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Il diritto di morire

Il caso di Eluana Englaro

Eluana Englaro aveva ventun’anni il 18 gennaio del 1992 quando, a causa di un incidente automobilistico, entrò in coma. Gli esami dimostrarono la presenza di un’emorragia nell’emisfero celebrale sinistro e lesioni in diverse sedi del cervello. Gli sviluppi successivi non permisero in breve tempo di tramutare le paure in speranze e fu necessario attendere ulteriormente per permettere l’eventuale ripresa delle funzioni celebrali o per sancirne l’irrimediabile mancanza.

Tale intervallo di tempo, per un paziente giovane, fu stabilito essere di due anni, periodo che solitamente intercorre tra la diagnosi di stato vegetativo persistente e la prognosi di stato vegetativo permanente, che è una prognosi purtroppo irreversibile: «si dichiara così l’incapacità di recupero cognitivo, l’impossibilità per il paziente di tornare a uno stato di coscienza. Nel caso specifico di Eluana, il neurologo Carlo Alberto Defanti ha certificato che l’eventualità di un ripristino della coscienza è da escludersi».

Il valore di tale previsione non è ovviamente quello della certezza matematica, che, come abbiamo visto, è praticamente impossibile in campo medico. Esiste invece l’evidenza clinica dei danni celebrali, un danno diffuso e grave nell’encefalo, ed in alcuni casi il grado di certezza di irreversibilità è realmente altissimo. Eluana trascorse i due anni canonici, dal 1 luglio 1992 al 7 aprile 1994, stimolata in tutti i modi possibili, ma nessuno diede i risultati sperati. Nel gennaio 1994 venne sciolta la prognosi definitiva: Eluana non sarebbe più tornata. La medicina si era dovuta arrendere.

La medicina era prontamente intervenuta, doverosamente, a seguito dell’ipotesi dello “stato di necessità”, dato dalla presenza di gravissime lesioni in un paziente in momentanea incoscienza. Tale stato pone la sopravvivenza del paziente come dovere prioritario del medico. La presunzione della medicina non risiede in questi atti, atti altresì dovuti, ma in quello che accade in seguito.

Se lo stato di necessità rientra, quando i parametri vitali tornano nella norma e la persona riprende coscienza, subito potrà firmare o rifiutare il modulo del consenso per procedere con nuove terapie. Se la persona che il paziente era invece non torna, s’innesca una procedura medica e giuridica che nel nostro Paese prevede: nel caso di trattamenti medici ed operazioni chirurgiche a beneficio del paziente non in pericolo di vita si rende necessario il consenso del tutore nominato (art. 357 del Codice civile). Nel caso invece di trattamenti di sostegno vitale, indispensabili alla sopravvivenza del paziente (intubazione, ventilazione meccanica, ecc.), il paziente, incapace di intendere e di volere, perde la possibilità, prevista dalla Costituzione, di rifiutare i trattamenti anche se si era espresso in precedenza, anche in presenza del diniego del tutore, del curatore speciale o di eventuali testimoni.

Si tratta quindi di una “sopravvivenza obbligatoria” giacché il diretto interessato è impossibilitato a esprimersi e ancor più ad intervenire e il tutore o chi ne fa le veci non ha l’autorità legale per pronunciarsi. Procedere, con la discussione, in questa direzione significa affrontare il problema del testamento biologico, il cui esame esula da questa trattazione. Lo stato vegetativo permanente in natura quasi non esiste. La sua origine è pressoché sempre iatrogena: poco meno del 90% di questi casi nascono nei reparti di rianimazione. Capita allora che il rianimatore si prodighi nel rianimare persone i cui danni celebrali sono di una gravità tale da aver già definitivamente compromesso le funzioni di relazione e coscienza.

La vita che resta a queste persone è una vita meramente biologica, priva delle funzioni di coscienza e relazione che, sebbene nessuno possa escluderle con certezza, sono irrimediabilmente pregiudicate nel loro esercizio. Lo stato vegetativo appartiene alla famiglia dei coma, o degli stati neurologici a basso livello, ma non va confuso con nessun’altra condizione che si presenti simile nei sintomi.

Quella di Eluana è una storia che non tocca solo l’ambito della presunta onnipotenza medica, ma va ben oltre, ad aggiungere sofferenza a sofferenza. La vicenda, una volta prognosticato lo stato vegetativo permanente, è passata dall’ambito propriamente medico a quello giuridico. Per dovere di completezza desidero accennare almeno gli ultimi sviluppi. Dopo numerose alterne vicende, con decreto n° 21748/07 la Corte di Cassazione si pronuncia nella direzione di accettare la sospensione e la nutrizione artificiali, resi necessari dall’incapacità della paziente di assumere cibi autonomamente, solo in presenza di due presupposti:

a) “quando la condizione di stato vegetativo sia, in base ad un rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile e non vi sia alcun fondamento medico, secondo gli standard scientifici riconosciuti a livello internazionale, che lasci supporre che la persona abbia la benché minima possibilità di una qualche, sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno a una vita fatta anche di percezioni del mondo esterno;

b) sempre che tale condizione – tenendo conto della volontà espressa dall’interessato prima di cadere in tale stato ovvero dei valori di riferimento e delle convinzioni dello stesso – sia incompatibile con la rappresentazione di sé sulla quale egli aveva costruito la sua vita fino a quel momento e sia contraria al di lui modo di intendere la dignità della persona”.

Nonostante tale pronunciamento della Corte di Cassazione, Eluana dovette attendere non poco perché il processo della sua morte, iniziato ed interrotto molti anni prima, potesse giungere a conclusione. Ciò avvenne la sera del 9 febbraio 2009, presso la clinica “La Quiete” di Udine, dove Eluana Englaro ha cessato di respirare in seguito alla sospensione della nutrizione e dell’idratazione artificiali.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il diritto di morire

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Informazioni tesi

  Autore: Stefano Mentil
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2008-09
  Università: Università degli Studi di Udine
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Filosofia
  Relatore: Luca Grion
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 70

FAQ

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Parole chiave

eutanasia
bioetica
hans jonas
persona umana
stato vegetativo
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