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Notre-Dame de Paris: oltre il musical

Lo sviluppo del Musical in America

Il termine “Età d’Oro” indica il periodo di tempo durante il quale il musical americano ha raggiunto il suo culmine per poi iniziare il suo presunto declino. Il termine è – infatti – usato in modo generico: per alcuni studiosi l’Età d’Oro ebbe inizio con Show Boat (1927) di Kern e Hammerstein e si concluse con Oklahoma! (1943) di Rodgers e Hammerstein; altri la collocano invece tra la metà degli anni Cinquanta e la fine degli anni Settanta. L’utilizzo del termine è dunque piuttosto vago e applicabile ad un’eterogenea produzione.

Quando – l’11 novembre del 1918 – venne firmato l’armistizio, l’America si svegliò con il cuore carico di ottimismo, sperando di riuscire finalmente a fruire di quel benessere sociale ed economico che fino a quel momento la guerra aveva vanificato. Fra i cocktail, il charleston e i nightclub, improvvisamente comparve tutto un mondo fatto di business. L’America stava infatti vivendo un periodo talmente glorioso, da produrre effetti positivi in ogni campo dello spettacolo: mentre Wall Street divenne la Borsa più attendibile del mondo, Broadway si preannunciava l’investimento economico per eccellenza su cui puntare.

E quando proprio Wall Street crollò - il 24 ottobre 1929 – il luogo della rinascita fu la ventottesima strada, nel cuore di Manhattan: un vicolo ribattezzato “Tin Pan Alley”, dove già verso la fine del XIX secolo si era insediata l’industria musicale dello spettacolo americano. Luoghi d’incontro, editorie musicali, studi di registrazione, stazioni radio e strumenti sgangherati riempivano infatti l’atmosfera della strada, rendendola l’epicentro dell’industria della canzone e di tutti i suoi protagonisti più celebri.

Victor Herbert e George M. Cohan
Victor Herbert e George M. Cohan sono le due figure più importanti della prima fase del musical americano: il primo decennio del XX secolo. Entrambi irlandesi ed entrambi rivoluzionari, hanno innovato il genere in due modi completamente diversi. Mentre Herbert ha inaugurato un nuovo tipo di operetta pur rifacendosi alla tradizione viennese, Cohan – che non sapeva suonare nessuno strumento musicale – ha cercato di rompere con tutto ciò che aveva a che fare con la vecchia scuola; per Herbert, Broadway era situato un gradino sotto il maestoso mondo dell’Opera, mentre per Cohan si trattava dell’esatto contrario; Herbert credeva fermamente che musica e orchestra fossero gli elementi più importanti ma per Cohan gli ingredienti fondamentali di un musical erano le coreografie e l’idea del continuo movimento; se Herbert era la tipica figura vittoriana, Cohan era figlio del suo tempo, un personaggio frenetico e schietto.

Victor Herbert (1° febbraio 1859 – 26 maggio 1924) nacque a Dublino, fu educato in Francia, suonò in varie orchestre sinfoniche in giro per l’Europa e non giunse negli Stati Uniti prima dei suoi ventisette anni. Oltretutto il suo arrivo non aveva nulla a che fare con le commedie musicali: giunse in America per suonare il violoncello nell’orchestra del Metropolitan di New York. Accettò anche un incarico come direttore d’orchestra della ventiduesima New York National Guard Band ma – nonostante l’amore per questo lavoro – Herbert sapeva che solo le commedie musicali avrebbero potuto dare libero sfogo al suo talento come compositore.

La sua prima operetta – Prince Ananias (1894) – era interessante dal punto di vista della partitura ma il libretto risultava incredibilmente noioso e inusuale.
Dopo essersi dedicato per tre anni quasi esclusivamente all’orchestra sinfonica di Pittsburg, tornò a Broadway nel 1903 per lavorare al sequel di The Wizard of Oz, commissionatogli dagli stessi produttori dell’apprezzatissimo musical, Fred Hamlin e Julian Mitchel. Nacque così Babes in Toyland, adattato poi nel 1934 con il film Nel Paese delle Meraviglie, di Stan Laurel e Oliver Hardy (conosciuti in Italia come Stanlio e Ollio). Grazie alla splendida musica, Babes in Toyland possedeva una poeticità che alla produzione precedente mancava. La brillante carriera che ne seguì ebbe un’impatto notevole nel mondo del musical americano dei decenni a venire.

George M. Cohan (3 luglio 1878 – 5 novembre 1942) è stato un personaggio singolare: grande organizzatore, si esibì per la prima volta davanti ad un pubblico quando era ancora in fasce. Suo padre Jeremiah, infatti, aveva dedicato l’intera vita al vaudeville e con sua moglie Helen e i suoi figli George e Josie aveva formato il gruppo dei Quattro Cohan, che passarono di successo in successo. Nonostante le sue scarse attitudini agli strumenti musicali, George si rivelò fin da giovanissimo il factotum della famiglia operando come compositore, librettista, produttore, regista e attore. Il suo primo lavoro indipendente fu The Governor’s Son (1901) basato su un suo vecchio sketch.

Nonostante il debutto tutt’altro che brillante, lo show fu la prima manifestazione di una costruzione secondo gli schemi che gli autori successivi perfezioneranno poi sempre di più. Il giovane Cohan proseguì con opere di successo come Little Jonny Jones – che coglieva lo spirito di una nazione che aveva appena iniziato ad emergere come potenza mondiale –, Five Minutes from Broadway (1906, una settimana dopo Mille Modiste di Victor Herbert), The Yankee Prince (1908) e The Little Millionaire (1910) – che vedevano George e la sua famiglia riuniti sul palcoscenico ancora una volta – e molti altri. Nonostante il grande successo dei suoi show, ironicamente la fama di Cohan fu legata, durante tutta la sua carriera, soprattutto al suo talento come attore. Si ricorda – in particolar modo – la sua performance come il Presidente Franklin D. Roosvelt in I’d Rather Be Right (1937), l’unica apparizione in show scritti e diretti da altri.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Notre-Dame de Paris: oltre il musical

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Informazioni tesi

  Autore: Donatella Boschetti
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2016-17
  Università: Accademia Costume & Moda
  Facoltà: Design e Arti
  Corso: Costume e Moda
  Relatore: Lina Vito
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 142

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