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L'evoluzione del concetto di DANNO DA VACANZA ROVINATA secondo la norma e la giurisprudenza

Dal danno da vacanza rovinata alla tutela aquiliana del tempo libero

Si è anticipato che la lesione di una vacanza, in quanto bene a sé, può ben concretizzare violazione del diritto irrinunciabile del lavoratore, autonomo o subordinato, alle ferie, sancito dall'art. 36, 3° comma, Cost., e volto a consentirgli di riacquistare le energie psicofisiche necessarie per lo svolgimento della propria attività e di partecipare più incisivamente alla vita familiare e sociale. E questa considerazione dischiude interessanti prospettive di tutela del cittadino, inducendo a chiedersi se il diritto al risarcimento del danno possa essere riconosciuto ad un soggetto, lavoratore subordinato o autonomo, il quale è stato costretto a rinunziare alla vacanza per causa imputabile ad altri: emblematico il caso di chi, rimasto vittima di un incidente stradale causato dall'altrui imperizia, abbia trascorso il tradizionale periodo di ferie estivo ricoverato in clinica o nella propria abitazione anziché al mare.

La risposta positiva alla risarcibilità del danno al di fuori della stipulazione di un contratto di viaggio organizzato è agevole ove si aderisse alla tesi che, configurando la vacanza come bene giuridico (art. 810 c.c.) suscettibile di autonoma valutazione economica in base al mancato guadagno durante il periodo di ferie non godute, qualifica il danno conseguente alla sua lesione come patrimoniale: ma questa concezione è ormai respinta dalla prevalente giurisprudenza e dalla Corte di Giustizia, che invece ritengono il danno in questione non patrimoniale.

Sicché non resta che esplorare i margini di una tutela aquiliana del tempo libero. Benché il punto meriti approfondimento, lo stesso art. 36, 3° comma, Cost., indurrebbe a ritenere quanto meno il diritto al godimento della vacanza di un lavoratore, diritto assoluto tutelabile in via aquiliana, e non soltanto in quanto diritto di credito nei confronti dell'organizzatore, la cui fonte è il contratto di viaggio. Il che però, beninteso, non equivale affatto a riconoscere in termini assoluti una tutela aquiliana del tempo libero, estesa cioè anche ai casi in cui la vacanza è compiuta da chi non lavora (studenti, disoccupati, pensionati) e non può perciò tecnicamente ritenersi titolare di quel diritto alle ferie sancito dalla Costituzione: è infatti proprio quest'ultimo diritto fondamentale della persona che, nei limiti prospettati, dà fondamento a quella salvaguardia.

Affinché la giurisprudenza e la dottrina riconoscesse il c.d. danno da vacanza rovinata, occorre partire dal principio comparando il medesimo oggetto di tesi con la tutela aquiliana in quanto, quest'ultimo concetto, è stato determinante ai fini del riconoscimento degli interessi morali (ossia non patrimoniali). Definire anzitutto gli atti illeciti faciliterà, in questo caso, la cognizione del pensiero di "danno ingiusto". In generale, si suole ritenere che è lecito tutto ciò che per l'ordinamento non è illecito e, a norma dell'art. 1343 c.c., un atto è illecito quando è contrario a norme imperative, all'ordine pubblico e al buon costume. Gli atti illeciti, svolgono la funzione di prevenzione e/o riparatoria.

Ben può accadere, tuttavia, che vi siano degli atti, che, pur essendo difformi dalla legge non sono illeciti: è il caso degli atti che derogano norme dispositive. In questo caso, per valutare l'atto occorre esprimere non solo un giudizio di liceità, ma anche di meritevolezza, ovverosia, occorre andare a vedere se, alla luce dei principi fondamentali del nostro ordinamento e dei valori che lo caratterizzano, l'atto è degno di tutela. Il giudizio di liceità pertanto, rileva ai soli fini della responsabilità, sia essa contrattuale, ovverosia derivante da un preesistente rapporto obbligatorio, che extracontrattuale, ovverosia derivante da un fatto umano (doloso o colposo) a prescindere dalla preesistenza di un rapporto obbligatorio.

In relazione alla natura dell'interesse leso, al tipo di norma che si vìola ed alle sanzioni predisposte, si distinguono tre diverse categorie di illecito: l'illecito penale, l'illecito amministrativo e l'illecito civile. Per quanto attiene l'imputazione materiale o oggettiva del fatto illecito, l'elemento che riveste fondamentale importanza nel sistema della responsabilità extracontrattuale è il legame, il nesso di causalità, che deve intercorrere tra il comportamento illecito e la lesione del bene tutelato. Secondo l'opinione oggi maggiormente diffusa, tale nesso deve ispirarsi al principio dell'adeguatezza causale, ovverosia al principio secondo cui chi ha commesso il fatto deve rispondere solo delle conseguenze del suo comportamento che, secondo lo stato della scienza e della tecnica in quel dato momento storico, erano da ritenersi normali.

