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Il cibo è cultura e specchio di una società

Un bicchiere a tavola: acqua, vino o birra?

Nel Medioevo erano tre le bevande più comuni: l’acqua, il vino e la birra. Esattamente come ogni altra bevanda anche «l’acqua si valuta, si giudica e si sceglie» in quanto contiene in sé diverse sfumature di sapori, odori e colori. L’acqua più consigliata in epoca Medioevale era quella piovana poiché, a parere dei medici del tempo, non era contaminata dalle impurità del terreno ma, nonostante tutto, l’acqua di cui si è più scritto e parlato in questo periodo storico fu quella dei pozzi, delle sorgenti, dei fiumi e dei laghi.

Nel Medioevo l’acqua era tendenzialmente molto contaminata e quindi si cercava di risolvere tale problema con dei semplici accorgimenti. Innanzitutto era tipica la consuetudine di aromatizzarla con succhi realizzati con frutta acida come ad esempio lamponi, more e mirtilli; la frutta in questo caso aveva lo scopo di produrre una lieve fermentazione che disinfettava l’acqua. Era comune anche allungarla con un bicchiere di vino poiché il suo contenuto alcolico contribuiva ad abbattere la carica batterica presente, infine, l’acqua poteva essere diluita con dell’aceto o aggiungendo spezie ed erbe. (Montanari 2012:143) Fu molto controverso il dibattito intorno al gusto dell’acqua; molti pensatori sostennero che il rapporto tra gusto e acqua fosse essenziale e dunque nonostante questa non avesse secondo loro un sapore, essa permetteva di condurre ai sensi del corpo umano tutti gli altri gusti. Cassiodoro aveva sostenuto che l’acqua “da gusto ai cibi” in quanto secondo il suo pensiero, nessun cibo era gradevole se non veniva accompagnato dall’acqua.

A volte, però, nell’acqua venivano percepiti dei sapori e questo accadeva perché essa era stata contaminata da qualche elemento della terra e quindi in questi casi, come ci spiegava Guglielmo di Conches, l’acqua poteva assumere un sapore dolce, salato, evanescente oppure amaro a seconda del territorio da cui era defluita. Da questo punto di vista l’acqua migliore era quella insapore, incolore e priva di sostanze in sospensione. Anche la temperatura era un fattore importante per distinguere le diverse acque, infatti, a seconda che questa fosse tiepida oppure fresca, poteva assumere un gusto nauseabondo oppure dissetante e proprio perché l’acqua poteva essere fonte di piacere per il palato, ai monaci erano imposte delle restrizioni: era per loro raccomandato di non eccedere nel consumo di tale bevanda perché avrebbe potuto inebriare i loro sensi andando ad influire sul desiderio sessuale. (Montanari 2012:147-148) Ma l’eccessiva semplicità dell’acqua era anche il suo limite più grande tanto che, nella letteratura Medievale, fu sempre contrapposta al vino designando quest’ultimo come il completamento dell’acqua.

Il vino ebbe innanzitutto una forte caratterizzazione religiosa perché, per un verso fu elogiato come simbolo e usato come strumento per l’eucarestia dai cristiani, ma, per l’altro fu fortemente criticato e bandito dai musulmani. La scelta del vino non era qualcosa di oggettivamente definibile perché bisognava sempre adeguarlo alla persona, al momento e al luogo geografico in cui ci si trovava. Inoltre il vino non era quasi mai consumato puro ma veniva sempre accompagnato all’acqua che consentiva di controllare questa “pericolosa bevanda”. La consuetudine di mescolare l’acqua al vino era così scontata e inevitabile che dal latino antico il verbo “miscere” viene tradotto, in italiano, con il verbo mescolare ma anche con il verbo versare. Il vino, inoltre, veniva utilizzato come base per preparare altre bevande unendolo ad erbe, fiori, radici, spezie o frutti e in alcuni casi veniva addirittura cotto e addensato sopra al fuoco. (Montanari 2012:178-179) Questa bevanda nel corso della storia ha assunto diversi significati, a seconda del luogo e del periodo storico; nei paesi in cui era difficile la coltivazione delle viti come nel Nord Europa, il vino era considerato una bevanda rara e di prestigio mentre la birra era per loro una bibita popolare, al contrario, laddove la vite era facilmente coltivabile, il vino era una bevanda largamente diffusa tra ricchi e poveri.

Il buon vino in epoca Medievale, era quello tipicamente dolce poiché questa caratteristica era la più rara e contemporaneamente la più ricercata, inoltre, tra i vini più apprezzati in questa epoca storica, troviamo quelli “giovani” e freschi. Nel testo “Secretum secretorum”, scritto nel VII-VIII secolo d.C. leggiamo una classificazione dei vini che li distingue per età, colore, sapore, odore, sostanza e forza. Solamente agli inizi dell’età moderna si delinea una nuova classificazione che suddivide in categorie diverse i vini prodotti in una zona rispetto a quelli prodotti in altri luoghi. Il vino consumato durante il Medioevo poteva essere bianco oppure rosso e spesso venivano aggiunti dei coloranti per rendere ancora più evidenti queste differenze. Al vino bianco era aggiunto l’albume d’uovo per farlo diventare più luminoso mentre, al vino rosso, erano aggiunte bacche nere per renderlo ancora più scuro. (Montanari 2009:186) Il vino in epoca medievale fu inoltre caricato di significati importanti, veniva utilizzato per la preparazione di molti farmaci ma talvolta era considerato addirittura un medicinale esso stesso, essendo molto utile a curare e prevenire alcune malattie. I monaci, proprio per queste grandi, e allo stesso tempo sconosciute, potenzialità del vino dovevano rispettare alcune regole che ne prescrivevano l’astinenza poiché esso poteva provocare stati di ubriachezza molto pericolosi per la vita monastica. (Montanari 2012:173-175) Infine, la terza bevanda tipica del Medioevo era la birra.

I primi a produrla furono i popoli del Mediterraneo, nei territori compresi tra l’Egitto e la Mesopotamia, facendo fermentare due tipici cereali in un ambiente umido: l’orzo e il grano. La birra, o “pane liquido”, la possiamo vedere rappresentata già in alcune iconografie egizie che raffigurano alcune donne impegnate ad impastare il pane e a mescolare la birra. La birra egizia era però molto diversa da quella che siamo abituati a vedere e bere al giorno d’oggi; era infatti più densa e veniva utilizzata, non tanto come semplice bibita, ma con una funzione simile al mangia-bevi. Tale bevanda semi-solida subì poi delle grandi trasformazioni all’epoca di Carlo Magno quando, secondo le tradizioni, un monaco o un contadino, provarono ad aggiungere del luppolo durante il processo di fermentazione dei cereali. Questo tentativo ebbe un notevole successo e si consolidò al punto tale da divenire la regola. (Montanari 2009:23-24).
In epoca Medievale vi era quindi la compresenza dell’acqua, del vino e della birra e questo fatto era comunemente accettato, anche se la maggiore importanza e bontà del vino non era messa in discussione da nessuno.

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Informazioni tesi

  Autore: Eleonora Boccagni
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2017-18
  Università: Università degli Studi di Verona
  Facoltà: Scienze della Comunicazione
  Corso: Scienze della comunicazione
  Relatore: Anna Maria Paini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 67

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