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Il rapporto tra gli obblighi di pubblicazione e la tutela dei dati personali

Indicizzazione, decontestualizzazione e diritto all’oblio

Il tema dell’applicazione delle disposizioni sulla trasparenza è particolarmente delicato e necessita di un approccio equilibrato per evitare che i diritti fondamentali alla riservatezza nonché la dignità dell’individuo, possano essere pregiudicati da un’indiscriminata diffusione di dati personali in rete. Occorre, infatti, tenere in adeguata considerazione le conseguenze e i rischi per la vita privata e per la dignità delle persone derivanti dal crescente e generalizzato obbligo di pubblicazione delle informazioni del settore pubblico, oggettivamente ampliate anche dal più recente intervento di riordino in materia, che rappresenta la forma più invasiva di diffusione di dati. I rischi connessi al trattamento dei dati personali sul web emergono ancora di più ove si consideri la delicatezza di talune informazioni unitamente alla loro facile reperibilità su internet, grazie anche ai motori di ricerca (es. Google, Yahoo).

Particolarmente rilevante, infatti, è il rischio di ‘cristallizzazione’ delle informazioni che finiscono in rete, cui si aggiungono le oggettive difficoltà pratiche (e giuridiche) nell’ottenere la loro cancellazione una volta decorso il termine di pubblicazione o, comunque, nel caso in cui i dati non vengano cancellati dopo il raggiungimento dello scopo perseguito, in violazione del c.d. ‘diritto all’oblio’ oggi positivizzato come diritto alla cancellazione dal Regolamento UE. Sul versante della normativa nazionale, l’art. 9 del d.lgs. n. 33/2013 stabilisce che: «Le amministrazioni non possono disporre filtri e altre soluzioni tecniche atte ad impedire ai motori di ricerca web di indicizzare ed effettuare ricerche all’interno della sezione di Amministrazione Trasparente».

L’obbligo di indicizzazione nei motori generalisti durante il periodo di pubblicazione obbligatoria è limitato ai soli dati tassativamente individua-ti dalle disposizioni in materia di trasparenza e collocati nella sezione di AT, con esclusione degli altri dati che si ha l’obbligo di pubblicare per altre finalità (es. pubblicità legale presso Albi). Sono sottratti all’indicizzazione i dati sensibili e giudiziari, ora diversamente qualificati dal GDPR. In ordine all’obbligo di indicizzazione, il Garante Privacy, già nel 2013 e più recentemente nel parere reso con provvedimento n. 92 del 3.3.2016, ha stigmatizzato l’irragionevolezza della sua estensione automatica a tutti i dati, documenti o informazioni resi pubblici sulla base degli obblighi giuridici più eterogenei.

Un obbligo di indicizzazione così ampio e indifferenziato, infatti, è contrario al principio di proporzionalità nel trattamento dei dati personali rispetto alle specifiche finalità di trasparenza, di volta in volta perseguite, e non tiene in considerazione le esigenze di avere dati esatti, aggiornati e contestualizzati. La reperibilità, senza distinzioni, di dati personali mediante i comuni motori di ricerca, espone la vita privata alla generale curiosità dei ‘naviganti’, determinando conseguenze ultronee rispetto agli obiettivi di trasparenza, già efficacemente raggiunti attraverso la pubblicazione dei medesimi dati sui siti web istituzionali delle amministrazioni. Un malinteso (e dilatato) principio di trasparenza può infatti determinare conseguenze gravi e pregiudizievoli tanto della dignità delle persone quanto della stessa convivenza sociale. Occorre tener presente, infatti, che i motori di ricerca "decontestualizzano" i dati personali disponibili in rete, prelevandoli dai siti internet in cui sono contenuti secondo una logica di ‘priorità di importanza’ del tutto estranea agli utenti.

