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Il referendum abrogativo in materia elettorale

La legge elettorale 270/2005

Questa legge, nata per mano il senatore leghista Roberto Calderoli, tacciata immediatamente di incostituzionalità da buona parte della dottrina, fu oggetto di pesanti critiche anche da parte della società civile per diversi motivi, che qui proviamo ad elencare. In primo luogo perché andava contro un oramai consolidato movimento che dagli anni 90 in poi aveva spinto per una riforma in senso maggioritario del sistema elettorale italiano: tutti i referendum svoltisi in quegli anni infatti avevano ottenuto modifiche in tal senso alle leggi elettorali e quella fino ad allora in vigore, la legge Mattarella, prevedeva l'assegnazione del 75% dei seggi tramite un sistema maggioritario a turno unico su collegi uninominali e l'assegnazione del rimanente 25% tramite un meccanismo di natura proporzionale, denominato scorporo, per il Senato, e un sistema proporzionale con liste bloccate per quello che riguardava la Camera.

La legge Calderoli prevedeva invece in primo luogo la cancellazione dei collegi uninominali, sostituiti da 27 circoscrizioni, in secondo luogo l'assegnazione dei seggi avveniva tramite liste bloccate senza alcuna possibilità di scelta, cosa che nella precedente legge era riservata esclusivamente per la parte del 25% assegnata con metodo proporzionale; in più era previsto un premio di maggioranza, meccanismo che nel nostro paese non ha mai goduto di buona fama poiché gli unici precedenti sono stati la legge Acerbo introdotta nel nostro ordinamento nel 1923 per volere di Benito Mussolini, che in questo modo voleva assicurare al Partito Nazionale Fascista una solida maggioranza parlamentare, e la legge elettorale del 1953, voluta da De Gasperi e soprannominata “legge truffa”; peraltro in entrambi i casi il premio di maggioranza scattava al raggiungimento di determinati quorum, addirittura il 50% nel caso della legge del 1953, mentre nella legge Calderoli il premio scattava a prescindere dall'aggiudicazione di un dato numero di seggi.

Ma soprattutto l'impossibilità per gli elettori di poter scegliere il proprio eletto, costretti come erano a dover scegliere una lista di persone imposte dai partiti, è stato l'elemento che più ha fatto percepire questa legge come strumento inadeguato alla libera espressione del voto, elemento che si sommava poi a soglie di sbarramento del 4% alla Camera e dell'8% al Senato per le liste escluse da coalizioni, rendendo così milioni di voti privi di rappresentanza parlamentare e contribuendo ad alimentare il diffuso senso di scollamento fra classe politica e cittadini.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il referendum abrogativo in materia elettorale

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Informazioni tesi

  Autore: Domenico Barone
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2013-14
  Università: Università degli Studi di Napoli - Federico II
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Bruno De Maria
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 119

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