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La discriminazione linguistica nelle relazioni intergruppi

L’impatto dell’entitatività nella discriminazione: favoritismo ingroup e deroga all’outgroup nell’attribuzione di outcomes negativi

Questo esperimento è connesso a quello precedentemente descritto di Rubini, Moscatelli, e Palmonari (2007) in quanto, ha in comune un’impostazione che si avvale dei ‘gruppi minimi’ e l’utilizzo della variabile ‘entitatività’. Il focus però è su aspetti leggermente diversi dello studio della discriminazione linguistica, infatti mentre nel caso antecedente, l’entitatività viene manipolata a livello per così dire, ‘ quantitativo’, al fine di comprendere come un suo aumento possa influire sul linguaggio utilizzato nelle relazioni intergruppi, in questo caso invece, viene valutato il comportamento di assegnazione di punteggi negativi, vale a dire, distribuzioni di sanzioni od oneri tra membri ingroup e outgroup ( Mummendey et al., 1992). Il tutto viene vagliato in entrambi i casi all’interno del regno dei gruppi minimali. Ancora una volta la misurazione è stata effettuata tramite descrizioni linguistiche, in quanto rivelatrici del comportamento stesso.
Il primo processo che questo esperimento s’impone di studiare, è il ruolo dell’entitatività di gruppo (Campbell, 1958;. Lickel et al, 2000) nell’aumento della discriminazione linguistica quando vengono assegnati outcomes negativi in qualità di comportamenti-stimolo.

Come detto per il precedente esperimento,ricerche sull’asimmetria positivo-negativo nella discriminazione sociale (ad esempio, Otten e Mummendey, 2000) hanno rivelato che spesso i membri di un gruppo sono restii a mostrare discriminazione nelle relazioni intergruppi quando questa comporta l'inflizione di outcomes negativi all'outgroup, piuttosto che positivi per l'ingroup.
Probabilmente questo pattern comportamentale è influenzato da problemi di tipo normativo e/o desiderabilità sociale. Tuttavia, quando determinate condizioni aggiuntive come ad esempio un basso status di gruppo e/o inferiori dimensioni del gruppo, "aggravano" la salienza della categorizzazione, gli individui mostrano un certo grado di conformismo col bias, probabilmente perché aumenta la motivazione dei membri a stabilire una distinzione ingroup positiva (Otten, Mummendey, e Blanz , 1996; Tajfel e Turner, 1979). Anche in questo caso i soggetti venivano suddivisi in due gruppi, i quali dovevano svolgere un compito in due sessioni differenti che riflettevano a loro volta, due condizioni distinte; la prima era quella considerata ‘normale’ mentre nella successiva, i soggetti dovevano eseguire lo stesso compito durante l’ascolto di un rumore sgradevole(in questo caso, il suono di un trapano da dentista).

Le matrici di attribuzione sono le medesime utilizzate nello studio Rubini, Moscatelli, e Palmonari (2007), in questo caso però, i punteggi negativi erano rappresentati dai ‘secondi di rumore’ da affligere ai membri ingroup oppure outgroup.
Nel presente contributo, così come in Rubini, Moscatelli, e Palmonari (2007), l’entitatività di gruppo è stata manipolata attraverso la vicinanza e il destino comune. La condizione meno entitativa era rappresentata da quella standard di gruppo minimo, vale a dire, mera categorizzazione (Tajfel et al., 1971), nella condizione, chiamata ‘separazione spaziale’, l’entitatività di gruppo è stata incrementata attraverso la vicinanza tra i membri della due categorie contrapposte,infine, nella condizione di massima entitatività di gruppo, ovvero destino comune, è stato aggiunto alla categorizzazione e alla prossimità, una situazione di destino comune per ogni gruppo.

