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Il nuovo Laocoonte: il cinema e le arti figurative della contemporaneità

Il cinema audiovisivo: una sintesi di linguaggi diversi

Da quanto detto si può desumere facilmente quale sia l’atteggiamento di Ejzenstein nei confronti delle due innovazioni che caratterizzano il cinema audiovisivo, ovvero il suono e il colore, contro cui Arnheim tanto duramente si era schierato.
Per quanto riguarda il suono, Ejzenstein in realtà si era già pronunciato su quello che sarebbe stato il futuro del cinema sonoro nel 1928, quando aveva scritto insieme a Pudovkin e Aleksandrov una Dichiarazione in proposito.
In questo testo, dopo aver definito il suono come un’arma a doppio taglio, essi cercano di prevederne le linee di sviluppo e ipotizzano che inizialmente vi sarà lo sfruttamento commerciale dei film parlati, nei quale la registrazione del suono avviene sul piano naturalistico, in modo da soddisfare la curiosità del pubblico; questo primo periodo, poi, sarà seguito da un altro caratterizzato da un’utilizzazione automatica del sonoro per drammi di alta cultura o altre rappresentazioni di tipo teatrale semplicemente fotografate e sarà questo uso del sonoro a risultare letale per la cultura del montaggio.
Egli sostiene che, poiché solo l’utilizzazione contrappuntistica del suono in relazione al pezzo di montaggio visivo può offrire nuove potenzialità di sviluppo e perfezionamento del montaggio, i primi lavori sperimentali con il suono devono essere indirizzati verso una decisa non coincidenza con le immagini visive e prosegue sostenendo che la sincronia naturalistica dev’essere concepita come uno dei molti modo in cui suono e inquadratura visiva possono essere legati, ma non come quello fondamentale. In seguito, però, egli modificherà almeno in parte queste sue previsioni.
Infatti, già a metà degli anni ’30, quando compone la Teoria generale del montaggio, sostiene che il suono non è un elemento estraneo al mondo cinematografico che vi viene introdotto all’improvviso, ma rappresenta qualcosa di organico, che si pone come ulteriore sviluppo di tratti e principi già presenti nella struttura espressiva dell’immagine cinematografica; e afferma che già nel cinema muto, e in particolare nel Potemkin molte cose erano state concepite in termini audiovisivi, e secondo i diversi aspetti di utilizzazione del suono.
In particolare, proprio il Potemkin è ritenuto da Ejzenstein il primo film in cui vi è un’unione organica tra immagine visiva e sonora, che non dipende dal fatto che la musica fosse stata creata apposta per il film, ma piuttosto dalle modalità con cui viene scritta, le stesse che oggi si utilizzano per scrivere una colonna sonora: cioè con una collaborazione tra regista e compositore, e aggiunge come spesso ancora oggi, nonostante il sonoro sia ormai una realtà ineliminabile, spesso la musica rimane accanto al film e non è compenetrata in esso.
Il sonoro è poi considerato uno strumento fondamentale per superare il rischio di disgregazione interna che corre il montaggio nel suo tentativo di realizzare le sue due funzioni, di racconto e di generalizzazione ritmica del racconto, in quanto egli osserva come in generale la rappresentazionalità e il ritmo sono in conflitto, poiché mentre la prima richiede una durata sufficiente, il secondo richiede un taglio microscopico. Il dispensamento del pezzo di montaggio dalle sue funzioni ritmiche temporali è una delle principali innovazioni che il film sonoro è stato in grado di produrre; col montaggio sonoro, inoltre, si assiste al massimo della generalizzazione.
Considerazioni analoghe a quelle fatte per il sonoro vengono fatte per quanto riguarda il colore, il quale ha la stessa importanza dell’avvento del sonoro, sebbene non venga riconosciuto dalla maggior parte degli individui: esso non rappresenta un semplice arricchimento rispetto ai mezzi che caratterizzano il cinema audiovisivo, ma è una componente fondamentale che contribuisce alla perfetta integrazione del tutto. Anzi Ejzenstein ritiene che “l’autentica sincronia del suono e della rappresentazione, e quindi il nervo principale del montaggio nel film sonoro, si risolve con il colore”; e ancora che il colore è “il presupposto indispensabile per raggiungere un’autentica e piena sincronia interna tra immagine sonora e immagine visiva, tra suono e rappresentazione, in quanto campi espressivi distinti.
Ejzenstein, però, si oppone a una corrispondenza assoluta tra suono e colore, per cui a un tono dell’uno debba necessariamente corrispondere la tonalità dall’altro, poiché la via dell’integrazione è comunque sempre quella dell’immagine, per cui Ejzenstein intende quanto vi è di psicologico, e di volta in volta variabile in un dato contesto o sistema concettuale.
La mancanza di una corrispondenza assoluta poi, non è una limitazione per l’arte, in quanto da un lato è un continuo stimolo a cercare in ciascun sistema di immagini nuovi casi d’integrazione di suoni e colori, dall’altro una trama di associazioni definitive sarebbe estraneo alla stessa natura dell’arte.
Infatti, ”[…] compito dell’arte consiste anche nel tracciare nuove rotte nel campo della conoscenza della realtà, creando nuove catene di associazioni sulla base di quelle già esistenti ”. L’analisi del testo di Ejzenstein sembra confermare la sua tesi di partenza, ovvero il fatto che il cinema sia l’arte sintetica per eccellenza, in quanto in esso si riscontra una perfetta integrazione tra vari ambiti, che sono quelli del colore, della musica, delle immagini e dei pensieri. Questo comporta inevitabilmente un superamento, se non una totale confutazione, del paradigma laocoontico; in realtà esso è ancora oggi oggetto di discussione, ma i nuovi sviluppi che l’arte contemporanea ha prodotto sembrano continuare nella prospettiva aperta da Ejzenstein, verso un’integrazione totale dei diversi linguaggi artistici.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il nuovo Laocoonte: il cinema e le arti figurative della contemporaneità

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Informazioni tesi

  Autore: Silvia Favaro
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2003-04
  Università: Università degli Studi di Milano
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Scienze umanistiche per la comunicazione
  Relatore: Elio Franzini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 65

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