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Lo sguardo filosofico dei bambini. Una riflessione introduttiva

I bambini e la filosofia: l’importanza del racconto

Quando si parla di miglioramento del pensiero, in realtà si sta parlando nuovamente del metodo della comunità di ricerca nonché di quello strumento in grado di favorire al meglio lo sviluppo di questa capacità portando ciascun individuo, indipendentemente dall’età, ad avvicinarsi al concetto di filosofia, disciplina ritenuta apparentemente molto lontana dalla vita quotidiana, e ad acquisire una formazione comunicativa fondamentale, costituita dall’ascolto dell’altro.

L’ascolto prende vita dai racconti (di Lipman) rivolti agli allievi e dai rispettivi manuali di riferimento per gli insegnanti in cui sono fornite indicazioni procedurali e metodologiche funzionali all'approfondimento del lavoro educativo della comunità di ricerca con piani di discussione, esercizi, attività stimolo utili per il miglioramento di quelle abilità fondamentali come la comprensione, l’analisi, la risoluzione dei problemi e la valutazione critica delle diverse situazioni.

Per realizzare concretamente tutto ciò occorre costruire una vera e propria comunità di indagine in grado di sviluppare quella dinamicità che orienta positivamente lo sviluppo socio-affettivo dell’umanità, mediante l’accettazione della diversità di pensiero scaturita dal perenne confronto di cui essa si compone.
Lo scopo è quello di incrementare l’autocontrollo di ciascun soggetto, consentendo maggiore riflessività nell’azione per sviluppare atteggiamenti autonomi, creativi e critici che gli permettano di collaborare con le alterità partendo da idee e valori condivisi e rispettando altresì le idee e i valori differenti dai propri.

In una comunità di ricerca quindi “non si impara la filosofia, [piuttosto] si impara a pensare in maniera [più ampia] (critica, creativa e [empatica]) attraverso la pratica [condivisa] dell’indagine filosofica”.

In particolare, quando si ha a che fare con bambini è di fondamentale importanza il coinvolgimento degli stessi, soprattutto attraverso il racconto, che risulta uno degli strumenti essenziali per attivare al meglio la loro immaginazione ed indurli a pensare. Inoltre il coinvolgimento rappresenta una “condizione imprescindibile” per il dialogo autentico, soprattutto quando si tratta di filosofia. Questo è il motivo per cui il curricolo di Lipman fornisce manuali agli insegnanti, il cui scopo è quello di ottimizzare la discussione collettiva e stimolare le abilità cognitive dei partecipanti.

Essi fungono da “libretto d’istruzioni” delle storie, per permettere ai docenti di captare i punti salienti dai quali estrapolare i più importanti temi filosofici e su cui incentrare la discussione e l’indagine adattandoli alla situazione in cui gli stessi si trovano ad agire, dunque alla comunità di ricerca con la quale stanno lavorando.
E’ ovvio che il programma della Philosophy for Children sia stato ideato allo scopo di “raggiungere obiettivi generali e a lungo termine” favorendo e stimolando nei partecipanti:

° Atteggiamenti democratici volti a migliorare la convivenza con ciò che a volte pare “scomodo” ai nostri occhi solo perché diverso.

Questo può essere favorito dalla comunità di ricerca nella quale la cooperazione e il confronto “dialogico e dialettico tra i suoi membri” fanno da base per la relazione autentica e non competitiva;

° Competenze comunicative scaturite dal dialogo filosofico tipico della CdR in cui vengono sviluppate capacità di comunicazione in grado di portare ciascun membro a decentrarsi rispetto a proprie credenze o opinioni preesistenti, aprendosi a nuove conoscenze;
° Abilità di pensiero e ragionamento rappresentano gli obiettivi che l’allievo raggiunge autonomamente ragionando, senza “addestrare” prestazioni cognitive specifiche ad un obiettivo già costruito;
° Attitudini, disposizioni, atteggiamenti critici e creativi nei confronti del mondo e della conoscenza che non mirino al solo apprendimento (nel senso ristretto del termine) ma che puntino alla partecipazione attiva del pensiero dei soggetti nei percorsi di ricerca filosofici.

La Philosophy for Children rappresenta quindi un programma originale soprattutto perché adotta come veicolo principale il filosofare che permette a ciascun individuo di costruirsi una visione più ampia, comprensiva e significativa del mondo e del suo esistere nel mondo.
“Ed è proprio nella «comprehensiveness» che Lipman indica uno dei motivi ispiratori” del suo curricolo in quanto essa è in perfetta sintonia con il bisogno da parte del bambino di trovare un senso a tutti i suoi «perché».

