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Le Relazioni economiche tra Italia e Libia dal secondo dopoguerra al regime di Gheddafi (1947-2012)

I Rapporti tra Italia e Libia: dalla Colonizzazione al Patto di Amicizia (1911-2008)

Il 1956 fu l’anno della ripresa degli accordi tra l’Italia e la Libia, interrotti, come già visto, con lo scoppio del secondo conflitto mondiale, dopo un quarantennio di colonizzazione italiana. In quell’anno venne siglato il trattato italo-libico, un accordo di collaborazione economica e riconoscenza, da parte di Roma, dell’indipendenza libica. L’Italia si impegnò a corrispondere 5 milioni di sterline come contributo alla ricostruzione economica; in cambio, come previsto dall’articolo 9, la permanenza della comunità italiana e il libero godimento dei beni degli stessi. Venivano riconosciute inoltre ai sensi dell’articolo 7 una serie di proprietà, quali edifici e strutture, per l’esercizio delle funzioni diplomatiche e consolari; il trattato scagionava, infine, l’Italia dalle colpe derivanti dai danni arrecati dal colonialismo.

Gli anni ‘60 portarono un miglioramento della situazione economica nel paese africano: la scoperta del petrolio, in particolare, resa possibile anche dall’intervento dell’Eni, intensificò le relazioni tra due paesi dal 1966; secondo un rapporto dell’ambasciatore francese a Roma, l’Italia in quell’anno intervenne nel territorio con opere di costruzione per il valore di 72,675 milioni di dollari, di cui solo 40 per la costruzione della rete stradale. Gli scambi commerciali tra i due paesi, sempre secondo lo stesso rapporto, costituivano l’1,38% del totale degli scambi del paese italiano.20 In quel periodo vi era stato infatti un incontro tra il Ministro degli Affari Esteri Amintore Fanfani e il collega libico Ahmad al-Bishti nella capitale italiana in cui si riconobbe l’apporto dell’Italia in Libia e l’importanza per la stessa dei rapporti con il nostro paese, oltre che della comunità italiana presente sul territorio nordafricano.

La fine degli anni ‘60 è quindi il periodo del consolidamento di un rapporto di cooperazione reciproca, che sembrava essere destinato a durare nel lungo termine senza intralci, forte dell’amicizia instaurata tra i due governi e della cancellazione del ricordo dei conflitti passati.
Tuttavia, come sappiamo, nel 1969 la monarchia venne rovesciata con il colpo di Stato, al seguito del quale fu instaurata la prima Repubblica araba di Libia del colonnello Gheddafi.

Il nuovo capo di Stato manifesta inizialmente l’intenzione di mantenere vivi i rapporti con l’Italia: infatti, per espressa volontà del Raìs, si salvarono dalla confisca le aziende di proprietà di Fiat ed Eni; È importante sottolineare che in quel periodo l’Eni non era ancora l’ente petrolifero di maggior importanza operante sul suolo libico, ma forniva un importante contributo in campo di ricerca e sviluppo dell’industria petrolifera, grazie alle competenze distintive di tipo tecnico e tecnologico di cui l’Ente Nazionale Idrocarburi disponeva; l’Italia era infatti uno dei maggiori importatori di petrolio e gas libico, prima fonte di guadagno per il governo di Tripoli.
Tuttavia, dal 1970, furono confiscate tutte le proprietà dell’Italia, e ripresero le rivendicazioni per i danni causati dal colonialismo; furono allora chiesti 165 miliardi di lire come risarcimento.

Nel contempo però, in modo totalmente contraddittorio, ebbe inizio un dialogo tra Roma e Tripoli in materia di forniture e scambi tra i paesi.
Se quindi, sul piano diplomatico, ebbe inizio un conflitto, le relazioni economiche si intensificarono per tutti gli anni ‘70 da entrambe le parti: l’Italia si impegnò, per opera dell’allora ministro degli esteri Aldo Moro, nella fornitura di manodopera e nella realizzazione di opere pubbliche e bonifiche, oltre a diventare il primo fornitore di armi, in cambio di vantaggi nella fornitura di petrolio, che allora costituiva un quinto delle importazioni totali italiane.