A differenza di quanto accade nella materia penale, pertanto, in materia civile non trova applicazione la teoria della condicio sine qua non. Secondo tale teoria, infatti, potrebbe assumere il ruolo di causa uno qualsiasi degli antecedenti che ha concorso al verificarsi dell'evento. Da quanto riferito, sia riguardo all'imputazione morale che riguardo all'imputazione materiale, si ricava che la ratio, che ha guidato le scelte del legislatore, allorquando si è trattato di disciplinare la suddetta figura di illecito, è stata quella di assegnare a tale figura soprattutto una funzione, appunto, di prevenzione, risarcitoria e non meramente sanzionatoria. Quanto finora detto, non ha rilievo ai fini dell'insorgenza dell'obbligazione risarcitoria, se il danno non è “ingiusto”. Il concetto di “danno ingiusto” è da sempre oggetto di ampie discussioni, posto che, inizialmente, si riteneva ingiusto solo il danno derivante dalla lesione di un diritto soggettivo assoluto, con la conseguenza che l'illecito extracontrattuale finiva per essere uno strumento di tutela dall'applicazione limitata a poche ipotesi come la lesione dei diritti reali e dei diritti della persona.

Successivamente, in giurisprudenza ha iniziato ad affermarsi il riconoscimento della c.d. tutela aquiliana del credito, vale a dire il risarcimento a titolo di responsabilità extracontrattuale del danno arrecato da un terzo alle ragioni del creditore: è il caso dell'incidente in cui persero la vita gli atleti del Torino calcio e la società, che aveva diritto alle loro prestazioni, non ne poté usufruire (caso Superga 1949). La società chiese il risarcimento del “diritto di prestazione” che fu giudicato insostenibile (Sez. III 4 luglio 1953, n. 2085).

Determinante è stato il seguente caso che con atto di citazione notificato il 3 gennaio 1968, la s.p.a. Torino calcio, premesso che il 15 ottobre 1967, in Torino, il calciatore Luigi Meroni aveva perduto la vita in un incidente stradale, a seguito del quale era stato iniziato procedimento penale per omicidio colposo a carico del minore Attilio Romero, e che, essendo ancora in corso tale procedimento, essa aveva interesse a far accertare giudizialmente la propria legittimazione a chiedere il risarcimento dei danni che le erano derivati dalla morte del Meroni, convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Torino, il professore Andrea Romero, quale padre e legale rappresentante del minore, chiedendo dichiararsi che, ove quest'ultimo fosse in tutto o in parte responsabile della morte del Meroni, la società Torino calcio era legittimata a chiedergli il risarcimento dei danni (…).

Al contrario di quanto successo per il “caso Superga”, la Corte di Cassazione riconosce al Torino il risarcimento del danno che ha cambiando l’interpretazione della norma, estendendo l’“ingiustizia del danno” ad ogni occasione in cui viene leso un interesse che l’ordinamento giuridico ritiene meritevole di tutela, indipendentemente che si tratti di diritti assoluti o di diritti relativi. L’Associazione Torino calcio ha avuto, perciò, un ruolo determinante nel Diritto Privato, ed in particolare nell’interpretazione del “danno ingiusto” (art. 2043 c.c.). La disciplina della responsabilità extracontrattuale o responsabilità aquiliana, merita maggiore attenzione in quanto è, oggetto di approfondimento, base su cui si fondano i concetti trattati nelle precedenti pagine ed è prevista dall'art. 2043 c.c. nell'ordinamento giuridico italiano.

Ha la sua origine in un plebiscito romano del lll secolo a.C. denominato Lex Aquilia de damno (iniuria dato). Divenne Lex in seguito alla Lex Hortensia del 286 a.C. che equiparò il plebiscitum alla lex; Aquilia perché promossa dal tribuno C.Aquilio; de damno iniuria dato perché era volta a punire quanti avessero arrecato (dato), con un loro comportamento contrario al jus (iniuria), un qualsivoglia danno a beni appartenenti al soggetto interessato. Essa introdusse nel diritto romano la responsabilità ex-delicto, ovvero del principio in virtù del quale la lesione di un diritto soggettivo assoluto (o "erga omnes", cioè opponibile a tutti: ad esempio il diritto alla vita e quelli della persona, la proprietà e i diritti reali) obbliga l'autore della lesione a risarcire i danni patrimoniali e non patrimoniali. […]

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L'evoluzione del concetto di DANNO DA VACANZA ROVINATA secondo la norma e la giurisprudenza

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Informazioni tesi

  Autore: Diana Mihaela Andone
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2016-17
  Università: Università degli Studi della Calabria
  Facoltà: Scienze Economiche e Aziendali
  Corso: Scienze del turismo
  Relatore: Francesco  Torchia
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 76

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