Tali elementi problematici non sono sfuggiti alla più autorevole dottrina che sottolinea come «il documento informatico divulgato sul web è soggetto a condivisione, copia, commento, riproduzione anche solo parziale, alterazione e indicizzazione, che ne consentono la reperibilità indiscriminata a ogni latitudine e in ogni tempo, anche a distanza di anni e a partire dalla digitazione di una sola parola».
Nel momento in cui i dati personali risultano accessibili in maniera indistinta su internet, sia i limiti di utilizzo che la relativa tutela possono risultare impossibili. Proprio per tale motivo sarebbe auspicabile un ulteriore intervento normativo, più rispettoso del principio di proporzionalità, che preveda una graduazione delle modalità di reperibilità in rete delle informazioni, oggetto degli obblighi di trasparenza. In questo quadro, può certamente ritenersi giustificata l’indicizzazione dei dati personali riferiti a soggetti che ricoprono cariche politiche, sia per la rilevanza pubblica del ruolo ricoperto che per la funzione sociale volta. Tale obiettivo non giustifica, invece, che la trasparenza dell’Amministrazione si trasformi nella ‘trasparenza delle persone’ come, ad esempio, per l’indicizzazione dei redditi dei dirigenti e dei loro familiari, questione posta all’attenzione della Corte Costituzionale per contrasto con gli artt. 117, comma 1, 3, 2 e 13 della Costituzione. Anche l’ANAC, nella propria relazione annuale 2014 al Parlamento, aveva evidenziato come il regime applicabile ai contenuti oggetto di pubblicazione obbligatoria, dovrebbe essere “articolato” e “graduato” proprio con riferimento alla durata della pubblicazione, alle modalità di conservazione dei dati ed alla possibilità di indicizzazione dei contenuti da parte dei motori di ricerca esterni.

Come premesso all’inizio del paragrafo, quindi, con l’entrata in vigore del GDPR è stato finalmente sancito un nuovo diritto a favore degli interessati dal trattamento, quali soggetti proprietari dei dati. Si tratta, in sintesi, del diritto di ottenere la cancellazione definitiva e completa dei propri dati trattati dal Titolare o dal Responsabile del trattamento. Il diritto alla cancellazione (o all’oblio) non è comunque di nuova concezione; esso, infatti, parte dal più generale diritto della persona, costituzionalmente tutelato, di non veder compromessa la propria reputazione. Si pensi ai casi di cronaca in cui un soggetto imputato per un reato, diventa anche imputato ‘mediatico’. Nel momento in cui viene assolto egli ha il diritto che venga data al pubblico la giusta informazione che lo riguarda e che vengano cancellate le informazioni negative, non vere o non aggiornate, a lui attinenti. Il diritto all’oblio rappresenta una specifica espressione del diritto alla riservatezza, diventato particolarmente pregnante e delicato nell’epoca di internet. Internet inteso come immensa ’banca di banche dati’, che vive dell’inserimento incessante e costante di dati di qualsiasi natura e provenienza, che escono dalla sfera di esclusiva disponibilità del proprio autore dal momento stesso in cui vengono caricati in rete. Sebbene le informazioni on line a volte vengano apparentemente rimosse, spesso non vengono cancellate del tutto potendo riaffiorare sul web perché, ad esempio, si è provveduto a rimuoverle solo dal proprio sistema informatico interno, senza provvedere ad una completa deindicizzazione dai motori di ricerca.

Il Garante Privacy è più volte intervenuto sul diritto all’oblio, mediante propri provvedimenti su casi specifici. A livello internazionale, è ormai storica la vicenda giudiziaria relativa ad un cittadino spagnolo che cercò di ottenere, prima dal gestore del sito di un giornale on line e poi da Google, la rimozione di alcuni dati personali pubblicati su un articolo di giornale e ritenuti dallo stesso non più attuali. Su ricorso dell’interessato, l’Autorità spagnola per la protezione dei dati personali (AEPD), ordinò a Google la rimozione dei dati in questione dai risultati generati dal motore di ricerca. Il motore di ricerca rifiutò di ottemperare alla richiesta rilevando come ciò potesse configurare un’indebita compromissione della libertà di espressione dei gestori di siti internet.
[…]

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il rapporto tra gli obblighi di pubblicazione e la tutela dei dati personali

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Informazioni tesi

  Autore: Mario Dominici
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2017-18
  Università: Università degli Studi della Tuscia
  Facoltà: Dipartimento di Studi linguistico-letterari, storico-filosofici e giuridici
  Corso: Scienza della Pubblica Amministrazione
  Relatore: Giulio Vesperini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 74

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Parole chiave

privacy
riservatezza
dati personali
trasparenza
oblio
regolamento ue
amministrazione trasparente
obblighi di pubblicazione
pubblicazioni obbligatorie
indicizzazione pseudonimizzazione

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