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Politica e retorica del popolo sovrano. Dal populismo arcaico al populismo mediatico

Il popolo-sovrano

Secondo la visione filosofico-politica, il popolo è una delle funzioni costitutive dello stato e di conseguenza intrattiene un legame molto stretto con la nozione di sovranità, categoria necessaria in epoca moderna a qualunque comunità sociale per potersi definire come un’entità politica autonoma.
Da questo punto di vista la caratterizzazione del popolo come fonte di legittimità e fondatore dell’ordine politico si rifà a una genealogia che, iniziata già a partire dal Medioevo, conosce una prima formalizzazione moderna con Hobbes e Rousseau, a dimostrazione della graduale “costruzione” teorica della categoria del popolo-sovrano.
In un contesto storico e filosofico caratterizzato dalla messa in discussione dei principi dell’ordine politico ereditato dal periodo feudale, Hobbes fu tra i primi, nella ricerca di una nuova unità fondatrice, a effettuare il passaggio dalla visione del potere definito per essenza divina alla consacrazione dell’unione di sovranità e popolo. Riprendendo le prospettive di Machiavelli e Jean Bodin, Hobbes mise il principio fondatore della sovranità alla base dell’ordine politico.

Considerando la condizione umana e in particolare la legge di natura che prevede la conservazione della comunità di fronte ai possibili rischi di rottura della pace civile e alla paura che questa minaccia incute nell’individuo, per Hobbes l’organizzazione politica si fondava sull’autocostituzione della moltitudine in un corpo sovrano, la cui sovranità a sua volta si esprimeva solo attraverso la sudditanza della comunità nei confronti del monarca, sottomissione resa necessaria a sua volta dagli imperativi della conservazione della comunità da parte di se stessa.
In questo senso, a conferire un’articolazione pratica al principio di sovranità era la dialettica che si realizzava tra il popolo e il suo rappresentante, infatti nella visione hobbesiana della politica, l’unità dell’associazione degli individui era perfettamente realizzata solo nel caso in cui si verificava una totale concordanza tra la “persona astratta” costituita dal popolo e la persona concreta, ossia il rappresentante.
La riflessione sul primato del popolo come fonte della politica si sposta sulle modalità in base alle quali questa sovranità del popolo viene esercitata; entra in gioco in questo modo il problema della rappresentanza che finisce per incarnare totalmente la sovranità effettiva. Nonostante Hobbes sia stato uno dei primi pensatori a fondare una teoria moderna sulla sovranità, il “pensiero” populista si rifà maggiormente ad altri autori, in particolare a Rousseau.

La prospettiva rousseauiana si basa fondamentalmente sulla contraddizione logica che contraddistingue ogni forma di rappresentanza rispetto alla volontà generale, che proprio perché è una e generale, non può essere rappresentata, in quanto verrebbe alienata a qualche interesse particolare, fatto che determinerebbe la sua stessa negazione.
Per Rousseau, il popolo esiste solo attraverso la volontà generale che esprime, ma in questo modo ciò che viene messa in discussione è la sua stessa esistenza, in quanto esso si dissolve non appena questa volontà si trasmette ai suoi rappresentanti. Proprio perché il filosofo francese aveva visto che la rappresentanza presupponeva una corruzione della volontà sovrana e originaria del popolo, egli pone quest’ultima, che altro non è che il pensiero del popolo quando questo pensa l’essere comune, a essenza stessa del principio della sovranità e quindi come condizione necessaria per l’esistenza del popolo come attore politico.
A proposito della visione rousseauiana secondo cui la sovranità è il principio fondatore di ogni comunità politica , i due politologi Mény e Surel scrivono:

“Il popolo è un ego morale collettivo alla ricerca costante del bene comune, nozione che non si riassume né nella conservazione degli individui contro la paura della morte violenta, come per Hobbes, né nel riconoscimento della proprietà come attributo essenziale della sovranità, come per Locke. In questo senso, la filosofia politica di Rousseau è al tempo stesso una forma di tensione essenziale al centro di ogni sistema democratico (la nozione della sovranità popolare si presenta come la forma più compiuta dell’utopia democratica) e, per alcuni autori, come la versione originale e/o la più “intellettualizzata” del populismo.

Quindi se intendiamo il populismo come richiamo costante alla realizzazione della sovranità del popolo, non emerge nessuna reale peculiarità, in quanto tale richiamo rappresenta anche l’ideale democratico che pone come istanza fondamentale la necessità di un governo del popolo, da parte del popolo e per il popolo.
Dunque, la singolarità del pensiero populista è da rintracciare altrove, e nel caso specifico nell’insoddisfazione rispetto alla pratica effettiva della sovranità popolare e nella capacità di definire come elemento strutturante e permanente la dicotomia popolo e élite.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Politica e retorica del popolo sovrano. Dal populismo arcaico al populismo mediatico

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Informazioni tesi

  Autore: Francesco Uscidda
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2018-19
  Università: Università degli Studi di Padova
  Facoltà: Filosofia
  Corso: Filosofia politica
  Relatore: Giovanni Gurisatti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 130

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