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La narrazione populista su Twitter. Analisi della comunicazione dei leader italiani durante la campagna per le politiche 2018

Populismo e social media

Il rapporto tra populismo e media nell’era della mediatizzazione fornisce molte indicazioni riguardo ai motivi del successo di questo tipo di comunicazione nelle democrazie occidentali contemporanee. Fino ad ora sono stati messi in luce i punti di contatto tra il populismo e tutti quei fenomeni che contraddistinguono la politica nell’era postmoderna, ma un ulteriore passo è da compiere, per due motivi. È necessario approfondire il rapporto tra populismo e social media innanzitutto perché queste piattaforme hanno assunto un ruolo sempre più importante per quanto riguarda le dinamiche della comunicazione politica, e quindi questa analisi può fornire elementi ulteriori per capire le cause del successo populista. Il secondo motivo riguarda invece il contesto specifico, in quanto la ricerca verterà sull’analisi della comunicazione politica dei leader italiani proprio sui loro profili Twitter.

Una delle trasformazioni più significative dell’era postmoderna è stata sicuramente quella che ha coinvolto il sistema dei media, diventato ormai un «sistema ibrido»104. Le arene dei social media si sono sviluppate al fianco dei tradizionali mass media (televisioni, quotidiani, radio), fornendo molteplici opportunità prima d’ora sconosciute agli attori politici.
La definizione di sistema ibrido esprime innanzitutto l’integrazione tra vecchi e nuovi media: i contenuti che diventano virali nel web 2.0 vengono ripresi dai mass media
tradizionali e adattati ai linguaggi del telegiornale o del talk show (il video della candidatura di un politico, un’inchiesta da parte di una testata online, il tweet di un giornalista e così via).
In secondo luogo il sistema è ibrido in quanto prevede la possibilità di rivolgere diversi messaggi a pubblici diversi: in questo modo «la frammentazione dei mezzi e dei contenuti comporta anche una scomposizione del pubblico in tante unità più piccole e interamente omogenee».

La frammentazione dei mezzi e dei contenuti conduce ad una doppia conseguenza, che i leader populisti sfruttano nella loro comunicazione. In primo luogo avviene una forte «riduzione della centralità dei media giornalistici istituzionali a seguito della comparsa di nuovi spazi di comunicazione, che seguono regole e standard differenti»: in questo modo l’informazione non è più soggetta al controllo professionale e «all’idea che i media abbiano una responsabilità sociale verso la democrazia». Emblematici a riguardo sono i recenti scandali relativi alle cosiddette “fake news”, notizie non vere o non verificate create ad hoc per attaccare un politico o un partito, che diventano virali e finiscono per condizionare le scelte degli elettori in sede di voto. Non solo: i mass media tradizionali, oltre a perdere la loro centralità in merito alla diffusione delle notizie, perdono anche la loro autorità e credibilità, e vengono sempre più spesso attaccati per la loro presunta connivenza con le élites politiche e l’establishment. Il populismo sfrutta quindi gli spazi che il web 2.0 offre per minare la credibilità dei media tradizionali.
La seconda conseguenza derivante dalla frammentazione dei contenuti sulle piattaforme dei social media è riconducibile invece ad un processo definito come «personal action frames», che riguarda la possibilità da parte dei leader politici di sfruttare queste arene virtuali per trasmettere slogan personalizzati ed inclusivi. Un esempio è “la rivoluzione del buon senso”, diventato lo slogan di Matteo Salvini durante la campagna elettorale per le elezioni politiche del 2018. Questi frames dal contenuto altamente generico risultano essere «largamente inclusivi e allineano persone con differenti background personali sotto un’unica causa comune».

Il rapporto tra populismo e social media non si limita però solo alla frammentazione dei contenuti e dei mezzi, ma si caratterizza di ulteriori dinamiche. Il «collegamento diretto» che si crea tra il leader e i suoi followers sulle piattaforme dei social media permette la costruzione dell’identità del partito, che viene continuamente alimentata attraverso la comunicazione diretta del leader con i suoi seguaci. Questa caratteristica risulta fondamentale per il frame populista, che si occupa di costruire una realtà nella quale il significante vuoto di popolo acquisisce significato in opposizione ad un nemico. Il leader, condividendo la stessa piattaforma con i suoi seguaci, rompe i tradizionali schemi dell’intermediazione, e appare non come una persona al di sopra delle altre, ma come «uno del popolo»; allo stesso tempo chi rimane fuori dal popolo appare come un nemico, e viene attaccato attraverso un linguaggio forte e sopra le righe (anche l’uso di un linguaggio spregiudicato è un modo per avvicinare ancor di più il leader ai propri followers).

