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Bordelli di Sabbia. Razzismo e Prostituzione dalla Colonia al Turismo Sessuale: il Caso di Cuba

La sessualità tra servi e padroni

L’attrazione ambigua per le “razze inferiori” veniva spesso dipinta come un irrefrenabile desiderio impregnato di repulsione che caratterizzava il sistema coloniale e ne consentiva e regolava il funzionamento. L’ordine coloniale si nutriva di stereotipi da lui stesso costruiti che legittimavano l’abuso del colonizzato e la sua categorica esclusione da tutto ciò che era considerato civile; soprattutto dalla possibilità di riprodursi con un membro della “razza superiore”. Il dominio sessuale e il controllo spasmodico del Bianco sulla sfera intima del Nero non era solo l’ennesima dimostrazione di supremazia ma una vera e propria riproduzione del potere coloniale.

Come sottolinea Young (2007: 97), i pregiudizi razziali che dipingono la nerezza come prova d’inferiorità, di degenerazione umana, di perversione sessuale e illimitata fertilità, suggeriscono al contempo fantasie erotiche interraziali e desideri sessuali dalle sfumature esotiche e oniriche. Non è perciò inusuale inciampare in teorie sulla razza come quella avanzata da Gilberto Freyre (1965), fermo sostenitore dell’idea che la sessualità di uomini e donne nere sia stata essenziale allo sviluppo della società coloniale brasiliana e della successiva democrazia razziale. L’autore, a sostegno della sua tesi, argomenta l’incredibile complementarietà tra il sadismo dell'uomo bianco e il masochismo della donna india o nera: nonostante il sadismo sia il carattere predominante nelle relazioni sessuali e sociali del maschio europeo con le donne in generale, lo è soprattutto nei rapporti con quelle di razze subalterne. Questo perché sin dall’infanzia il bambino bianco veniva cresciuto nelle vesti di un padrone in miniatura e, in quanto tale, aveva a sua disposizione piccoli servitori di colore (soprannominati anche acchiappabotte).

Fu proprio attraverso la sottomissione di questi che il padroncino bianco molto spesso sperimentò per la prima volta l'amore fisico (ivi; 45). Il comportamento sadico del Bianco, secondo Freyre, è stimolato dalla sola presenza di questi “schiavi e animali docili”; è una manifestazione di bestialità che viene innescata dall’eccessiva passività dell’Altro dominato (ivi; 46). L’autore continua affermando che anche il clima tropicale concorre “all'eccitamento sessuale di bambini e adolescenti, al loro prematuro esercizio delle funzioni sessuali e coniugali, tante volte morboso”, così come nelle donne contribuisce all’anticipazione delle mestruazioni (ivi; 224). L’adattamento alle condizioni metereologiche non si rivela invece problematico per i neri, perché dispongono naturalmente di una stupefacente capacità di sudorazione che li aiuta ad esorcizzare il caldo umido dei tropici e il calore sessuale da esso provocato. Infatti, mentre il bianco può sudare abbondantemente solo dalle ascelle, il nero è in grado di sudare da tutto il corpo e ottenere il massimo livello di evaporazione, tanto che “quasi un olio scaturisce da tutto il suo essere, invece di gocce di sudore come per il bianco” (ivi; 252).

Freyre ha edificato una complessa teoria sulla convivenza tra Bianchi e Neri in cui il rapporto che più conta è quello tra uomo bianco e donna nera; quest’ultima, infatti, lavorando come balia, domestica e serva per il primo, ha potuto influire sui suoi sentimenti e desideri, introducendolo talvolta all’amore adulto, trasmettendogli e insegnandogli la prima sensazione di virilità. Alla luce di queste considerazioni, come si può evitare il desiderio di una sessualità interraziale quando un uomo è stato allattato dal seno nero, curato da mani nere e sessualmente iniziato dal corpo nero? Secondo Freyre non è possibile, il desiderio sessuale interraziale, malgrado strenuamente proibito dall’ordine coloniale, veniva inoculato dallo stesso:

Biondi allevati per essere stalloni riproduttori e negre e mulatte allevate come ventri da fecondare, incinta almeno una volta l'anno, non importava chi fosse il padre. […] In verità i sadici fummo noi, elemento attivo nella corruzione della vita familiare, mentre i piccoli negri e le mulatte non ne rappresentarono che l'elemento passivo […] ciò che in tali relazioni (sessuali) si espresse fu lo spirito di un sistema economico, dividendoci, come un dio onnipotente, in schiavi e padroni (ivi; 334)

L’autore continua affermando che:

Fra i bianchi e le donne di colore si stabilirono le relazioni che esistono fra vincitori e vinti - sempre pericolose agli effetti della morale sessuale. […] Non si trattava più di rapporti di semplice animalità come nei primi tempi. Molte donne africane erano riuscite ad imporsi al rispetto dei bianchi (ivi; 375).

