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L'evoluzione della legislazione turistica italiana: dallo Stato ai Sistemi Turistici Locali

Il gioco delle citazioni

Normalmente una citazione all’interno di un testo filmico è costruita su una battuta o su uno scambio di battute, oppure sulla disposizione di qualche elemento figurativo. Citazioni di maggior effetto si raggiungono riprendendo la costruzione di un’intera scena in quanto permettono al regista di muoversi più liberamente all’interno della porzione di testo già scritta da qualcun altro decidendo così se rispettare l’atmosfera della scena originale oppure stravolgerla completamente. La scalinata di Odessa del Potemkin di Ejzenstejn è in questo senso forse la sequenza più celebrata e più bistratta all’interno della storia del cinema: si pensi da una parte a Gli intoccabili di De Palma, e dall’altra alle fantozziane repliche sotto la dittatura del superdirettore o per rimanere in campo statunitense alle imprese di Leslie Nielsen in Una pallottola spuntata 33 e 1/3. Ma il gioco delle citazioni che registi e produttori mettono in atto nei confronti di quello che Eco chiama lo spettatore critico, o spettatore di secondo livello, raggiunge un grado ancora più perverso se messo in pratica attraverso la colonna sonora. Lo spettatore infatti non solo dovrà stare attento ai singoli rimandi del piano visivo, ma soprattutto alle nozioni fornite dal piano uditivo, per poi amalgamare insieme tutto quanto e cercare di riuscire a trovare la soluzione. In caso contrario spesso e sovente risulta impossibile capire il ragionamento alla base della scelta di un determinato citazionista e quindi comprendere in pieno l’intero significato di una sequenza. Prendiamo per esempio il Woody Allen di Amore e guerra: in questo film Allen decide di avvalersi delle musiche composte dal Prokof’ev dell’Alexander Nevskji, ma ad un repertorio del musicista antecedente alla collaborazione con Ejzenstejn, riservando invece un ruolo marginale e alquanto breve per la partitura della famosa battaglia sul ghiaccio. Il regista dimostra così di avere un livello di perversione alquanto alto nei confronti dei propri spettatori: il riconoscimento di Prokof’ev è in pratica impossibile ai più, ma in ogni caso costituisce un primo indizio per collocare geograficamente (Russia) e storicamente (primo Ottocento) le vicende narrate dal film. Fortunatamente arriva anche la citazione della battaglia sul ghiaccio dove le gesta eroiche rievocate dalla musica del Nevskji vengono poste in contrapposizione con lo sgangherato esercito messo in scena da Allen. Ovviamente la sottolineatura comica della sequenza è comprensibile al suo meglio solamente riconoscendo il motivo originale della colonna sonora, un facile procedimento per uno spettatore colto, qualcosa di più arduo per lo spettatore medio. L’ironia si spinge ancora più oltre nella seconda scena centrale del film, l’amplesso amoroso fra Woody Allen e Diane Keaton, ancora una volta commentato con la partitura del Nevskji, a paragonare il rapporto fra i due amanti, con un’impresa titanica prima e con un match di pugilato poi quando Allen infilerà i guantoni da boxer. La sequenza obbedisce anche alle leggi dell’autocitazione: la partitura adottata è la medesima della grande battaglia iniziata in diecimila e terminata in quattordici; in questo modo anche lo spettatore che non è riuscito a cogliere la prima citazione, è comunque in grado di interpretare nei migliori dei modi la seconda autoreferenziale.
Qualcosa di molto semplice è invece la citazione che gli autori di American pie pongono al termine del secondo episodio della fortunata trilogia collegiale. La comicità della scena è congegnata in maniera tale da rivestire la colonna sonora del ruolo principale di primo attore, colui dal quale dovranno partire le risate di tutto il pubblico. Per questo motivo Sherminator e compagni verranno presi in considerazione più avanti in questo testo, per ora basti semplicemente dire che la maggior semplicità della citazione rispetto al film di Allen deriva semplicemente dal fatto di adottare come commento musicale un brano noto ad una fetta di pubblico molto maggiore e che non necessariamente risponda ai requisiti di un pubblico colto cinematografico, anzi, tutt’altro.
Il riferimento messo in atto nel film di James Rogers corrisponde all’esempio più semplice di menzione che si possa attuare attraverso la colonna sonora nel campo cinematografico. Cerchiamo invece di focalizzare la nostra attenzione all’interno di meccanismi più complessi. Come dimostra Mel Brooks far risuonare il tema principale di un famoso film del passato può servire non solo a menzionare il suddetto film, e in questo caso riderci sopra, ma fare accenno anche ad uno dei principali protagonisti di quel cast in una sorta di citazione che potremmo definire al quadrato. Stella Solitaria, il fido Rutto, la principessa Dresda e la sua robottina di compagnia sono dispersi nel deserto dopo un atterraggio di emergenza (Balle spaziali). Allo stremo delle forze tutti e quattro i protagonisti perdono conoscenza in mezzo alle sabbiose dune, vittime del troppo caldo. In loro soccorso giungono provvidenzialmente simpatici ometti che si scopriranno poi al servizio di un potente saggio, Yogurt. I quattro sono così rianimati, dissetati e accompagnati alla residenza segreta del misterioso anziano. Durante il tragitto, i buffi ometti intonano la marcia composta da Kenneth Alford che