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La giustizia di transizione: amnistia e memoria storica nella Spagna contemporanea

Possibili risoluzioni

Alcuni Paesi che come la Spagna hanno affrontato una lunga dittatura e una difficile transizione alla democrazia, hanno compiuto dei grandi progressi nel campo del Diritto Internazionale e delle persecuzioni nei confronti dei colpevoli. Per quale motivo questo non è stato possibile in Spagna? Cerchiamo ora di fare luce sulla faccenda comparando questa situazione con quella vissuta da Cile a Argentina. In tutti e tre i Paesi ci furono delle dittature di taglio conservatore che portarono alla violazione dei diritti fondamentali dell’uomo. Tuttavia l’Argentina fu il primo Paese del ConoSud dell’America latina ad abrogare la Ley de Amnistía e in Cile, nonostante la legge del 1978 sia ancora in vigore, esiste un dibattito circa la sua annullazione. In Spagna invece la legge del 1977 è ancora vigente e, come se ciò non bastasse, non esiste nessun dibattito pubblico circa la sua abrogazione. Secondo Paloma Aguilar i due fattori da studiare sono: il tipo di repressione dominante, clandestina o ufficiale e, infine, il grado di implicazione della giustizia ordinaria. Per quanto riguarda il tipo di dittatura, in Argentina e in Cile possiamo parlare di dittatura militare; mentre in Spagna, nonostante Franco fosse un militare, non furono né l’esercito né i corpi speciali della polizia a portare avanti la repressione politica.

Qui svolse un ruolo fondamentale il sistema giudiziario: esso accettò il pacto del olvido e partecipò direttamente ai consigli di guerra e ai tribunali creati da Franco. Esiste infatti una teoria secondo la quale i Paesi in cui il sistema di repressione fu “promulgato” dal potere politico-militare, come in Argentina, è più probabile che i giudici abbiano mantenuto una posizione al margine della repressione rispetto a dove prevalse, come in Spagna, una dittatura “legalizzata” In Argentina infatti non ci furono condannati a morte per questioni politiche, cosa che invece accadde in Spagna. Secondo un’altra teoria invece, più è evidente l’implicazione della giustizia ordinaria nel regime, più i giudici faranno resistenza nell’approvare politiche di giustizia di transizione: “cuánto más oficial y legal haya sido la represión de la oposición, más habrá estado implicada la judicatura en ella”. Anche in Cile la maggior parte del sistema giudiziario fu complice della dittatura; tuttavia questi non parteciparono ad alcun consiglio di guerra e molti giudici cercarono di mantenersi neutrali.

In Argentina invece la repressione fu in maggior parte extragiudiziale e a malapena ricorsero ai consigli di guerra e avvocati e giudici fecero parte della repressione. In Spagna durante il regime si crearono addirittura dei tribunali civili “speciali” destinati alla repressione e tribunali misti formati da giudici ordinari e militari. Inoltre i giudici, prima di assumere tale carica, furono costretti a giurare fedeltà al dittatore, il che lascia presumere la loro parzialità. Sempre per quanto riguarda il sistema giudiziario, in Argentina tutti coloro che collaborarono con il regime vennero sollevati dal loro incarico, cosa che non accadde negli altri due casi. È infatti per questo motivo che in Spagna e in Cile sarà difficile derogare le leggi di amnistia: nessun magistrato approverà leggi a suo sfavore, poiché la loro reputazione e la loro professionalità potrebbero essere danneggiate (ed è per questo che nella Ley 46/1977 vennero amnistiati anche i delitti commessi dalle autorità e non era necessaria nessuna investigazione per godere di questo “diritto”) In Cile, invece, la legge fu approvata della dittatura, anche se si riferiva solo al suo periodo più repressivo, e, per concederla, era necessaria un’investigazione. Hanno indagato poi su delitti considerati crimini contro l’umanità, senza per questo contravvenire alla Ley de Amnistía, d’accordo con le norme del diritto internazionale.

In Argentina la legge venne invece derogata e il presidente poté processare alcuni membri della guerrilla e magistrati accusati di complicità con la dittatura. La Spagna è inoltre l’unico Paese in cui non venne creata alcuna comisión de la verdad. Il caso spagnolo rappresenta quindi una grave anomalia: come si potrebbe ovviare a queste carenze? È innanzitutto necessaria la creazione di una comisión de la verdad che abbia come compito principale quello di ristabilire la verità storica circa tutte le violazioni commesse durante la guerra civile e durante la dittatura. Inoltre, è necessario che lo Stato aiuti e finanzi le associazioni a nazionalizzare la politica delle esumazioni, che continua tuttora a essere privatizzata, prestando maggiore attenzione in questo modo al diritto alla verità e alla riparazione delle vittime.

Lo Stato ha inoltre l’obbligo di processare tutti coloro che hanno commesso dei crimini durante il periodo già citato, trattandosi di crimini contro l’umanità: il principio VI C della Resolución 95 (I) del 1946 tipifica come delitti contro l’umanità:
El asesinato, el exterminio, la esclavización, la deportación y otros actos inhumanos cometidos contra cualquier población civil, o las persecuciones por motivos políticos, raciales o religiosos, cuando tales actos sean cometidos o tales persecuciones sean llevadas a cabo al perpetrar un delito contra la paz o un crimen de guerra, o en relación con él.

Se focalizziamo la nostra attenzione sul concetto di “coerenza giuridica”, ovvero la relazione tra il sistema giuridico interno di un Paese e quello internazionale, la Spagna si è comportata in modo incoerente. Essa ha l’obbligo di adempiere questi dritti tanto dal punto di vista morale, quanto dal punto di vista politico. Bisognerebbe inoltre derogare o perlomeno modificare la tanto discussa Ley de Amnistía, dato che questa è contraria agli obblighi internazionali che lo Stato deve garantire e, adottare delle nuove misure legislative che garantiscano il riconoscimento dell’imprescrittibilità di tali crimini. È inoltre necessario ampliare i diritti concessi dalla Ley de Memoria Histórica poiché questa “[…] no abre ninguna vía procesal nueva para el enjuiciamiento de tales hechos”, riferendosi a tutte le violazioni commesse durante il periodo preso in esame.

È inaccettabile che la legge non faccia riferimento alla Ley de Amnistía e che non dichiari nulle tutte le sentenze dettate dagli organi franchisti senza il minimo rispetto per le norme basiche del diritto: in questo punto la legge è esitante e arriva a un compromesso. Per concludere, è importante fare una distinzione tra crimini di Stato e crimini commessi singolarmente da altri individui: per quanto questi possano essere gravi, non si possono equiparare al carattere massivo e sistematico dei primi. Tutti coloro che hanno commesso tali delitti non dovrebbero stare in una posizione che permetta loro di stabilire norme che li esonerino dalle loro responsabilità: questo non è un sistema democratico “sano” e non è accettabile che questa situazione sia rimasta invariata.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La giustizia di transizione: amnistia e memoria storica nella Spagna contemporanea

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Informazioni tesi

  Autore: Gloria Storchi
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2016-17
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere
  Corso: Lingue e letterature straniere
  Relatore: Luigi Contadini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 50

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Parole chiave

leggi
spagna
amnistia
memoria storica
justicia transicional

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