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Videogiochi e psicologia: come le esperienze interattive contribuiscono alla conoscenza ed alla cura delle malattie mentali

Il mito del videogioco come influenza negativa sulla mente della persona

La complessità del videogioco e dei suoi effetti sulla psiche umana

Douglas Gentile, docente di Psicologia dello Sviluppo presso l'Iowa State University, si è espresso chiaramente sull'argomento, sottolineando come spesso generalizzazioni ed interpretazioni superficiali dei risultati di alcune ricerche conducano alla generazione di stereotipi e pregiudizi. Bisogna, a suo parere, avere innanzitutto ben chiaro come i videogames non siano un medium semplice e lineare, bensì una realtà estremamente complessa, e come di conseguenza anche i loro effetti non siano così elementari da analizzare.

Dobbiamo in primo luogo ricordare i risultati di un numero sempre maggiore di ricerche scientifiche, che dimostrano come alcune tipologie di fps (first person shooter, sparatutto in prima persona) possano favorire notevolmente lo sviluppo delle capacità percettive e soprattutto visive. Un gioco di guerra come Call of Duty potrebbe lasciare inizialmente sconcertati dal quantitativo di violenza allo stato puro che presenta nella sua storia, ma questo non deve togliere l'attenzione da un particolare da non sottovalutare.

Pensiamo alle abilità necessarie ad un giocatore per poter progredire in un gioco del genere, sconfiggendo moltissimi nemici in poco tempo: avrà bisogno di un'ottima coordinazione occhio-mano e di una grande agilità nell'utilizzare i controlli, abilità che questo gioco gli permetterà di allenare in maniera efficace.

Alcuni studi hanno inoltre dimostrato come questi videogiochi abbiano la capacità di potenziare la cognizione spaziale, presumibilmente grazie alla necessità del giocatore di compiere azioni rapidissime e complesse in relazione allo spazio virtuale in cui si trova. Il videogioco non deve essere quindi classificato come un hobby esclusivamente passivo e quasi ipnotico; è al contrario un media complesso in costante dialogo con la mente del fruitore, che attiva il suo cervello ed i processi del suo funzionamento.

È necessario anche evidenziare come nessuno nel mondo scientifico abbia potuto ancora affermare con certezza che vi sia una relazione diretta tra videogiochi violenti e sviluppo dell'aggressività. Certamente partecipare in maniera interattiva ad azioni violente può essere un fattore di rischio per l'insorgenza di comportamenti violenti. Nonostante questo, bisogna tenere in considerazione anche come il fattore di rischio rappresentato da questi videogiochi possa essere controllato più facilmente rispetto ad altri, anche semplicemente limitandone l'uso, mentre non possiamo sicuramente avere questo controllo su altri fattori (come ad esempio bullismo o abusi).

A chiunque semplifichi la questione sostenendo che l'utilizzo di determinati videogiochi porti necessariamente a comportamenti violenti nella persona, bisognerebbe per prima cosa chiarire la complessità di un tale medium.

Innanzitutto esistono moltissimi generi di videogioco differenti, differenziati sia dalla tipologia di contenuto che dal tipo di esperienza di gioco che propongono. Abbiamo quindi prodotti di ogni genere, destinati a persone di diversa età, estrazione sociale ed interessi, e prodotti con varie modalità di fruizione, dal classico joystick o tastiera ai sensori o telecamere interattive.

Un altro aspetto che deve sempre essere tenuto in considerazione nell'utilizzo dei videogiochi, come d'altronde per ogni altro media, è l'età del fruitore. A questo proposito non è da ignorare, come fin troppo spesso succede, l'esistenza della classificazione PEGI, creata appositamente per tutelare gli utenti più giovani.

Il PEGI, acronimo di Pan European Game Information, è un metodo di classificazione nato nel 2003 e valido su tutto il territorio europeo, utilizzato per classificare i videogiochi attraverso differenti categorie di età e descrizioni di contenuto. Ad esempio, per un gioco con contenuto violento avremo un simbolo raffigurante un pugno rivolto verso l'alto sulla copertina, ed un altro riguardante l'età consigliata per l'utilizzo del prodotto. Queste indicazioni sono uno strumento estremamente utile per le figure responsabili della crescita e dell'educazione dei minori, come ad esempio genitori o tutori, in quanto permettono di compiere una selezione informata sui prodotti.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Videogiochi e psicologia: come le esperienze interattive contribuiscono alla conoscenza ed alla cura delle malattie mentali

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Informazioni tesi

  Autore: Francesca Chiarappa
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2016-17
  Università: Accademia di Belle Arti
  Facoltà: Nuove Tecnologie dell'Arte
  Corso: Progettazione ed Arti Applicate
  Relatore: Roberto Rosso
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 78

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