Ancora una volta sono state utilizzate le descrizioni richieste ai partecipanti in merito al comportamento di assegnazione in qualità di produzioni linguistiche ai fini dell’indagine sulla discriminazione. È importante ricordare che le possibili strategie comportamentali di assegnazione erano: equità o favoritismo ingroup, eseguito da un membro ingroup o un membro outgroup (il membro "target").
Ai fini della codifica dei termini linguistici forniti nelle descrizioni dei partecipanti, anche qui come (Rubini, Moscatelli, e Palmonari 2007) sono state utilizzate le quattro categorie linguistiche del modello delle categorie linguistiche di Semin e Fielder (1988): verbi di azione descrittivi (DAV),verbi di azione interpretativi (IAV),verbi di stato (SV) ed aggettivi (ADJ).
L’esperimento si concentra anche su un tema intrigante che ha ricevuto sorprendentemente poca attenzione nella letteratura relativa alle relazioni intergruppi ovvero, la natura del bias all’interno delle relazioni intergruppi (Brewer, 2007). In effetti, nella maggior parte della ricerca si è implicitamente assunto che il favoritismo per l'ingroup sia intrinsecamente legato alla svalutazione outgroup, dando per scontato che il bias intergruppi sia utilizzato con l’obiettivo di aumentare la positività dell’ingroup e viceversa, aumentare la negatività dell’outgroup.

Questo rappresenta un aspetto innovativo perché considera i due aspetti distinti del bias intergruppi, cioè favoritismo per l'ingroup e svalutazione outgroup, in quanto si palesano nel linguaggio naturale. Infatti, gli individui hanno a loro disposizione astrattezza e valenza dei termini linguistici da adattare alle distorte rappresentazioni intergruppi, che possono sfociare nell’ “amore per l’ingroup” o “odio per l’outgroup” (Brewer, 1999). Ad oggi, tuttavia, la ricerca sul LIB non ha sfruttato questo potenziale del linguaggio, dal momento che nella maggior parte degli studi la desiderabilità sociale dei comportamenti target è stata sperimentalmente manipolata (Moscatelli e Rubini,2011).
Brewer, (1979, 1999) tuttavia sostiene che la discriminazione intergruppi molto spesso rappresenti un pregiudizio positivo verso l'ingroup. Considerando la discriminazione nell'assegnazione di punteggi negativi, non è chiaro se tale forma di pregiudizio rappresenti l'espressione di favoritismo per l'ingroup (vale a dire, evitamento di brutte esperienze ai membri del proprio gruppo) oppure palese e genuina svalutazione dell’outgroup (cioè, infliggendo stimoli avversi a membri del gruppo in contrapposizione).
I risultati qui ottenuti sono in linea con Rubini, Moscatelli, e Palmonari (2007) , infatti hanno confermato la relazione tra entitatività e discriminazione linguistica.

Considerando le singole condizioni, né mera categorizzazione, né separazione spaziale sono state sufficienti a produrre una distorsione linguistica. Solo i membri del gruppo che si trovava nella condizione più entitativa di destino comune, hanno utilizzato il linguaggio affetto da discriminazione, in questo senso vengono descritti i membri ingroup con termini positivi più astratti e termini negativi più concreti, rispetto a quanto viene fatto per i membri dell'outgroup.
Oltre a sostenere ulteriormente l'esistenza di una discriminazione linguistica nel regno dei gruppi minimi (Rubini, Moscatelli, e Palmonari, 2007), questo studio mette in luce le condizioni limite sulle considerazioni di tipo linguistico, mostrando per la prima volta che la semplice categorizzazione non è sufficiente a suscitare discriminazione linguistica intergruppi.
Pertanto, questi risultati contribuiscono anche alla letteratura sulle condizioni minime di discriminazione intergruppi, in quanto, mostrano che, quando entrano in gioco outcomes negativi(in questo caso secondi di rumore sgradevole), sia necessario qualcosa in più che la mera categorizzazione al fine di osservare discriminazione intergruppi sul piano implicito dell’astrazione linguistica.
La discriminazione linguistica infatti, si verifica quando le categorie sociali diventano più psicologicamente significative, infatti viene rilevata solo nella condizione di destino comune dove è forte la percezione di ‘gruppo’, come rivela la misurazione dell’identificazione con lo stesso. È interessante notare che nella condizione di destino comune, le descrizioni dei membri dell'outgroup contengono un maggiore numero di aggettivi rispetto alle altre condizioni dove il livello di entitatività era minore.

