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Da sport a impresa: il connubio calcio-marketing

Lo sviluppo e l'esportazione del brand

La globalizzazione, intesa nella sua accezione più ampia, ha modificato tanti aspetti della vita quotidiana di ognuno di noi, ha ridotto le distanze, accelerato e facilitato la comunicazione, ha abbattuto le frontiere, aumentato la concorrenza, ma cosa più importante, ha creato opportunità: la sfida, per una grande impresa, non è più quella di svilupparsi e crescere in ambito nazionale, bensì quello di espandersi in territori stranieri, forse più fertili di quelli nostrani.

La fidelizzazione del cliente è sicuramente un aspetto molto importante dell'attività di marketing, ma la conquista e il "reclutamento" di nuovi, lo è altrettanto. Come è possibile, però, attrarre nuovi tifosi? La fede calcistica è cosa seria, è impensabile tifare Juventus e il giorno dopo supportare la maglia neroazzurra: ecco allora che, in ambito calcistico, si è assistito ad una progressiva esplorazione dei mercati internazionali e, coerentemente con la crescita macroeconomica del continente asiatico, i club professionistici d'Europa hanno cercato di esportare il proprio marchio nel mondo orientale.

Come abbiamo imparato a capire, i precursori del calcio moderno risiedono in Premier League: sono stati, infatti, i club inglesi i primi a cercare di ampliare gli orizzonti della propria brand awareness al di là dei confini nazionali; numerose le tournée organizzate sia a livello centralizzato dalla lega, sia individualmente dai singoli club, ma ancor più proficuo è il torneo Barclays Asia Trophy organizzato con cadenza biennale (per evitare sovrapposizioni con Campionati europei e mondiali) che si svolge in Asia negli ultimi giorni del mese di Luglio. Sono quattro i club partecipanti, tre della Premier League e uno del Paese ospitante, a rotazione: difficile quantificare i frutti in termini economico-finanziari di una manifestazione del genere; inutile, invece, dire quale sia, in un contesto così povero di tecnica calcistica (ma ricco di denari), il ritorno d'immagine per i club partecipanti e per il movimento calcistico inglese tutto. Eventi di questo genere, unitamente ad un'attività di merchandising efficiente, fanno sì che quello inglese sia il torneo professionistico più amato e seguito in tutto il mondo.

In Italia, con "qualche" anno di ritardo, si sta cercando di emulare questa formula commerciale, grazie soprattutto ai grandi club quali l'F.C. Internazionale, l'A.C. Milan e l'F.C. Juventus.

Per quanto riguarda l'Inter, un passo decisivo è stato compiuto con la presidenza di Erick Thoir. Imprenditore e dirigente sportivo di larghe vedute, ha subito cercato di importare nel calcio nostrano quelli che sono i principi di un business performante: "Guardando gli altri campionati si può notare come il mercato asiatico sia diventato quello principale: molte partite della Premier League, ad esempio, si giocano in orari favorevoli agli spettatori asiatici. In Italia invece, soprattutto le partite migliori, si giocano in notturna per gli asiatici e di conseguenza il bacino di utenza non può aumentare. Io e l'Inter dobbiamo pensare quindi, non solo al singolare ma anche al plurale, dunque anche per l'intera Serie A. Dobbiamo prendere come esempio la Nba, che disputa partite in Europa, o la Mlb che va a giocare in Australia. La serie A deve fare lo stesso. Magari un giorno avremo InterMilan a Singapore".

Un'altra occasione di accrescimento della brand awraeness è rappresentata dalla Supercoppa Italiana: evento che vede sfidarsi il club campione d'Italia contro quello vincitore della Coppa Italia. Sembra quasi un paradosso, eppure questa sfida negli ultimi anni si è tenuta in Paesi stranieri come Pechino nelle edizioni 20091112, Doha in quella del 2014 e Shanghai nel 2015.

Non meno importanti, sono quei trasferimenti di giocatori che somigliano più ad operazioni di marketing, piuttosto che a vere e proprie operazioni di carattere tecnico; gli esempi sono diversi, Honda al Milan, Yao Ming nell'NBA, Nakamura alla Reggina e Nakata al Perugia: quest'ultimo trasferimento ebbe una risonanza mediatica clamorosa, tanto che il giorno della presentazione del giocatore alla stampa c'erano circa 200 giornalisti, di cui 100 provenienti dal Giappone. "Perugia divenne una sorta di enclave nipponica, con una presenza costante, in occasione di ogni allenamento, di almeno cinquanta connazionali di Nakata, vestiti con una sola uniforme, la maglia di Hide. […]"

Questo brano è tratto dalla tesi:

Da sport a impresa: il connubio calcio-marketing

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Cossalter
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Pisa
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia e Commercio
  Relatore: Alessandro Gandolfo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 52

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