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La televisione come istituzione ideologica culturale

La televisione: più che un mezzo di comunicazione

Questo capitolo sarà interamente dedicato alla televisione. Attraverso le parole di illustri sociologi quali Pierre Bourdieu, Karl Popper e John Condry (1939-1993); lo scritto cercherà di mostrare l'influenza del piccolo schermo sul mondo, e le implicazioni che ha sulla vita dell'essere umano. Per mostrare il potere di creare realtà dell' apparecchio televisivo, si è preferito utilizzare la tagliente dialettica degli autori proposti, che meglio riusciranno a descrivere la dinamica centro dello studio dell'elaborato.

“Penso infatti che la televisione, attraverso i vari meccanismi che mi propongo di descrivere in forma abbreviata - un analisi approfondita e sistematica avrebbe richiesto assai più tempo - faccia correre un gravissimo pericolo alle diverse sfere della produzione culturale - arte, letteratura, scienza, filosofia, diritto. Credo inoltre che, contrariamente a quanto pensano e dichiarano, in piena buonafede probabilmente, i giornalisti più avvertiti e consapevoli delle loro responsabilità, la televisione faccia correre un pericolo altrettanto grave alla vita politica e alla democrazia.” (Bourdieu, 1997, p. 7)

Così inizia l'intervento di Pierre Bourdieu, sociologo francese, nelle due trasmissioni realizzate nell'ambito di una serie di lezioni del collège de France e diffuse dalla rete Paris première, da cui è trascritto il testo “Sulla televisione” (1997).
Come prima cosa è fondamentale esplicitare le condizioni in cui normalmente si è portati a parlare in televisione:
a) Il tempo è limitato.
b) L'argomento del discorso è imposto.
c) C'è sempre un presentatore che ha il compito, nonché l'obbligo di “richiamare all'ordine”, in nome della morale, della tecnica, della decenza, del “pubblico-che-non-ci-capirà-nulla”. Implicitamente si indica il fatto che il conduttore ha il potere di dare parola ma anche di toglierla a suo piacere. (ne parleremo in seguito in questo capitolo)

Ma perché, allora, in queste condizioni, tanti accettano di partecipare alle trasmissioni televisive? Accettando di partecipare senza preoccuparsi troppo di sapere se si potrà dire qualcosa, lascia chiaramente filtrare che non si è lì per dire qualcosa, ma per figurare, per essere “ben visti”. L'accesso alla televisione ha come contro partita una fortissima censura, una perdita di autonomia legata appunto alle condizioni imposte dalla struttura (sopra citate), che rendono davvero minime le possibilità che si possa condurre il dialogo televisivo verso qualcosa di rilevante.

Mentre è sicuramente già noto il controllo politico (il primo capitolo è servito per mostrare il controllo politico tramite l'ideologia che si propaga grazie agli Apparati ideologici di Stato) e la censura economica, la quale ha spesso la maggior incidenza sulla televisione, Bourdieu decide di sottolineare anche l'esistenza di una forte autocensura (legata a principi morali, del buon senso, ecc.) a cui gli individui si sottopongono per forma conscia o inconscia, quindi senza che ci sia bisogno di richiamarli all'ordine: la censura invisibile.

A livello strutturale, invece, si denota che la denuncia degli scandali dell'uno o dell'altro personaggio pubblico di turno, o dei guadagni esorbitanti di altri, contribuiscono a distogliere l'attenzione dall'essenziale, nella misura in cui la corruzione delle singole persone maschera quella sorta di corruzione dell’intero meccanismo, mosso da interessi legati principalmente alle quote di mercato. […]

Questo brano è tratto dalla tesi:

La televisione come istituzione ideologica culturale

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Giudici
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2016-17
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Scienze e Tecnologie Informatiche
  Corso: Scienze politiche e delle relazioni internazionali
  Relatore: Enzo Colombo
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 69

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Parole chiave

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bourdieu
ideologia
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istituzione ideologica culturale
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