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La protezione internazionale delle donne dagli atti di tortura

La tortura nei confronti delle donne commessa su basi discriminatorie

La tortura contro le donne si radica in una cultura globale che nega loro gli stessi diritti degli uomini e che legittima l'appropriazione violenta del corpo delle donne per gratificazione individuale o per fini politici.

Nonostante i passi avanti compiuti dalle donne nell'affermare i loro diritti, queste continuano in tutto il mondo ad essere vittime di atti di tortura. La tortura contro le donne, spesso, si compone della discriminazione basata sulla razza, sull’appartenenza a un determinato gruppo etnico, sull’orientamento sessuale, sullo stato sociale, la classe di appartenenza e l’età.

Nella maggior parte dei paesi, il retroscena razziale, etnico o religioso delle donne, le rendono particolarmente indifese di fronte ad atti di tortura o maltrattamento. Quando atti di tortura o maltrattamenti crudeli, inumani o degradanti sono basati su di una discriminazione, rappresentano senza dubbio una violazione della Convenzione contro la tortura, nella misura in cui ai sensi dell’art. 1, il termine tortura indica anche un atto commesso per “qualsiasi altro motivo fondato su qualsiasi forma di discriminazione”.

Talvolta, la violenza contro le donne rappresenta un atto di tortura per i gravi danni inflitti ad esse, perché alimenta questa discriminazione e la rinforza.
Nel caso Prosecutor c. Delalic la Camera di primo grado del Tribunale penale internazionale per l’ex Jugoslavia ha affermato che: "the purposes of the rapes committed by Hazim Delić were, inter alia, to obtain information about the whereabouts of Ms. Ćećez’s husband who was considered an armed rebel [...] the violence suffered by Ms. Ćećez in the form of rape, was inflicted upon her by Delić because she is a woman. This represents a form of discrimination which constitutes a prohibited purpose for the offence of torture".

In alcuni casi, gli atti di tortura impersonano la discriminazione di genere perché commessi con l’obiettivo di colpire l'identità sessuale della vittima. A rendere più grave e seria la questione della discriminazione nei confronti della donna è il convincimento di una parte della società del suo stato inferiore rispetto all’uomo.

Il crimine di tortura che ha ad oggetto la “discriminazione sessualizzata” tende ad umiliare e sminuire il ruolo della donna nella società; la maggior parte di questi crimini purtroppo si basa su stereotipi connaturati alla vita quotidiana della comunità dove vengono commessi. La Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna stabilisce che gli Stati devono prendere le misure necessarie al fine di: "modificare gli schemi e i modelli di comportamento socio-culturale degli uomini e delle donne e giungere alla eliminazione dei pregiudizi e delle pratiche consuetudinarie o di altro genere, che siano basate sulla convinzione dell’inferiorità o della superiorità dell’uno o dell’altro sesso o sull’idea di ruoli stereotipati degli uomini e delle donne" (art. 5(a)). A differenza della CEDAW, la CAT non fa alcun riferimento ai ruoli stereotipati degli uomini e delle donne.

Tuttavia, il Comitato contro la tortura ha insistito sul fatto che la Convenzione contro la tortura contiene obblighi impliciti per affrontare gli stereotipi di genere. Secondo il Comitato CAT, l’art. 2 (1) impone agli Stati parti di affrontare stereotipi di genere come parte degli sforzi degli Stati per impedire che siano commessi atti di tortura.

Il Comitato contro la tortura nel suo “Commento generale n. 2” per l’implementazione dell’art. 2 della CAT, ha sostenuto che gli Stati parti devono garantire che le loro leggi nazionali siano applicate a tutte le persone, indipendentemente dalla razza, dal colore, dall’etnia, dall’età, dal credo religioso o dall’affiliazione, dall’opinione politica o altro, dal sesso, dall’orientamento sessuale o da qualsiasi altra condizione o distinzione sfavorevole.

Il Comitato rileva come spesso i rapporti degli Stati mancano di specifiche informazioni sull'attuazione della Convenzione per quanto riguarda le donne. Egli sottolinea che il genere, che si interseca con altre caratteristiche di identificazione, quali la razza, la religione, l’orientamento sessuale, è il motivo per il quale le donne sono oggetto o a rischio di tortura o di maltrattamenti.

I contesti in cui le donne sono a rischio includono la privazione della libertà, cure mediche, in particolare relative decisioni riproduttive, e violenza da parte di attori privati nelle comunità e nelle case. Le donne e le ragazze possono essere soggetti a violazioni della Convenzione sulla base della loro non conformità con i ruoli di genere socialmente determinati.

Gli Stati parti devono, quindi, garantire la protezione delle donne che rischiano di essere torturate, attraverso la piena persecuzione e punizione di tutti gli atti di violenza e di abuso contro le donne. Essi devono anche descrivere le difficoltà incontrate nel prevenire la tortura o maltrattamenti contro le donne, tenendo conto delle forme generali e particolari che tale tortura e maltrattamenti possono assumere. Il Comitato raccomanda agli Stati, altresì, di eliminare la discriminazione sul lavoro e sensibilizzare la propria società a rispettare le donne e il loro ruolo, promuovendo la loro assunzione nei diversi settori lavorativi.

Nella Raccomandazione generale n. 19, adottata dal Comitato CEDAW, il cui tema è “violenza contro le donne”, incentrata sulla violenza legata alla differenza di genere, il Comitato afferma nel paragrafo 6 che la discriminazione include: "gender-based violence, that is, violence that is directed against a woman because she is a woman or that affects women disproportionately. It includes acts that inflict physical, mental or sexual harm or suffering, threats of such acts, coercion and other deprivations of liberty".

È evidente che questi atti costituiscono atti di tortura ai sensi dell’art. 1 della Convenzione contro la tortura. Infatti, il Comitato specifica che tali atti di violenza possono violare non solo la Convenzione in esame ma anche gli obblighi incombenti sullo Stato sulla base del diritto internazionale generale e pattizio sui diritti umani (par. 8).

La Raccomandazione specifica come la violenza basata sul genere compromette il godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte delle donne ai sensi del diritto internazionale generale e delle convenzioni internazionali. Questi diritti e libertà includono il diritto a non essere sottoposto a tortura o a pena o trattamento crudele, inumano e degradante (par. 7, lett. b).

La Raccomandazione in esame contiene anche i commenti del Comitato sugli articoli della Convenzione. Rileva il commento inerente gli stereotipi di genere in cui si afferma che, a causa della convinzione della subordinazione della donna all’uomo, la violenza contro le donne è diffusa e si manifesta attraverso abusi, aggressioni con l'acido e la circoncisione femminile. L'effetto di tale violenza sulla integrità fisica e mentale delle donne è di privarle del godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali, violando non solo la CEDAW ma anche la CAT, qualora tali atti di violenza siano tali da essere ritenuti maltrattamenti crudeli, inumani o degradanti o tortura.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La protezione internazionale delle donne dagli atti di tortura

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Informazioni tesi

  Autore: Alessandro Toran
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2013-14
  Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Relazioni Internazionali ed Analisi di Scenario
  Relatore: Rita Mazza
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 80

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Parole chiave

diritti umani
tortura
prevenzione della tortura
convenzione contro la tortura
divieto di tortura
pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti
tortura contro le donne
i casi di tortura
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