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Amministrazione di risultato: prospettive e profili attuativi

Pianificazione strategica prevenzione della corruzione

Una delle principali ragioni ostative alla compiuta, effettiva realizzazione dell’amministrazione di risultato è sicuramente rappresentata dal fenomeno della corruzione. Secondo le elaborazioni dottrinali la corruzione viene a configurarsi come una fattispecie di delitto del pubblico ufficiale contro la pubblica amministrazione (di cui in generale al Capo I, Titolo II, Libro II del Codice Penale e nello specifico dagli art. 318 al 322) consistente nella implementazione di un c.d. “pactum sceleris”, un accordo tra il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio ed il privato, avente per oggetto il compimento da parte del pubblico funzionario di un atto del suo ufficio o l’esercizio delle funzioni e dei poteri o di un atto contrario ai suoi doveri d’ufficio ovvero il mancato compimento di un atto del suo ufficio, a fronte di una controprestazione consistente nella promessa o effettiva dazione di denaro o altre utilità da parte di un soggetto corruttore.

Le rilevazioni sul fenomeno, realizzate attraverso la raccolta dei dati quantitativi che emergono dalle statistiche giudiziarie sul numero di denunce e numero di condanne erogate, ma anche tramite il ricorso a rilevazioni sulle esperienze dirette dei cittadini e sulla percezione del fenomeno a livello internazionale, basate sul Cpi (Corruction perception index), dimostrano come l’insistenza della corruzione determini un danno economico consistente misurabile in una perdita di Pil stimata tra il 2001 ed il 2011 in circa 10 miliardi di euro l’anno. Secondo il giudice Davigo la corruzione è per giunta divenuta “sistemica” dal momento in cui, dopo il periodo di tangentopoli, i sopravvissuti a quella storica ondata di condanne (irrogate in primis dal pool di Mani pulite) hanno appreso “l’arte della corruzione” adottando nuove strategie per sfuggire alla legge, aprendo la strada ad un’ulteriore radicalizzazione del fenomeno all’interno delle “reti”, nelle quali l’atteggiamento omertoso e collaborativo diviene cultura, modus operandi di tutti i soggetti che operano nelle organizzazioni pubbliche e degli stessi utenti che con esse si rapportano, in vista dell’ottenimento di vantaggi reciproci.

La corruzione rappresenta quindi il principale ostacolo all’attuazione del buon andamento e della imparzialità della p.a. poiché determina una netta perdita di efficienza, efficacia ed economicità. Per tali ragioni il legislatore, ufficialmente a partire dal 2012, ha ritenuto opportuno continuare a combatterla sul piano repressivo penalistico, ma soprattutto iniziare a prevenirla nella sede in cui principalmente si manifesta. La Legge n. 190/2012 e le varie integrazioni successive, recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e della illegalità nella pubblica amministrazione” ha infatti impostato meccanismi di prevenzione della corruzione (art. 1, co. 1-57) che intervengono sull’organizzazione e l’attività della p.a..

A riguardo, rilevano in primo luogo le modifiche apportate alla legge 241/90 sul procedimento amministrativo ed in particolare:
- l’applicabilità dei principi generali dell’attività amministrativa anche ai soggetti privati preposti all’esercizio di attività amministrative (art. 1 co. 1 bis);
- l’introduzione dell’obbligo di provvedere alle istanze dei privati con provvedimento in forma espressa, anche in caso di rigetto (art. 2 co.1);
- l’obbligo di stipulazione di eventuali accordi amministrativi sostitutivi o integrativi del provvedimento amministrativo in forma scritta e con motivazione (art. 11 co.2);
- l’introduzione dell’art.6 bis che impone al responsabile del procedimento ed ai titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale di astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale.

Il legislatore è tornato successivamente sulla materia del conflitto di interessi, vista la delega contenuta ai co. 49 e 50 della legge del 2012, approvando il d.lgs 8 aprile 2013 n. 39 in cui tale situazione, oltre a determinare il dovere di astensione, può rappresentare causa ostativa al conferimento o alla permanenza del soggetto in incarichi presso la p.a., secondo le regole della inconferibilità ed incompatibilità.
Le nuove norme sulla trasparenza amministrativa (di cui al co.15 e ss.) hanno imposto nuovi importanti obblighi di pubblicazione (in particolare di bilanci, conti consuntivi, costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini nonché con particolare riferimento ai procedimenti posti in essere dagli uffici più esposti al rischio di corruzione di cui al co.16), ponendo le basi per il superamento del semplice diritto di accesso agli atti regolato dalla legge del 1990, verso il riconoscimento prima del cosiddetto accesso civico semplice (che consente di accedere esclusivamente alle informazioni per le quali sussiste l’obbligo di pubblicazione secondo il d.lgs n.33/2013) e poi dell’accesso civico generalizzato istituito dal d.lgs n. 97/2016. Il Foia (Freedom of information act) riconosce a chiunque, a prescindere dall’esistenza di un interesse legittimo, il diritto di accedere ai dati ed ai documenti delle Pa attraverso la consultazione dei siti web istituzionali ove queste sono obbligate a pubblicarli.

Al fine di prevenire la corruzione la legge 190/2012 ha inoltre imposto importanti modifiche al Testo unico del lavoro alle dipendenze della p.a. (d.lgs n. 165/2001), in particolare disponendo:
- il generale divieto per il dipendente pubblico di svolgere incarichi ulteriori in costanza di rapporto con la p.a. senza la necessaria autorizzazione da parte della stessa (art. 53);
- la valorizzazione del Codice di comportamento come strumento di regolazione (in luogo dell’inefficiente Ccnl) dei doveri e della responsabilità disciplinare dei dipendenti pubblici (art. 54);
- il divieto di ricoprire incarichi negli uffici più esposti al rischio di corruzione per i soggetti che abbiano riportato condanne definitive per i reati di cui al capo I, Titolo II, Libro II del codice penale (art. 35 bis);
- la tutela del dipendente pubblico che segnali illeciti (c.d. Whistlblower), rivista ed ampliata recentemente con la legge n. 197/2017 che ha modificato l’art. 54 bis introdotto nel 2012, prevedendo, tra le altre cose, l’equiparazione al primo del dipendente di imprese fornitrici-esecutrici nei confronti della Pa.

