziato a dare importanza anche al concetto di relazione, nel senso dell’importanza della comprensione dell’altro e dei suoi schemi di riferimento per produrre un processo auto-suggestivo. (Chertok, 2005).
Per Libeault la relazione tra i due soggetti era fondamentale affinché si creassero le condizioni per il fenomeno suggestivo (fiducia), mentre per Bernheim la tendenza alla suggestione era già insita nel soggetto per una sua predisposizione innata (Godino, Toscano, 2007).
All’interno di questo quadro concettuale si fa spazio l’idea che ogni azione nasca da una autosuggestione e, precedente al passaggio all’azione, vi sia un ruolo svolto dall’immaginazione.
Couè (1857-1926) diede ancora maggiore enfasi al fenomeno della immaginazione della autosuggestione.
Egli attribuisce alla capacità immaginativa la funzione di dialogo con l’inconscio e quindi con la capacità anche di influire sulle dinamiche del nostro organismo di tipo inconscio.
Per questo motivo egli riteneva che che si potesse agire sul nostro organismo in termini curativi attraverso stimoli che potessero produrre auto-suggestioni di benessere e rilassamento.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Ipnosi e processi psicosomatici
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Informazioni tesi
Autore: | Cristiano Reposo |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2015-16 |
Università: | Università degli Studi Guglielmo Marconi |
Facoltà: | Scienze della Formazione |
Corso: | Psicologia |
Relatore: | Benedetta Rinaldi |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 138 |
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