Le evidenze sopra descritte sottolineano che l'effetto di entitatività è guidato dalla categoria linguistica più astratta. Dal momento che gli aggettivi consentono la generalizzazione di informazioni attraverso il tempo e i contesti e in più danno maggiori informazioni circa i protagonisti rispetto a quanto facciano i termini più concreti (Douglas e Sutton, 2003; Semin e Fiedler, 1988; Wigboldus, Semin, e Spears, 2000). Gli individui nella condizione di destino comune mostrano di essere influenzati da stereotipi di gruppo anche se il contesto non fornisce aspettative intergruppi ben definite.
Inoltre, questo studio aggiunge ulteriore prova sulla discriminazione linguistica, rivelando la sua pervasività nel linguaggio spontaneo usato per descrivere comportamenti genuini intergruppo anziché comportamenti sperimentalmente controllati (Moscatelli e Rubini,2011).
Come detto, l'aumento dell’entitatività di gruppo aumenta la discriminazione linguistica solo nelle descrizioni di favoritismo per l'ingroup. Pertanto, la discriminazione linguistica rilevata nello studio non era solo una conseguenza direttamente attribuibile all’aumento dell’entitatività di gruppo, ma rifletteva i cambiamenti nella valutazione dei diversi comportamenti dei membri del gruppo in condizioni diverse di entitatività di gruppo. A questo punto è palese come questi risultati divergono da quelli del precedente esperimento di Rubini, Moscatelli, e Palmonari (2007), che non ha riportato alcun effetto specifico di discriminazione linguistica nelle descrizioni del comportamento di
attribuzione (parità o favoritismo ingroup).

La differenza tra i due studi viene spiegata dagli stessi autori in termini di sofisticate elaborazioni delle informazioni, suscitate da decisioni circa stimoli negativi vs positivi (ad esempio, Peeters e Czapinski, 1990), che possono avere portato individui ad essere più precisi nel valutare le conseguenze e l'adeguatezza dei due comportamenti considerati in diverse condizioni di entitatività di gruppo. Considerato ciò, è quindi opportuno effettuare ulteriori indagini in merito, al fine di confermare questa ipotesi esplicativa.
Un’importante novità che deriva dai risultati è che essi rispondo al quesito, nonché uno degli obiettivi di questo esperimento, infatti rivelano importanti implicazioni circa la natura del bias intergruppi. In seguito vari studi Brewer (1999) arrivò alla conclusione che il bias intergruppi solitamente rappresenti l'espressione di ‘amore ingroup’ piuttosto che di ‘odio verso l’ outgroup’.
Tuttavia, in questo studio l’entitatività influenza soprattutto la discriminazione verso l'outgroup: infatti, nella condizione di destino comune, i membri outgroup sono stati descritti meno favorevolmente, come dimostra la presenza di termini positivi ad un minor livello di astrazione di quanto non fossero quelli negativi. In questo modo veniva realizzata la discriminazione.

Naturalmente, parallelamente agli aspetti positivi, sono ravvisabili alcune criticità. In particolare, la manipolazione dell’entitatività di gruppo non consente di distinguere gli effetti dei fattori infragruppo (per esempio, condividendo la stessa esperienza con i membri ingroup) e intergruppo (ad esempio, di essere sottoposto ad un destino diverso da membri outgroup) sulla discriminazione(Moscatelli e Rubini, 2011). Occorrono quindi ulteriori studi per indagare più approfonditamente la questione.
Anche qui, come Rubini, Moscatelli, e Palmonari (2007), una lacuna è rappresentata dalla mancanza di controlli della manipolazione sulla percezione delle scelte di assegnazione dei partecipanti, ciò comporta che nessuna spiegazione potrebbe essere data in merito ad una scoperta rilevata principalmente nelle descrizioni della scelta di favoritismo per l'ingroup, ovvero, sul motivo per cui nella condizione di separazione spaziale, nessun partecipante ha descritto l'ingroup con termini negativi più astratti di quelli utilizzati nella condizione di mera categorizzazione e di destino comune.

In conclusione, questi risultati aprono tracce interessanti nello studio della discriminazione intergruppi. Essi, infatti, sottolineano che l'analisi dell'uso del linguaggio spontaneo fornisce un potente mezzo per capire come le diverse sfaccettature della discriminazione intergruppi sono influenzate da diverse impostazioni intergruppo. Essi inoltre suggeriscono che attraverso il linguaggio sia possibile catturare la componente dei pregiudizi derogati all’outgroup, che possono essere facilmente inibiti intenzionalmente a livelli controllati(Moscatelli e Rubini, 2011).

Questo brano è tratto dalla tesi:

La discriminazione linguistica nelle relazioni intergruppi

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Informazioni tesi

  Autore: Veronica Rossi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Scienze del comportamento e delle relazioni sociali
  Relatore: Silvia Moscatelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 55

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