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Cristo e il peccato nella teologia di Paolo: relazione tra due antitesi

L'uomo e il Peccato alla Luce della Salvezza

L'uomo, innestato in Cristo, come i tralci alla vite, instaura una nuova relazione con Dio. Il battezzato accetta questa nuova alleanza che ha edificato Gesù stesso, quando nell'istituzione dell'eucaristia egli parla del calice della nuova alleanza come descrivono i sinottici ad esempio Matteo 26,27-28 e riporta anche Paolo nella prima lettera ai Corinzi 11,25: «Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me».

La nuova alleanza è un patto d'amore tra Dio e il suo fedele che cerca la comunione con lui. È sempre Dio che prende l'iniziativa verso l'uomo, rispettando la libertà della persona ad accogliere tale comunione. Dio ci invita ad entrare in un'amicizia filiale con lui, attraverso due azioni: l'invio di Gesù che con il suo volto umano ci rivela il Padre e la comunicazione del suo Spirito che rimane presente nella storia del mondo per continuare a rendere viva la relazione con lui. «E Dio che disse: Rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo»

Quella illuminazione del buio riferita a Gn 1,3 e Is 9,1 è dovuta all'azione dello Spirito Santo grazie a Cristo che ha instaurato la nuova alleanza. L'uomo che ha sbagliato bersaglio non accogliendo la comunione con il Signore, grazie alla luce dello Spirito Santo prende coscienza della propria colpevolezza e tramite la salvezza della nuova alleanza vive e assapora il frutto dell'azione di Dio che strappa l'uomo dal buio e dal peccato.

E anche voi, che un tempo eravate stranieri e nemici con la mente intenta alle opere cattive che facevate, ora egli vi ha riconciliati per mezzo della morte del suo corpo di carne, per presentarvi santi, immacolati e irreprensibili al suo cospetto.

Il passo letto dona un senso di libertà e di dignità filiale nell'abbandono all'opera di salvezza del Redentore.

L'opera di illuminazione e di salvezza da una condizione di prigione e schiavitù si chiama riconciliazione. La parola riconciliazione, ricorre dal verbo \apokatalléassw (apokatallásso), «cioè ripristinare tra due partner una situazione di amicizia di rapporto puro, limpido, senza diaframmi».

Il termine è usato da Paolo nei versetti antecedenti al brano usato nel capitolo precedente per spiegare l'antitesi tra Adamo e Cristo, Rm 5,10-11:

Se infatti, quand'eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, dal quale ora abbiamo ottenuto la riconciliazione

e ricorre anche in 2Cor 5,18-20:

Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.

Ripristinare o restaurare un rapporto tra l'uomo e Dio è specifico dello Spirito Santo mediante la mediazione salvifica attuata una volta per sempre da Gesù Cristo. [...]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Cristo e il peccato nella teologia di Paolo: relazione tra due antitesi

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Coacci
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2016-17
  Università: Istituto Teologico Marchigiano
  Facoltà: Teologia
  Corso: Teologia
  Relatore: Samuele Salvatori
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 58

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antropologia
chiesa
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