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Networks entrance into Rising Economies: L'esperienza dei distretti industriali italiani

L’evoluzione dei sistemi produttivi locali: verso l’apertura internazionale

Dalla seconda metà degli anni ’80 i sistemi produttivi locali hanno mostrato il proprio interesse verso i mercati esteri, focalizzando la propria ricerca, non solo su sbocchi alternativi al mercato locale, ma soprattutto su condizioni di efficienza economica derivanti dalla delocalizzazione produttiva (Canestrino, 2008). Diventare internazionale per un’impresa non è un percorso così semplice: essa infatti è chiamata a delineare strategie complesse in contesti geografici differenti per cultura, storia, sistemi di valore, principi, modelli e norme di comportamento sociale (Sicca, 2001).

Come si è già evidenziato, la crescente globalizzazione dei processi economici ha radicalmente mutato lo scenario competitivo in cui le imprese si trovano ad operare e tale sfida è stata accolta prontamente da alcune imprese distrettuali che possono essere definite delle vere e proprie imprese distrettuali - globali (Camuffo, Grandinetti, 2005). L’internazionalizzazione attiva può esplicitarsi in modalità commerciali, di esportazione e vendita, mediante intermediari e distributori, di beni realizzati all’interno del distretto, o in modalità produttive, tipicamente di delocalizzazione, mediante le quali le imprese distrettuali replicano, in tutto o parzialmente, la propria catena del valore in aree in cui godere di vantaggi di costo, o, viceversa, nelle quali reperire conoscenze e competenze, altrove carenti.

L’internazionalizzazione produttiva solleva interessanti osservazioni circa gli effetti da essa scaturenti per le aree di destinazione degli investimenti, come pure nelle aree distrettuali da cui si origina.
I principali motivi che spingono le imprese distrettuali ad effettuare tali scelte sono la riduzione dei costi di produzione, dovuti alla possibilità di ottenere manodopera ad un prezzo molto basso ed alla possibilità di reperire materie prime in loco ed a basso costo. La presenza, inoltre, di mercati locali in forte sviluppo fa si che le imprese possano integrare facilmente il proprio processo produttivo, stabilendo di volta in volta anche partnership con potenziali concorrenti. Ciò permette, inoltre, di posizionarsi in un mercato in cui vi siano forti agevolazioni fiscali e semplificazioni finanziarie a differenza di quanto accade nel mercato nazionale, in cui invece la tassazione risulta essere molto alta.

E’ possibile differenziare ulteriormente l’internazionalizzazione produttiva in passiva ed attiva. La prima, consiste nell'ingresso di grandi organizzazioni, nazionali ed estere, nei distretti industriali. Spesso le multinazionali si inseriscono in sistemi produttivi locali, al fine di ridurre i costi della produzione attraverso l’esternalizzazione di fasi del processo produttivo, ma un ulteriore motivo che potrebbe spingere quest’ultime è la volontà di generare nuova conoscenza, cogliendo così le opportunità di apprendimento offerte dai sistemi locali. Molti studiosi, risultano però titubanti in quanto la presenza di organizzazioni molto grandi potrebbe dar vita a dei sistemi satellitari dove le conoscenze si trasmetterebbero solo alle imprese connesse direttamente all'impresa di grandi dimensioni. Tale fenomeno può comportare il deterioramento della struttura esistente, andando a gerarchizzare il distretto, ma in alcuni casi, sono stati registrati anche risultati positivi come ad esempio, l'apporto di nuove conoscenze e competenze (Canestrino, 2008).

L’internazionalizzazione passiva del distretto di Mirandola
Il distretto di Mirandola, situato nella zona nord della provincia di Modena, è considerato il più grande polo industriale europeo nel campo biomedicale, specializzato nel settore: renale, cardiovascolare e trasfusionale. Nasce nel 1962, grazie all’opera del dott. Mario Veronesi ed oggi interessa ben sette comuni, quali: Mirandola, Medolla, Concordia, Cavezzo, San Felice sul Panaro, San Possidonio e San Prospero. Il centro biomedicale, contribuisce a quasi il 2% del PIL nazione ed è fortemente attivo sul campo della formazione e della ricerca, grazie a laboratori tecnologici e scientifici attivi presso gli istituti della zona, al fine di formare le competenze adeguate. E’ proprio il processo di spin-off, messo in moto dal distretto, che lo rende uno dei principali centri europei maggiormente attrattivi per gli investimenti esteri. Rappresenta, infatti, appieno ciò che si intende per internazionalizzazione produttiva passiva, data la presenza di cinque grandi multinazionali che guidano il distretto.

Quest’ultime infatti sono considerate il motore trainante del sistema produttivo locale e da sole fatturano circa l’80% del volume d’affari totale. I cinque grandi gruppi sono la Gambro, multinazionale svedese, leader nei prodotti Renal products e nei servizi Renal Healthcare per la cura renale, la B – Braun, compagnia tedesca organizzata in quattro divisioni quali: Hospital Care Division, Aesculap Division, Outpatient Market Division e Medtech Division, la Tyco, compagnia statunitense, attiva nel campo dei Medical Devices, la Fresenius, compagnia tedesca, specializzata nella produzione di prodotti e servizi nel campo della dialisi ed infine la Sorin Group, compagnia italiana, attiva nei settori del ritmo cardiaco, nella chirurgia cardiaca e nella cura vascolare. Il motivo che ha spinto grandi gruppi ad investire nel distretto, è stata la capacità di innovarsi costantemente ed inoltre i livelli di qualità sempre elevati. [Fonte: Belussi, Sammara (2003)]

L'internalizzazione produttiva attiva è un fenomeno del tutto opposto al caso precedente e può determinare in presenza di specifiche condizioni, replicazione del modello distrettuale italiano in un mercato estero.
Una apertura delle imprese distrettuali verso lo scenario internazionale, sul versante produttivo, ha portato in alcuni casi, ad una vera e propria dissoluzione dei distretti, nel territorio italiano, favorendo il trasferimento dell’area produttiva, delle risorse e delle competenze, verso mercati esteri.

Attraverso la delocalizzazione le imprese distrettuali danno il via ad una fase di riorganizzazione, incentivata non solo dalle opportunità di riduzione dei costi, come rilevato ma anche dalla possibilità di prendere parte ad un processo di apprendimento inter-organizzativo. Al fine di comprendere al meglio il fenomeno, è opportuno prendere in considerazione due dimensioni, che si presentano quando vi è una replicazione della formula distrettuale, quali l’interazione tra i sistemi distrettuali, che permette il trasferimento delle risorse cognitive tra i sistemi territoriali ed il grado di replicazione del distretto industriale, nel nuovo mercato. […]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Networks entrance into Rising Economies: L'esperienza dei distretti industriali italiani

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Informazioni tesi

  Autore: Teresa De Falco
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli studi di Napoli "Parthenope"
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia aziendale
  Relatore: Rossella Canestrino
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 101

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