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Il lavoro economicamente dipendente: riconoscimenti e prospettive

Il lavoro non subordinato ma sostanzialmente dipendente: le argomentazioni della Corte di Giustizia e i rilievi della dottrina

La decisione della Corte sul caso degli orchestrali si fonda, secondo autorevole dottrina, su un ragionamento lineare: il diritto europeo considera a tutti gli effetti i lavoratori autonomi come imprese, alle quali però non è consentito stipulare accordi che stabiliscano tariffe minime per i loro servizi; non sono invece vietati i contratti collettivi che stabiliscano tariffe minime per il miglioramento delle condizioni dei lavoratori dipendenti. Di conseguenza, il contratto collettivo può considerarsi valido soltanto a condizione che i lavoratori cui si applica non siano per davvero lavoratori autonomi ma debbano considerarsi come falsi autonomi, cioè sostanzialmente dipendenti.

Meno lineare è invece la motivazione nella parte in cui indica il criterio cui il giudice nazionale dovrebbe attenersi per qualificare i lavoratori protetti dal contratto collettivo come “autonomi veri” o “autonomi falsi”, cioè sostanzialmente dipendenti. Al riguardo la Corte richiama la definizione del lavoro subordinato che il diritto europeo ha recepito dagli ordinamenti nazionali, centrata sull'assoggettamento contrattuale pieno della prestazione a eterodirezione.

Qui la Corte richiama la propria giurisprudenza precedente formatasi in riferimento sia al principio della libera circolazione dei lavoratori, articolo 45 TFUE, sia a quello della libera concorrenza tra imprese, articolo 101 TFUE, secondo cui l'elemento individuante la subordinazione non è tanto l'eterodirezione, quanto piuttosto l'eterorganizzazione come condizione che esclude una indipendenza organizzativa del lavoratore e implica la sua incapacità di offrire le prestazioni di servizio direttamente sul mercato ad altri potenziali utenti, assumendone in proprio il rischio imprenditoriale.

Pertanto la Corte individua l'area dei rapporti contrattuali di lavoro che necessitano di una disciplina protettiva nell'insieme dei rapporti di lavoro caratterizzati non principalmente da una dipendenza economica, intesa come dipendenza reddituale, bensì da una dipendenza organizzativa, al contrario di quanto si è affermato negli ordinamenti spagnolo e italiano.

Come rilevato in dottrina, la Corte, con questa decisione, si colloca in posizione sintotica con il parere espresso dal Comitato Economico e Sociale Europeo e con la Raccomandazione OIL n. 198 del 2006. Il primo – come anticipato – sottolinea la necessità che le legislazioni degli Stati membri chiariscano i criteri di distinzione tra lavoro autonomo e subordinato, al fine di evitare una utilizzazione fraudolenta delle tipologie di lavoro, sottraendo così i lavoratori subordinati al regime di maggiore protezione. La seconda mira a promuovere una nozione condivisa di rapporto di lavoro subordinato, nella quale l'eterodirezione è indicata come uno degli indici rivelatori della subordinazione e non come elemento essenziale di essa.

Tuttavia, non avendo le istituzioni europee una piena competenza in ambito giuslavoristico, la nozione di subordinazione delineata dalla giurisprudenza comunitaria ha una valenza normativa limitata alle materie per cui sussiste la competenza comunitaria, e cioè la libera circolazione dei lavoratori e la disciplina della concorrenza. Nondimeno si intravede una tendenza evolutiva comune nelle legislazioni di alcuni Stati membri coerente con la giurisprudenza comunitaria nel senso della valorizzazione dell'elemento della eterorganizzazione in luogo della eterodirezione quale elemento decisivo ai fini della qualificazione contrattuale.

Per quanto riguarda l'Italia, può essere assunto come segno tangibile di questa tendenza evolutiva, il contenuto del decreto legislativo sui tipi contrattuali approvato dal Governo, il quale, sembra aver seguito le indicazioni della Corte, riconducendo nell'ambito di applicazione della disciplina legale del rapporto di lavoro subordinato le collaborazioni organizzate dal committente, anche con riguardo al tempo e al luogo della prestazione, e dunque i rapporti caratterizzati dalla eterorganizzazione, indipendentemente dall'entità del reddito del lavoratore.

Tuttavia, secondo una parte della dottrina, l'elemento della eterorganizzazione appare privo di un'apprezzabile valenza definitoria.

In particolare si sottolinea che una volta esclusa l'identificazione di questo elemento con l'utilizzazione di strumenti forniti dal committente, o con il puro e semplice coordinamento spazio-temporale (inteso quale vincolo di collocazione della prestazione nei locali da lui predisposti e negli intervalli temporali da questo prescelti), emerge che qualche aspetto di coordinamento della prestazione stessa è presente in qualsiasi prestazione caratterizzata dalla continuità e dalla durata nel tempo.

In questa prospettiva si adducono una serie di esempi: è in qualche modo coordinata, e quindi eterorganizzata ma non qualificabile come dipendente, l'attività del medico libero professionista che compie il servizio di guardia sanitaria nell'infermeria di una grande azienda per due ore ogni giorno, oppure quella del ragioniere libero professionista che si reca con regolarità presso un'impresa per curarne la contabilità. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il lavoro economicamente dipendente: riconoscimenti e prospettive

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Informazioni tesi

  Autore: Cecilia Virgilio
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze della Pubblica Amministrazione
  Relatore: Lucia Venditti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 133

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Parole chiave

lavoratori
corte di giustizia
autonomi
parasubordinati
lavoro agile
smart working
economicamente dipendenti

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