David Lean rese celebre grazie a Il ponte sul fiume Kwai (citazione di primo livello). L’omaggio è chiaro, la parodia non tanto, è più complessa. Nel film di Lean la marcia era associata agli uomini del colonnello Nicholson e al loro compito di costruire il ponte, nel film di Brooks invece sembra un intervento estemporaneo, privo di alcun significato. Ma invece il significato c’è e l’abbiamo anche già anticipato: i piccoli uomini sono al servizio del potente Yogurt. Nello schema parodistico alla base di Balle spaziali nei confronti di Guerre stellari, la figura di Yogurt si propone come contraltare del potente e saggio Obi-Wan Kenobi. Il primo interpretato dallo stesso Mel Brooks, il secondo invece da Alec Guinness. Ma guarda caso anche il colonnello Nicholson di Lean era interpreto ancora una volta da Alec Guinness. Ecco quindi svelata la citazione di secondo livello: la marcia di Alford non per menzionare il film di Lean, ma per rendere omaggio, attraverso i personaggi di Nicholson e Obi-Wan Kenobi, alla carriera e alla vita dell’attore che ha interpretato quei personaggi.
Come già detto, la citazione pone maggiormente alla prova lo spettatore di secondo livello quanto più questa è indiretta. L’ultimo film di Quentin Tarantino, Kill Bill, nella parte prima, si conclude con il duello fra Beatrix Kiddo in cerca di vendetta e O-Ren Ishii determinata a portare a termine il proprio compito di spietata assassina. Prima di iniziare a far duellare i propri personaggi a colpi di katana, Tarantino inserisce un attimo di sospensione della narrazione sostenuto dal ritmo incalzante, over, di Don’t let me be misunderstood (Santa Esmeralda). Seppur le inquadrature siano completamente diverse (esclusi i primi piani), la costruzione della scena rimanda inequivocabilmente agli spaghetti western e ai duelli finali di Sergio Leone. L’uccisione del cattivo è ulteriormente rinviata da un momento di stasi fra i protagonisti, un momento che, come vedremo, è possibile cinematograficamente parlando solamente attraverso la musica, che col suo sapore latino richiama le location d’ambientazione della trilogia del dollaro. Sospensione narrativa. L’immobilità però non perdura fino a quando la colonna sonora svanisce, c’è il tempo per qualche scambio di colpi di studio e, al ferimento di Beatrix, Santa Esmeralda si eclissa, come se si fosse venuti meno a un patto non scritto, per lasciare spazio al tintinnare delle lame che s’incrociano così come Leone lasciava spazio agli spari e ai fischi di pallottole. Ma nell’intera saga di Kill Bill sono molti altri gli episodi sfruttati come menzione dei vecchi film italiani degli anni Sessanta e non solo, più o meno tutti strutturati attraverso il riutilizzo delle originali colonne sonore. Ne verranno presi in considerazione altri due esempi, entrambi estrapolati dalla seconda parte del film.
Il nuovo nome sulla lista nera della Sposa è Budd, il fratello di Bill. L’uomo vive in una roulotte e presta servizio come buttafuori per un night nella cittadina texana di El Paso. Il tentativo di cogliere l’uomo alla sprovvista da parte di Beatrix fallisce miseramente ed ora la donna si ritrova riversa a terra con un pugno di sale bruciante nel petto. Budd esce dalla sua roulotte, fucile in mano, accompagnato dall’entrata in scena di una tromba, over. Come detto siamo a El Paso, lo stesso luogo che quarant’anni prima era stato protagonista della rapina ad una delle banche più sicure di tutto il Texas da parte dell’Indio e dei suoi scagnozzi. Tutto questo succedeva sugli schermi cinematografici che proiettavano quel Per qualche dollaro in più che avrebbe portato sempre più in auge il nome di Sergio Leone. E la provenienza della tromba che assiste l’avvicinamento di Budd verso il corpo ferito di Beatrix deriva proprio da quel western italiano in un gioco di riferimenti che vede nella cittadina americana il fulcro della citazione. E non a caso sempre ad El Paso, Tarantino aveva dato il via a tutta la sua storia di Kill Bill, con il matrimonio di Beatrix interrotto dalla carneficina portata a termine da Bill e dai suoi spietati assassini. Così, se l’intera vicenda, da un punto di vista cronologico, si apre in un certo qual modo con una citazione, con una citazione è giusto che finisca. Beatrix è finalmente riuscita a trovare Bill e la loro figlia B.B. I due amanti rivali hanno già duellato e la donna ha già portato a segno il proprio colpo segreto dell’esplosione del cuore. A Bill rimangono cinque passi di vita. Con tutta la sua fierezza, l’uomo si alza dalla sedia e da quello che Ramaglia chiama il golfo mistico invisibile scaturisce una marcia indiana composta da Morricone nel 1966 per il film Navajo Joe. Bill compie i cinque passi e muore, accompagnato dalla sinfonia di quel Navajo Joe che egli stesso aveva “ucciso” qualche momento prima, nel salotto, sparando al televisore che trasmetteva proprio la pellicola di Sergio Corbucci.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'evoluzione della legislazione turistica italiana: dallo Stato ai Sistemi Turistici Locali

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Informazioni tesi

  Autore: Scilla Casetti
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2005-06
  Università: Università degli Studi del Piemonte Orientale A.Avogadro
  Facoltà: Economia
  Corso: Scienze geografiche
  Relatore: Paolo Lotti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 119

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