È quindi attraverso questi rapporti misti e la graduale valorizzazione del loro prodotto - la prole meticcia - che la società brasiliana è riuscita a raggiungere l’armonia interraziale e la democrazia razziale (Ribeiro Corossacz 2005: 33).
Questa prospettiva, dal razzismo innovativo, oppone al beneficio apportato dalle relazioni tra uomini bianchi e donne nere, i danni prodotti dall’incontro sessuale tra donne bianche e uomini neri. L’antropologo sostiene che tali unioni non sono solo segnate dalla violenza e dalla perversione, sono prima di tutto altamente improbabili. Malgrado Bonfim (1905) ha sottolineato che i casi di ‹‹irregolarità sessuale›› tra signore e schiavi si verificavano di frequente e che le conseguenze erano in ogni caso terribili per entrambe le persone coinvolte, Freyre nega in toto anche solo l’ipotesi che queste unioni possano essere realmente accadute, sia per via del clima di severo controllo in cui vivevano le donne, sia per una sostanziale incapacità femminile di sviluppare grandi passioni.

Da un lato, l’unione tra il Bianco e la Nera, al di là di alcuni casi di violenza, viene dipinta come frutto di una tenerezza, una riconciliazione, un amore edipico che riconosce come madre del padrone non quella bianca biologica ma quella nera sociale che li ha cresciuti. Al contrario, l’amore di una Bianca per un uomo nero non era giustificato, non era possibile e tanto meno credibile; era un legame perverso, il camuffamento di una violenza sessuale e un affronto diretto alla patria e alla purezza bianca. A tal proposito, Young (1995) mette in evidenza questa ambiguità riproponendo una tabulazione ottocentesca del desiderio sessuale coloniale; quadro che prevede la possibilità per il maschio bianco di procreare con donne di ogni provenienza e colore, mentre esclude categoricamente l’eventualità che una donna bianca possa o voglia riprodursi con uomini non bianchi.

Il discorso giuridico coloniale si esprimeva negli stessi termini. L’inimmaginabile, e al contempo fortemente vietata e combattuta, unione tra uomini neri e donne bianche era tale perché, a differenza delle relazioni inverse, colpiva tutta la comunità bianca, ne deteriorava la morale, ne macchiava la purezza e ne deformava i connotati. Questo concetto emerge chiaramente nelle parole del giudice Falcone, funzionario coloniale italiano in Eritrea:

Per quanto evoluto possa essere l'indigeno, la donna europea che lo sposi, assomiglierà a lui, assieme alla dignità propria, un po' anche la dignità della propria razza (Sòrgoni 1998: 103).

La gestione della sessualità e la discriminazione di genere nell’apparato giuridico della colonia non solo costituiscono uno dei principali dispositivi di domesticazione della sessualità nera e di difesa della virtù bianca, rappresentano soprattutto un sistema educativo di orientamento del desiderio sessuale, un meccanismo di razzializzazione del genere e di sessualizzazione della razza (Stoler 1995: 190). Sòrgoni affronta questo rapporto asimmetrico tra razza e genere affermando che:

Così, il cittadino che si unisce alla donna di colore non perde il suo prestigio e la sua superiorità, inerenti alla sua qualità di maschio bianco. Al contrario, nel caso di unione matrimoniale tra donna bianca e uomo locale le due discriminanti, razza e genere, entrano in conflitto. In quest'ultimo caso al legislatore si pone infatti un nuovo dilemma. Se la posizione dominante all'interno della relazione matrimoniale viene attribuita seguendo la linea sessuale, troverà la donna sottoposta ad un nativo e costretta a seguire i dettami di una civiltà ritenuta inferiore; se al contrario si segue la linea razziale - salvaguardando quindi la razza bianca e la civiltà europea - si dovrà operare uno stravolgimento del codice civile concedendo alla moglie maggiore indipendenza nei confronti del marito e pari personalità giuridica (1998: 106).

Di fatto, una relazione mista di questo tipo risultava essere un danno sociale, politico ed etico che bisognava ben astenersi dal commettere e prevenire con ogni mezzo.
Questi dibattiti sul mescolamento razziale e la purezza esprimono il fondamento culturale – che, come emerge, è soprattutto un timore biologico e una colpa morale - che ha fertilizzato il terreno del razzismo sessuale e ha consentito la crescita rigogliosa di pregiudizi, stigmatizzazioni e altre forme di pensiero prelogico sulla sessualità del nero, volte alla preservazione delle distanze tra umanità di colori diversi. Di seguito, cercherò di affrontare uno degli stereotipi più radicati e inquietanti che sono stati avanzati con questo scopo e che, seppur sotto forme diverse e più contenute, continua a ripetersi anche nei giorni nostri.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Bordelli di Sabbia. Razzismo e Prostituzione dalla Colonia al Turismo Sessuale: il Caso di Cuba

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Informazioni tesi

  Autore: Lisa Cavallini
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2017-18
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Culture, politica, società
  Corso: Antropologia Culturale ed Etnologia
  Relatore: Roberto Beneduce
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 138

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