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Il ruolo del sistema nervoso nell'ipertrofia muscolare

L’importanza dei lavori di forza nell’atleta: “educazione neurale” e guadagno ipertrofico

Dunque, allenamenti nel comparto di intensità e carichi tipici della capacità di forza come detto rappresentano una strada che porta ad ipertrofia muscolare; cosa troviamo lungo questa strada? Anzitutto, nelle prime fasi di adattamento in protocolli di forza (studi vengono solitamente condotti su programmi di 8-20 settimane) troviamo evidenti modificazioni neurali che riguardano la frequenza di scarica degli impulsi dei motoneuroni e aspetti più peculiari dei movimenti effettuati, ovvero l’apprendimento motorio (tecnica) dei movimenti specifici richiesti, la coordinazione motoria intra ed intermuscolare (Rutherford & Jones, 1986) e la maggiore attivazione dei muscoli primari che realizzano questi gesti (Hakkinen & Komi, 1983; Moritani & deVries, 1979).

Sempre facendo riferimento al resistance training, infatti, per svolgere programmi di forza la scelta degli esercizi dovrà ricadere su quei movimenti che vanno a coinvolgere grosse masse muscolari ponendo il proprio corpo sotto carichi importanti che il soggetto imparerà a gestire anzitutto da un punto di vista neurale, grazie al quale modulerà poi la sua attività muscolare di movimento vera e propria; da prediligere quindi esercizi multiarticolari che sono sostanzialmente le tre alzate cosiddette “fondamentali” cioè le distensioni con bilanciere su panca piana, lo squat e lo stacco da terra.

Sono gesti che se eseguiti in maniera tecnicamente corretta (vedi l’esecuzione nel powerlifting) richiedono un impegno neurale e muscolare estremo, soprattutto quando si affrontano carichi sempre più a ridosso del 1RM: l’atleta capace di queste alzate deve impartire un impulso coordinato alla sua muscolatura (es. nelle distensioni su panca piana coordinare il pettorale con il tricipite, il deltoide, gli adduttori delle scapole solo per citarne alcuni) per sviluppare la tecnica ottimale e all’interno del nostro corpo questo si riflette nell’attivazione muscolare coordinata (intra ed inter muscolo) tra muscoli motori principali e sinergici e nel rapporto di contrazione agonisti/antagonisti, si manifesta nell’alta frequenza di scarica dei motoneuroni che contraddistingue contrazioni volontarie massime o sub massimali.

La questione è proprio questa: trovarsi nella situazione di dover gestire grossi carichi impone al sistema neurale di organizzarsi, rinforzarsi per affrontare al meglio il gesto che richiede tale grande sforzo, ed è questo ciò a cui dà priorità il nostro corpo. Il processo di adattamento neurale via via stallerà (fisiologicamente) nel medio/lungo termine di questi protocolli e gli ulteriori adattamenti saranno a carico della sfera miogena, rappresentati dall’ipertrofia muscolare (Sale DG, 1988); in fondo ricordiamo sempre la presenza di un forte stimolo meccanico e il concetto citato all’inizio di questa discussione, ovvero la forma segue la funzione, che viene confermato anche in questo caso: un muscolo rinforzerà la sua struttura con un aumento della CSA poiché questo gli permetterà di sviluppare maggiore forza per vincere resistenze sempre maggiori (anche qui, fino al fisiologico punto di stallo).

Questo adattamento miogeno si relaziona con l’attività neurale di attivazione delle fibre: si è visto, tramite studi elettromiografici (Moritani & deVries, 1979) condotti su esercitazioni con sovraccarichi unilaterali delle braccia (che permettono tra l’altro, per effetti neurali, aumenti di forza in percentuali fino al 20-30% anche nel braccio non allenato) che nel braccio allenato parallelamente all’aumento della CSA si osserva una diminuzione dell’attivazione delle unità motorie, un decremento cioè del numero di unità attive e della loro frequenza di scarica, per produrre una data forza rispetto a un momento in cui l’ipertrofia era minore (Figura 5) (Sale DG, 1988).

Questo permette di impegnare in maniera minore il sistema nervoso nel fronteggiare un dato carico, permettendo di “alzare l’asticella” verso nuovi carichi di maggiore entità. Quindi, in ottica di guadagno ipertrofico, un lavoro meccanico inteso come lavoro “di forza” rappresenta una via più lunga rispetto ad un guadagno in termini sarcoplasmatici tipico delle conseguenze di stimoli più metabolici, ma sicuramente anche di maggiore qualità: l’importante coinvolgimento neurale e il guadagno in termini miogeni si completano a vicenda e rappresentano un metodo di formazione completo di un individuo, un atleta, in quanto vengono allenati aspetti (quello neurale, la forza e il lato miogeno) che sono imprescindibili e in stretto contatto.

Nelle programmazioni di allenamento dei nostri giorni anche chi necessita di concentrarsi più su parametri essenzialmente ipertrofici in quanto obiettivi finali veri e propri (come i bodybuilders a cui faccio spesso riferimento per passione personale) hanno bisogno di costruirsi un bagaglio di lavoro a 360°, quindi con ogni metodologia possibile e scegliendo la via più efficace per l’obbiettivo, che si può ottenere curando in maniera importante l’aspetto della forza (visto di “competenza” del powerlifter, dal quale però il body builder potrà prendere ciò che può dargli giovamento e perché no viceversa) e quindi ponendosi e ponendo soprattutto il suo sistema nervoso sotto l’azione di carichi da padroneggiare con controllo e tecnica assoluta per spingersi ad un livello superiore e arrivare al vero limite delle proprie potenzialità; prendo spunto per queste considerazioni da varie ricerche su Internet su siti divulgativi di qualità, es. Project Invictus e articoli di giovani ma assolutamente sapienti, risultati alla mano, preparatori appartenenti ad esempio all’Accademia Italiana della Forza (AIF) con esperienze sia nel bodybuilding che nel powerlifting.