La normativa della l. 190 ha posto le basi per una revisione della disciplina sulla incandidabilità (diversa dalla ineleggibilità) ed il divieto di ricoprire cariche elettive e di governo, poi confluita nel Testo unico d.lgs 31 dicembre 2012, n. 235, seppure continuino a sussistere importanti differenze di trattamento tra cariche elettive al parlamento nazionale ed altri livelli di governo.

Infine, le legge anticorruzione ha modificato l’art.1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20 introducendo i commi 1 sexies e 1 septies che indicano la commisurazione del danno all’immagine della pubblica amministrazione (derivante dalla commissione di un reato contro la stessa) in misura pari al doppio delle somme-utilità indebitamente percepite dal dipendente, potendo la Corte dei conti anche disporre il sequestro conservativo delle stesse in caso di fondato pericolo di attenuazione della garanzia del credito erariale.
Il più importante elemento di novità è rappresentato dalle inedite regole sulla pianificazione della prevenzione della corruzione nella p.a.. Il legislatore ha inteso estendere alla materia l’adozione delle tecniche proprie del metodo strategico prevedendo la necessaria adozione del Piano nazionale anticorruzione (Pna) a livello nazionale e del Piano triennale per la prevenzione della corruzione (PTPC) in ogni singola p.a..

In effetti proprio il Foia del 2016 ha razionalizzato l’impianto del 2012 assegnando all’ Anac il compito di adottare, sentito il parere di Comitato interministeriale anticorruzione e della Conferenza unificata, il Pna quale strumento della durata di 3 anni (aggiornato annualmente) contenente atti di indirizzo nei confronti delle singole Pa tenute all’adozione del PTPC e dei soggetti tenuti agli adempimenti imposti dal d.lgs 8 giugno 2001, n. 231, nel quale si provvede all’individuazione dei principali rischi di corruzione e dei relativi rimedi per ridurre o eliminare il rischio, nonché alla determinazione di obiettivi, tempi e modalità di attuazione delle misure.

D’altra parte ciascuna amministrazione è tenuta ad implementare un PTPC (nella cui seconda parte confluisce oggi anche il Piano triennale per la trasparenza) che tiene conto in primo luogo degli indirizzi del Pna ed è implementato nell’ambito di un ciclo strategico che consta di diverse fasi:
- l’organo di indirizzo politico-amministrativo definisce gli obiettivi strategici in materia di prevenzione della corruzione, che costituiscono elemento necessario dei documenti di programmazione strategico-gestionale e del successivo PTPC;
- il responsabile per la prevenzione della corruzione (Rpc), individuato a norma del comma 7 dell’art.1 della l. del 2012, anche raccogliendo le proposte dei dirigenti provvede ad elaborare il Piano contenente:
a) l’individuazione delle attività più esposte al rischio, in particolare quelle di cui al comma 16;
b) la previsione per l’attività di tali uffici di adeguati meccanismi di formazione e controllo delle decisioni nonché di specifici obblighi di informazione nei confronti del Rpc ed ulteriori obblighi di trasparenza;
c) strumenti per il monitoraggio dei tempi dei procedimenti amministrativi e dei rapporti che intercorrono tra i soggetti che operano negli uffici più esposti ed i soggetti beneficiari dell’attività di tali uffici;
- spetta all’organo di indirizzo approvare/adottare il PTPC entro il 31 gennaio di ogni anno provvedendo altresì a darne comunicazione all’ Anac, termine entro il quale lo stesso Rpc provvede ad individuare i soggetti operanti negli uffici a rischio che devono essere indirizzati alla formazione sui temi dell’etica.

Così come l’Anac a livello nazionale vigila sull’attuazione delle norme del PNA ed esercita tutti gli altri compiti attribuiti prima del d.l. 90/2014 al Dipartimento di funzione pubblica, in ogni p.a. il Rpc dovrà oltretutto vigilare sull’attuazione del PTPC e sulla rotazione degli incarichi negli uffici più esposti, potendo altresì proporne la modifica in caso di gravi violazioni e dovendo in ogni caso provvedere a dare segnalazione all’organo di indirizzo ed all’Oiv delle eventuali disfunzioni ,ed agli uffici competenti per i procedimenti disciplinari dei nominativi dei dipendenti che violino il piano stesso, ma anche il codice di comportamento e le norme sulla trasparenza al fine di dar luogo all’obbligo di avvio del procedimento disciplinare. Al termine del ciclo, annualmente, entro il 15 dicembre, lo stesso Rpc provvede a trasmettere all’Oiv ed all’organo di indirizzo una relazione sull’attività svolta.
In questo modo anche questo ciclo viene integrato nel ciclo della misurazione-valutazione della performance costituendo, a ben vedere, un momento decisivo di riconciliazione tra principio di legalità e logica di risultato, proprio perché in questa sede il risultato è determinato dal rispetto della legge.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Amministrazione di risultato: prospettive e profili attuativi

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Informazioni tesi

  Autore: Sandro Stano
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2016-17
  Università: Università degli Studi di Bari
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze dell'Amministrazione
  Relatore: Piergiuseppe Otranto
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 118

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Parole chiave

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amministrazione di risultato
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gestione pubbliche amministrazioni
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