Inoltre, è da notare come l’utilizzo dei social media si integri perfettamente con la personalizzazione della politica nell’era postmoderna. Attraverso i propri account, i politici possono personalizzare il dibattito e attaccare i propri avversari senza la necessità dell’intermediazione giornalistica.
Infine, è bene sottolineare l’importanza della partecipazione attiva da parte degli utenti sui social media. Oltre a fornire un collegamento diretto tra leader e followers, le arene dei social media permettono anche agli utenti di commentare e condividere i contenuti dei propri leader. La ricezione della comunicazione da parte dei cittadini non è più passiva e, anzi, diventa più attiva che mai, suscitando alcune riflessioni.

Innanzitutto attraverso la condivisione da parte degli utenti, i leader ampliano il proprio network e lo estendono ad un audience secondario: in questo modo la visibilità dei propri contenuti non sarà limitata solo all’audience primario (quello dei followers), ma si espanderà nella piattaforma.
In secondo luogo, la possibilità da parte degli utenti di commentare i contenuti condivisi dal leader offre ai politici una sorta di sondaggio diretto ed immediato su quelli che sono i temi avvertiti come “urgenti” da parte dell’opinione pubblica.
Terzo, e non meno importante, i commenti degli utenti fungono da valvola di sfogo del proprio risentimento – sentimento cavalcato dai leader populisti – portando all’estremo quella novità introdotta dalla tv-verità che permetteva ai cittadini di esprimere il proprio dissenso pubblicamente.

La politica dunque, dopo essersi spostata nelle arene dei mass media, è sempre più indirizzata su quelle dei social media e dei nuovi media in generale. La possibilità di aggirare la mediazione giornalistica e le sue norme professionali permette ai leader politici di personalizzare il dibattito, dettare l’agenda intorno a questioni che ritengono importanti, mantenere un contatto diretto con la propria comunità, apparire come persone comuni, fornire messaggi diversi a pubblici diversi e attaccare gli avversari mediante un linguaggio spregiudicato ed aggressivo. Si viene così a creare una dimensione della politica sempre meno istituzionalizzata e sempre più legata all’importanza della comunicazione e dell’immagine personale del candidato.

Le caratteristiche intrinseche dei social media vengono sfruttate in particolar modo dai leader populisti per l’attribuzione di significato ai significanti vuoti di popolo e nemico e per la costruzione di una realtà fondata sulla logica antagonista tra queste due entità. La mancanza di norme deontologiche permette la diffusione di messaggi e notizie che non devono essere necessariamente verificate, ma che contribuiscono alla narrazione che il leader vuole impostare. L’utilizzo di un linguaggio diretto permette di consolidare l’identità del popolo che si riconosce nell’opposizione al suo nemico. La condivisione della piattaforma con i followers permette ai leader di diffondere in tempi brevi i propri messaggi e di cavalcare il risentimento dei cittadini.

I social media appaiono dunque come arene ideali nelle quali servirsi del frame populista, e le loro caratteristiche rispondono a tutte le dimensioni che sono state delineate nel primo capitolo: si può dunque parlare di “populismo digitale”, che si sviluppa grazie all’incontro efficace tra una pratica discorsiva (populismo) e un mezzo di comunicazione (social media). La domanda alla quale è necessario dare una risposta però è quella che riguarda la possibile presenza di un “contagio populista” all’interno della comunicazione dei leader sui social media.
Per rispondere verrà analizzato il caso delle elezioni politiche italiane del 2018, attraverso un’indagine sulla comunicazione su Twitter da parte dei principali leader presenti nella competizione. Prima di iniziare questa ricerca è però necessaria un’introduzione al contesto italiano, in quanto – come detto nel primo capitolo – qualsiasi studio sul populismo non può prescindere da un approfondimento del contesto specifico.

Questo brano è tratto dalla tesi:

La narrazione populista su Twitter. Analisi della comunicazione dei leader italiani durante la campagna per le politiche 2018

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Informazioni tesi

  Autore: Daniel Bonfanti
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2017-18
  Università: Università degli Studi di Bologna
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Mass Media e Politica
  Relatore: Augusto Valeriani
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 124

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