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Comunicare la responsabilità sociale - Il case Nestlé in Australia

Quando il meccanismo di reputazione funziona

L'efficacia del meccanismo della reputazione non solo dipende dalla quantità d’informazioni disponibili sulle performance in materia di RSI, ma è ancora più efficace se una buona reputazione è collettivamente premiata ed una cattiva reputazione collettivamente punita. E questo dipende, come si diceva, dalle reazioni dei vari tipi di stakeholders sul mercato del lavoro, del consumo e del capitale. Altri fattori che fanno funzionare o meno il meccanismo di reputazione sono, ovviamente, l'orizzonte temporale dell’impresa e la configurazione del mercato.

In quei settori che si avvicinano a mercati perfettamente competitivi, ad esempio, il meccanismo di reputazione può anche non essere necessario, perché questi mercati non sono soggetti ad informazione imperfetta e le aziende agiscono maggiormente in anonimato a causa del gran numero di imprese concorrenti (Graaand & Smid, 2004). Per i monopoli, il meccanismo di reputazione probabilmente potrebbe essere relativamente debole, perché esso funziona solo se gli stakeholders possono punire l'azienda.

Poiché i consumatori non hanno alcuna alternativa, il costo di boicottare l'azienda può essere molto alto per loro. Il beneficio netto di una buona reputazione per un'azienda monopolistica è quindi minore che per una società non monopolistica nel mercato dei consumatori. La trasparenza potrà probabilmente anche essere più bassa, perché ce n’è meno bisogno. Inoltre, siccome gli investitori fanno fronte ad un minor rischio di boicottaggi dei consumatori, sono meno inclini a reagire ai cambiamenti della reputazione dell’impresa (Graaand & Smid, 2004). Solo sul mercato del lavoro i dipendenti sono ancora in grado di premiare o punire i monopolisti per la loro reputazione.

Nel caso di concorrenza monopolistica lo scenario invece cambia. A causa del gran numero di imprese in questo tipo di mercaro, il rischio di essere danneggiati da azioni condotte da ONG è relativamente basso, mentre sarà più rilevante nei mercati oligopolistici. Qui la concorrenza è evidente e le imprese diventano facilmente preda delle ONG. Inoltre, le imprese in questi tipi di mercati sono di norma abbastanza grandi. Di conseguenza, questo sembra essere il mercato in cui l'investimento richiesto in reputazione è più grande.

Controllo o laissez –faire?
E’ chiaro a questo punto che la forza del meccanismo della reputazione dipende da molti fattori: il funzionamento delle ONG, la trasparenza e l'orizzonte temporale dell’impresa, il comportamento dei dipendenti, dei consumatori e degli investitori e la configurazione del mercato. In generale, si può dire che il funzionamento del meccanismo della reputazione è piuttosto debole. Quindi potrebbe avere un effetto correttivo -senza necessità d’intervento da parte dei governi – nel processo di risoluzione di un conflitto.

Oppure potrebbe funzionare solo per le grandi imprese che operano in mercati oligopolistici e mercati caratterizzati da concorrenza monopolistica. Ma quanto è possibile limitare l’intervento del governo solamente ad alcune configurazioni di mercato. Possiamo concludere dicendo che nella maggior parte dei casi un intervento legislativo è necessario, soprattutto per vigilare sulla trasparenza delle aziende. Se il governo conducesse le aziende ad essere più trasparenti, si potrebbe avviare un processo continuo di miglioramento del meccanismo di reputazione (Fig. 3.3).

Un sistema di leggi ben ordinato aiuterà anche gli operatori privati a determinare quale tipo di comportamento debba essere premiato o punito. Guido Palazzo, Professore di Etica Aziendale presso l'Università di Losanna ed autore di numerosi articoli in materia di RSI, con il suo collega Scherer (2006), sostiene che, al giorno d'oggi una parte dei governi, i consumatori e le ONG svolgono un ruolo importante nel controllo del mercato. In generale, la cosiddetta "globalizzazione dal basso" (Beck, 2000, citato in Palazzo & Scherer, 2006) descrive la potenza crescente di attori della società civile nell’influenzare i processi decisionali dei governi e delle aziende.

Nel capitolo 1, sia le aspettative dei consumatori che la pressione delle ONG sono già state riconosciute come drivers della RSI. Anche internet - così come gli altri media - sta forzando una maggior trasparenza dei comportamenti delle imprese. Inoltre, secondo gli autori, "il considerare le norme giuridiche e morali nazionali come punto di riferimento per la legittimazione aziendale sta diventando una vera e propria sfida resa difficile dall’avvento della globalizzazzione" (Palazzo & Scherer, 2006, p 13.).

Fuori dai confini nazionali, una molteplicità di esigenze legali e morali pongono le imprese di fronte ad aspettative contraddittorie. Queste ultime ed altre questioni transnazionali devono essere regolamentate da organizzazioni internazionali multi-stakeholders (ad esempio organismi delle Nazioni Unite) attraverso iniziative come il Global Reporting o altre. I governi nazionali e le istituzioni sono quindi influenzati da questi enti super-parties, mentre le normative locali - "hard law" - sono sempre più guidate da strumenti normativi non vincolanti “soft law”.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Comunicare la responsabilità sociale - Il case Nestlé in Australia

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Informazioni tesi

  Autore: Giorgia Castriota
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2010-11
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia e Management - Marketing
  Relatore: Carlo Alberto Pratesi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 205

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