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La disciplina del Reverse Charge e dello Split Payment

IVA Frammentata o Reverse Charge?

Se inizialmente l'applicazione del Reverse Charge era limitata a un ristretto numero di ambiti, negli ultimi anni le scelte intraprese negli ordinamenti comunitari e nazionali sembrano essere dirette ad un'estensione sempre maggiore della non imponibilità.

Per cercare di contrastare (o quantomeno contenere) un fenomeno evasivo che ha ormai raggiunto livelli allarmanti tanto da essere lo Stato Membro con il più alto tax gap per quanto riguarda l'imposta sul valore aggiunto, anche l'Italia ha allargato il regime di non imponibilità a nuove categorie, non senza critiche.

All'estensione massiccia, con la Legge di Stabilità del 2015, delle ipotesi su cui applicare il regime di Reverse Charge (si lascia ai prossimi paragrafi più ampio spazio all'argomento), si contrappose infatti un certo malcontento di diverse categorie di imprenditori/professionisti.

La contestazione era basata su questioni meramente operative. L'imprenditore che acquista beni inerenti all'attività pagando regolarmente l'imposta al proprio fornitore, e vende successivamente in regime di Reverse Charge al cliente (soggetto passivo, che, quindi non corrisponderà al fornitore alcuna imposta), si ritrova a dover “anticipare” una somma più o meno ingente all'Erario, fermo restando il diritto alla compensazione orizzontale con altri tributi e al rimborso dell'imposta. I problemi derivavano proprio dalla restituzione dell'imposta da parte dell'Amministrazione Tributaria, che, oltre ad essere spesso tardiva, necessitava di un deposito di garanzia per il suo ottenimento. Nei due anni successivi, si introdussero quindi due importanti novità volte a minimizzare i disagi.

Le nuove categorie soggette a Reverse Charge vennero infatti aggiunte a quelle già ammesse al rimborso prioritario (art. 1, comma 1, D.M. 22 marzo 2007, modificato appunto dal D.M. 29 aprile 2016), e si ampliarono le ipotesi con le quali si può presentare istanza di rimborso senza prestazione di garanzia (D.L. n. 193/2016, convertito con modificazioni dalla L. 1° dicembre 2016, n. 225).

Nonostante, come visto, il Reverse Charge venga considerato a livello nazionale un metodo molto utile e affidabile per la lotta ad alcune tipologie di frodi IVA, il Governo Italiano si è schierato più volte contro la proposta di Bruxelles di un cd Meccanismo Generalizzato del Reverse Charge (GRCM).

Alla richiesta di alcuni Stati Membri di introdurre il GRCM per tutte le transazioni di valore superiore a 10000 euro per ciascuna fattura, estendendolo quindi a tutte le categorie di beni o servizi, la Commissione non aveva inizialmente dato parere positivo. Successivamente, però “nel corso della Riunione Ecofin del 17 giugno 2016 la stessa ha proposto di introdurre una deroga generalizzata, non solo per gli Stati che la richiedevano, ma per tutti i Paesi membri dell'Unione Europea, affidando la verifica di coerenza di questo sistema alternativo alla valutazione politica e, non ultimo, alla valutazione degli effetti che esso produce in punto di riscossione dell'imposta e di effettiva compressione dei fenomeni evasivi. Di conseguenza, con la proposta di Direttiva Com (2016) 811 del 21 dicembre 2016 è stata prevista l'introduzione del nuovo art. 199-quater nella Direttiva 2006/112/CE che, se approvato, consentirà ad uno Stato membro fino al 30 giugno 2022, in deroga all'art. 193, di stabilire, nell'ambito del meccanismo generalizzato di inversione contabile, che il soggetto debitore dell'IVA sia il soggetto passivo destinatario di una cessione di beni o di una prestazione di servizi al di sopra di una soglia di euro 10.000 per fattura.”

Pochi mesi più tardi il Governo Italiano tramite la relazione del MEF del 13 febbraio 2017 alla proposta della direttiva in esame, fa emergere come “dalla valutazione d'impatto che accompagna la proposta di Reverse Charge generalizzato e dalla piattaforma REFIT la maggior parte delle organizzazioni imprenditoriali non sia a favore dell'introduzione del meccanismo generalizzato di Reverse Charge in alcuni Stati membri, in quanto lo stesso accrescerebbe notevolmente i costi di conformità sia nel breve che nel lungo periodo. Per quanto riguarda le autorità fiscali, i costi amministrativi che sulle stesse potrebbero gravare dipenderanno in gran parte dal loro effettivo grado di efficienza, che a sua volta risulta della loro struttura, organizzazione e livello di informatizzazione.”

In un territorio come quello italiano caratterizzato da livelli di compliance molto bassi, è inoltre lecito pensare alla non imponibilità generalizzata come terreno fertile per le vendite in nero. Secondo schemi già descritti nel paragrafo precedente, il GRCM in effetti trasferirebbe (sempre per le transazioni e gli Stati Membri rispettanti i requisiti) il momento del pagamento dell'imposta esclusivamente sulla vendita finale, escludendo quindi le detrazioni su tutta la catena di vendita. L'eventuale mancato pagamento del tributo nel momento dell'acquisto per il consumo (vendita in nero, mancato versamento del venditore ecc.) comporterebbe un danno erariale non indifferente.

Ulteriori dubbi riguardano poi l'effettiva efficacia del Sistema Generalizzato nel combattere le frodi di tipo carosello (frodi che riguardano le cessioni intracomunitarie), in quanto “l'efficacia del meccanismo rimane comunque subordinata alla capacità dei singoli Stati Membri di evitare l'insorgenza di nuovi tipi di frode. Infatti, il Reverse Charge può svolgere una funzione positiva se l'acquirente ha un grado di fedeltà fiscale maggiore rispetto a quello del fornitore.”

Tornando al momento del consumo finale (fase “D” nell'illustrazione), una classica frode che si potrebbe presentare sarebbe infatti quella, già accennata in precedenza, di una falsa identificazione IVA prodotta dal cessionario, che maschererebbe il consumo personale con una Partita IVA falsa o in capo ad altro soggetto (questo il motivo della presenza del punto interrogativo nell'illustrazione). Su quest'ultimo punto, pensiero piuttosto comune tra gli addetti ai lavori è che non sia possibile una responsabilizzazione del fornitore in questi casi. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

La disciplina del Reverse Charge e dello Split Payment

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Informazioni tesi

  Autore: Roberto Valea
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2016-17
  Università: Università degli Studi di Milano - Bicocca
  Facoltà: Economia
  Corso: Scienze dell'economia e della gestione aziendale
  Relatore: Alberto Maria Gaffuri
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 52

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