Con il materiale della “filosofia per bambini” non si vuole dare importanza solo ed esclusivamente al metodo filosofico della comunità di ricerca ma si vuol far in modo che i soggetti acquisiscano maggiore familiarità con i contenuti e i concetti filosofici facenti parte della vita.
Forse proprio per questo i suoi racconti trattano questioni importanti come ad esempio la realtà, la diversità, il bene, il male, la vita, la morte e così via, apparentemente lontani dalla nostra vita ma vicini più che mai ad essa. Il fatto che siano i personaggi dei suoi testi i veri protagonisti delle discussioni (che rimangono aperte ad un’indagine ulteriore), coinvolgono i lettori nella ricerca di una spiegazione e allo stesso tempo li inducono a costruire una propria storia interindividuale evitando che questi racconti diventino semplici “compendi di filosofia o, peggio ancora, indottrinamenti mascherati”.

La filosofia per bambini si propone allo scopo di diminuire la grande quantità di conoscenza passiva che caratterizza l’odierno insegnamento-apprendimento scolastico, stimolando un processo di pensiero che racchiuda in sé “abilità, conoscenze, procedure, strategie specifiche e generali” funzionali per la formazione di veri pensatori.
Un elemento chiave in grado di promuovere in modo motivante questi processi di pensiero nei bambini è rappresentato, come accennato precedentemente, dall’utilizzo delle storie piuttosto che dei normali libri che non fanno altro che trasmettere informazioni fini a sé stesse.
Le storie, come sottolineano Bransford, Arbitman-Smith, Stein e Vye nella loro revisione critica della Philosophy for Children:

«enfatizzano il processo di scoperta, di sviluppo, di revisione delle idee; ciò è del tutto diverso dai testi che presentano semplicemente il prodotto del pensare altrui52».

Difatti esse facilitano il processo di immedesimazione e il conseguente decentramento cognitivo e collegamento dei contenuti di conoscenza con il vissuto personale offrendo modelli di personalità, pensiero, contesti d’uso, processi di ricerca a cui gli individui possono rifarsi.
Inoltre si è visto che per i bambini il racconto filosofico ha una carica immaginativa tale da “coinvolgerli in modo continuativo e non dispersivo nell’indagine”, motivo per cui le storie raccontano di episodi contestualizzati in situazioni di vita molto familiari ai bambini senza attuare una presentazione enciclopedica dei problemi ritenuti cruciali dai filosofi che scrivono, ma facendo in modo che siano i ragazzini stessi ad individuare la questione da porre come oggetto della successiva sessione di pratica filosofica nella comunità di ricerca.

E’ perciò necessario avere la certezza che essi abbiano un effettivo interesse verso la questione in esame perché solo così può avvenire un vero confronto e si può ottenere un vero risultato. Da alcune esperienze in campo è emerso che questi “piccoli filosofi” effettivamente sono in grado di riconoscere, se sostenuti dall’insegnante, le tematiche filosofiche previste dai manuali dei racconti e le posizioni filosofiche da assumere in una discussione.

Il filosofare diventa una possibilità per attuare un insegnamento del pensiero in grado di formare “giovani pensatori”, ovvero bambini non solo capaci di risolvere eventuali problematiche, ma soprattutto in grado di riflettere in modo più ampio sul proprio mondo grazie all’istituzione di piccole comunità di ricerca che promuovano, utilizzando gli strumenti idonei, il pensare efficace.
Si tratta di un pensiero ricco di verità, nudo da qualsiasi forma di mascheramento e in grado di mettere in risalto “il senso del conosciuto e del conoscere, il valore autonomo che si dà alla ricerca, le strutture complessive del sapere e le ecologie mentali che si mettono in gioco” grazie allo stimolo costante che il “facilitatore” attiva nei partecipanti della discussione per non appiattirla al conformismo ma portarla a fare quel salto determinante per lo sviluppo della conoscenza e del pensiero di elevato livello.

Foucault sintetizza il tutto affermando:
«Che non sia possibile occuparsi di sé senza l’aiuto di un altro è un principio generalmente ammesso. Seneca diceva che nessuno è mai abbastanza forte per liberarsi da solo dello stato di stultitia in cui si trova».

Questo brano è tratto dalla tesi:

Lo sguardo filosofico dei bambini. Una riflessione introduttiva

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Informazioni tesi

  Autore: Manuela Durinzi
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2014-15
  Università: Università degli Studi di Macerata
  Facoltà: Scienze dell'Educazione
  Corso: Scienze dell'Educazione
  Relatore: Sergio Labate
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 48

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