Trovo assolutamente interessante, come viene raccontato per esperienza (senza nessuna pretesa di avere in mano la verità assoluta, solo parlando per vissuto e dati alla mano) negli articoli “Inside bodybuilding: il miglior principiante è il powerlifter” (Brunetti A., 2014) e “Il vero legame tra Forza e Ipertrofia muscolare”(Brunetti A., 2016) (Amerigo Brunetti è un preparatore di powerlifters e natural bodybuilders ed egli stesso atleta in entrambe le discipline, che lavora e scrive per l’AIF), come si evidenzi in maniera precisa la grossa correlazione tra tutto ciò che di neurale vi è in un percorso di “forza”, di sviluppo delle alzate fondamentali, insomma essenzialmente nel mondo del powerlifting e il beneficio che da questo deriva per chi è nell’ottica di guadagno di massa magra e in particolare di ipertrofia miofibrillare (la più qualitativa e funzionale).

Impressionanti i percorsi di alcuni atleti Natural seguiti da Amerigo che sviluppano la capacità di spingere nelle distensioni su panca, nello squat, nello stacco, carichi eccezionali sempre con maggiore tecnica vedendo parallelamente/a lungo termine (il concetto di lungo termine piace poco a chi è completamente preso dai ritmi frenetici dei nostri giorni dove si vuole tutto e subito) dicevo, vedendo cambiamenti corporei strabilianti, eguagliabili solo col doping, ma in termini di prestazioni e per tutto ciò che di negativo concerne il doping, nemmeno lontanamente paragonabili.

Un sistema nervoso allenato in maniera eccellente mantiene comunicazioni nervo-muscolo di assoluta qualità (abbiamo visto prima cosa succede quando questa comunicazione manca o è malfunzionante) permettendo di mantere a lungo questi guadagni ottenuti: è quanto di più importante ed affascinante riesco a trovare nel nocciolo della questione riguardante il rapporto tra sistema nervoso ed ipertrofia muscolare, testimonianze pratiche e tangibili che si possono collegare con evidenze scientifiche, studi a supporto di aspetti più o meno generali di un discorso ampio e complesso ma che si può assolutamente fissare nel fatto che sistema nervoso ed ipertrofia muscolare sono due aspetti strettamente collegati, l’educazione del sistema nervoso alla gestione dei muscoli, di ogni singola fibra, di determinati stimoli e determinate tensioni può essere visto come uno strumento assoluto per plasmare poi il proprio corpo secondo le “leggi” ipertrofiche a 360°: atleti “educati” neuralmente sanno utilizzare ed attivare in maniera coscientemente ed estremamente qualitativa la propria muscolatura (TUTTA la propria muscolatura, con un reclutamento selettivo incredibile) ed ecco perché troviamo personaggi che dedicano le loro settimane di allenamento alle alzate fondamentali con braccia di dimensioni da fare invidia a bodybuilders veri e propri, pur dedicando ad esempio all’allenamento mirato dei muscoli bicipiti non più di 15 minuti a settimana; sono persone in grado di sviluppare una “mind-muscle connection” estrema, ed è per questo che, come dice Amerigo Brunetti nel suo articolo, il miglior principiante per il bodybuilding è il powerlifter, perché egli ha un bagaglio tecnico e di controllo neurale della muscolatura di livello superiore.

La qualità del coinvolgimento neurale crea quel gradino che separa, nella costruzione fisica, il campione dal comune atleta. Giunto però a questo punto del ragionamento, mi sono fermato a pensare se i lavori di forza, col loro coinvolgimento neurale e miogeno, possano essere utili solo per degli atleti, con le loro peculiari necessità, o anche solo per aspiranti tali (perché potremmo trovare ed applicare per essi simili programmi, simili, non uguali) o se abbiano modo di trovare collocazione e impiego con così tanta rilevanza anche in situazioni più “comuni” (sempre in riferimento al trofismo muscolare)… Perché la mia passione personale mi fa pensare “in grande” a modelli di persone che possono trarre benefici dal pieno delle loro potenzialità, estremi sviluppi muscolari, estreme capacità prestative. Ma la realtà è che nel quotidiano la richiesta di avere un buon trofismo muscolare, avere un guadagno in massa magra è un bisogno per la stragrande maggioranza più comune a chi lo fa per sentirsi bene con se stessi, per essere in forma…per mantenersi in forma e mantenere, quello che poi più conta, un buon stile di vita.

Allora ho navigato in internet (dove “tutto” si può trovare) e mi sono chiesto se e chi potesse avere principalmente questo bisogno (senza eccessive pretese atletiche) e potesse trarre beneficio dall’uso di sovraccarichi importanti, sia ben chiaro, importanti è relativo al soggetto, e mi potesse permettere di dimostrare ancora in maniera chiara quanto il trofismo muscolare (e di conseguenza il suo livello superiore, l’ipertrofia) dipenda dalla condizione neurale che il muscolo vede in sé; la risposta è sì, lavori di forza trovano campo di applicazione anche in un ambito più “quotidiano” e diffuso, e in una categoria di soggetti che, ahimè, per il naturale corso della vita a turno comprende ognuno di noi: quella degli anziani.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il ruolo del sistema nervoso nell'ipertrofia muscolare

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Informazioni tesi

  Autore: Valerio Cietta
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Pavia
  Facoltà: Scienze Motorie
  Corso: Educazione fisica e tecnica sportiva
  Relatore: Giuseppe D'antona
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 45

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Parole chiave

ipertrofia
forza
sistema nervoso
atrofia muscolare
ipertrofia muscolare
atrofia
miofibrille

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