Dall’altra parte la Libia investì i propri capitali, peraltro provenienti dalle esportazioni in Italia, nella finanza italiana stessa: nel dicembre 1976 la Lybian Arab Foreign Bank investiti 400 milioni di dollari per l’acquisto del 9,09% del capitale azionario di Fiat, per poi aumentare successivamente la quota al 13,04%; tale rapporto si concluse con la liquidazione per ben 2,12 miliardi di dollari nel 1986, per poi riprendere nel 2002 con l’acquisto del 2% delle quote del colosso italiano.
Al 2011 la Libia deteneva più del 7% del capitale di Unicredit, mentre nei primi anni del 2000 possedeva il 7,5% delle quote del capitale di Juventus Football Club, quota scesa all’1,5% a seguito della crisi libica.

Nonostante questi dati lascino pensare a una collaborazione senza ostacoli tra il nostro paese e la Libia, occorre ricordare che Gheddafi era anche un uomo dai valori solidi, e, forte dell’importanza che Tripoli aveva per Roma, continuò per tutto il resto del secolo a reclamare il risarcimento per i danni subiti dai coloni e dai fascisti. I rapporti, inoltre, sebbene crescessero a livello economico, si logoravano sul piano politico: l’Italia infatti, negli anni 90 si era trovata in una situazione sfavorevole, a seguito dei conflitti iniziati tra il paese del Nordafrica il governo Reagan, in quanto alleata degli Stati Uniti e dei paesi occidentali, ma con profondi interessi in Libia, dei quali si è già ampiamente discusso.

Da un lato, infatti, il mancato appoggio alla strategia di Reagan di isolare il paese interrompendo i rapporti commerciali, dall’altro, si era alleata con occidente nella lotta al terrorismo, di cui proprio la Libia era protagonista; questa situazione portò in seguito il governo Craxi all’interruzione delle forniture di armi, di cui, come già ribadito, lo Stato europeo era primo importatore.
È facile prevedere quindi, che l’Italia si propose come mediatore tra le due potenze, ma la riconciliazione fu resa sempre più difficile dalla serie di attentati terroristici succedutisi a partire dalla fine degli anni ‘80, in aggiunta alla continua, insistente e intransigente richiesta del Raìs di risarcimenti.

Quest’ultimo problema fu risolto solo nel 1998, a seguito di una lunga trattativa, avviata dal presidente Bettino Craxi e conclusa quasi un decennio dopo dal ministro degli esteri Lamberto Dini, con la firma del Comunicato Congiunto. In tale occasione il governo italiano ammise i propri crimini, come da volontà del leader africano, e si impegnò a “risolverne quanto possibile gli effetti”.
A tal fine si impegnava a risarcire le famiglie delle vittime e bonificare campi minati rimasti da cinquant’anni prima, oltre che a restituire tutti beni sottratti in quel periodo; in cambio, la Libia avrebbe cancellato ogni pretesa in favore dell’alleanza tra i due paesi. Per quanto riguarda i rapporti ostili tra USA e Libia occorrerà aspettare dapprima il 1999, quando l’Italia chiese e ottenne la cancellazione dell’embargo da parte dell’Onu nei confronti della Jamairihiyya, e quindi il 2004, quando il dittatore fu invitato a Bruxelles dall’allora presidente dell’Unione Europea Romano Prodi, ove i due discussero principalmente dei rapporti tra l’UE e i paesi dell’Africa Mediterranea.

La riappacificazione con Occidente, diede tuttavia maggior forza al leader libico, che tornò nuovamente sulla questione dei danni di ormai cent’anni prima, a fronte del calo dell’intensità dei rapporti commerciali tra i paesi delle due sponde del Mediterraneo.

Infatti, la Russia era diventata, a seguito di un accordo firmato in quel periodo, primo fornitore Italiano di petrolio e gas, mentre la Libia aveva ripreso i rapporti commerciali con gli altri paesi occidentali. Questa lunga e prolissa situazione trova finalmente conclusione nel 2008 con il Trattato di Amicizia, Partenariato e Cooperazione firmato a Bengasi il 30 agosto tra Mu’ammar Gheddafi e Silvio Berlusconi.

Questo brano è tratto dalla tesi:

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Informazioni tesi

  Autore: Michele Grieco
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2015-16
  Università: Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia aziendale
  Relatore: Gianpiero Fumi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 43

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