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Sic Vos Non Vobis. Sentieri fra l'arte ambientale sostenibile nella Toscana contemporanea

La nascita dei Giardini d’artista e dei Parchi-Museo

Gli artisti ambientali che si sono resi conto di questo problema hanno capito che questo può essere risolto solo se le opere sono rese fruibili in luoghi accessibili a tutti, esperibili dal pubblico, luoghi che spesso coincidono con quelli in cui le opere sono nate, e che nella maggior parte dei casi si trovano in angoli suggestivi, immersi nella natura.
Per questi motivi è stata recuperata l’idea del giardino come spazio in cui progettare le opere ambientali.
Ciò che è interessante, è vedere come oggi si stiano sviluppando nuovi tipi di rapporto non solo con l’opera, ma anche fra le persone del pubblico, tra gli artisti e lo spazio in cui vengono presentate le opere.
Come scrive Laura Vecere in Dopopaesaggio: «Se si parla di vivente e del rapporto con quella produzione umana che si chiama arte, emergono tre dati che mi sembrano essenziali.

Il primo elemento è la diversità; si parla oggi di biodiversità e forse l’arte è uno spazio di rappresentazione di questa singolarità che ha qualcosa a che vedere con la politica. Il secondo dato è l’energia, che è parallela a una problematica ecologica. Il terzo punto è la proposta della formazione di una nuova cultura che si attuerebbe attraverso un nuovo rapporto con il territorio».
Un precursore in questo senso è stato Ian Hamilton Finlay che dopo aver acquistato nel 1967 una piccola proprietà agricola in Scozia, l’ha nel tempo trasformata nell’opera della sua vita, Little Sparta, in cui sperimenta le sue trasposizioni dalla pittura al paesaggio e ambienta le sue realizzazioni: «Un giardino - scrive - non è un oggetto ma un processo».

Qui le iscrizioni su pietra, le istallazioni, diventano occasione di meditazione sul rapporto fra uomo e natura, si trovano esemplificati tutti i temi cari all’artista.
Finlay è convinto della centralità del giardino come luogo di progettazione nella natura (certain gardens are described as retreats, but they are really attacks), e della variabilità dei modi in cui esperiamo la natura attraverso di esso: «un visitatore abbrevierà il giardino, un altro lo amplierà. Per uno, il giardino è il divertimento di dieci minuti, per un altro la meditazione di una giornata intera».
Su questa stessa linea se ne possono scorgere diversi anche in ambito italiano come il Bosco della Ragnaia creato da Sheppard Craige a San Giovanni d’Asso, in Toscana, o il Giardino di Daniel Spoerri, a Seggiano, e ancora il Giardino dei Tarocchi di Niki de Saint-Phalle a Garavicchio.
Ma mentre il giardino d’artista è un’opera di un singolo ed espressione della sua poetica, il parco-museo raccoglie opere di artisti diversi e può nascere per iniziativa di un mecenate, di un’istituzione, di un gruppo di artisti.
Si tratta comunque di interventi concepiti in vista di un ambiente determinato pensati anche come mezzi per entrare in rapporto con quell’ambiente. Il visitatore, ponendosi in confronto con le opere, scopre anche un luogo naturale.

La locuzione parco-museo è di per sé abbastanza vaga e a tratti ambigua, in quanto l’idea e il termine ‘museo’ rimandano proprio a quel concetto tradizionale alla quale quest’arte vuole opporsi.
Gli spazi d’arte, siano essi parchi, piazze o giardini, diventano dunque terreni di sperimentazione ed ambiti di prova destrutturati in cui creatività e capacità espressiva si autopropongono in ambienti privi di condizionamenti formali, e definiti solo da margini in apparenza vaghi, quasi indistinti e talvolta impropri: una quinta d’alberi, una siepe, un fossato, un panorama.
Questi spazi sono mutevoli, infiniti, in continuo cambiamento: la sequenza dei volumi di una città, l’organizzazione scenica di un parco ottocentesco, le ruvide pareti di una cava abbandonata o la sommità di un poggiano il piazzale di una fabbrica in disuso. Luoghi dove il tempo è sospeso, dove l’opera d’arte recupera un ‘suo’ ambiente, impone un ‘suo’ ritmo, definisce la reciprocità delle relazioni, delle emozioni, della sua potenza e prepotenza espressiva.
Molti artisti, negli ultimi decenni, hanno scelto il giardino come strumento di mediazione della forma, come spazio caratterizzato da una particolare e specifica sovrabbondanza di manifestazioni, di immagini e di pratiche.
Ciò che accomuna queste esperienze fra loro così diverse è il tentativo di assumere lo spazio del paesaggio come prodotto dell’attività dell’uomo, non più come una disposizione per o sguardo. Questo tipo di arte si fa produttrice di luoghi, riattivatrice di pratiche, trasforma lo spettatore in fruitore, il che non si limita a guardare ma fa esperienze di spazi (naturali, sociali, antropologici, culturali) e partecipa alla loro definizione.

Queste raccolte d’arte si ispirano a modelli diversi, da quello più ordinario che prevede una raccolta relativamente semplice di sculture all’aperto, a quello di giardino d’artista, fino a quello più innovativo che prevede la contestualizzazione di una serie di opere ambientali all’interno di un territorio anche vasto, ma che proprio le opere costituiscono in unità.
Di conseguenza, anche le opere in essi ospitate coprono una gamma di possibilità piuttosto ampia, dalla semplice sited-sculpture fino ad opere ambientali complesse.
Il trait d’union che collega queste diverse espressioni di parchi-museo è il fatto che tutti offrono al visitatore la possibilità di entrare in contatto con opere ambientali nel contesto naturale senza necessità di trasferirle in uno spazio altro, come può essere quello di una galleria o del museo tradizionale.
Allo stesso tempo invitano a quel contatto concreto ed esperibile con le opere che installazioni disperse in luoghi remoti rendono difficile.
Con la nascita e lo sviluppo dei parchi-museo di scultura contemporanea, gli artisti assumono il paesaggio come prodotto della loro attività creativa: l’intervento artistico realizzato concorre alla creazione di nuovi luoghi e trasforma il visitatore in fruitore attivo che, contemporaneamente, fa esperienza di uno spazio naturale e culturale.

Affinché un insieme di sculture en plein air diventi un parco-museo é fondamentale un’esplicita dimensione progettuale che metta in relazione le opere tra di loro ed, inoltre, al contesto.
Si tratta di un ambiente con le caratteristiche di parco, cioè di un ambiente di uso pubblico in cui il ruolo della scultura contemporanea si è modificato, diventando elemento autonomo che interagisce con il contesto.
Queste realtà eterogenee e così diverse fra loro, hanno dato vita, nel corso degli anni, a diversi tentativi di classificazione indicizzazione da parte di teorici e storici dell’arte e del paesaggio.
Roberto Lambarelli, fondatore nel 1993 della rivista “Arte e Critica” si è espresso sull’argomento sostenendo che con il termine parco-museo «si intendono alcune realtà territoriali, naturali o urbane che si distinguono per la volontà progettuale di legare a sé la scultura contemporanea[...] Si tratta di realtà differenti, alle quali appartengono sia il giardino d’artista, quanto il parco pubblico o le collezioni private di scultura all’aperto».
Un’altra interessante riflessione sull’argomento è riconducibile allo storico dell’arte Michele Costanzo, il quale definisce il recente rapporto artista-natura con le parole ‘parchi d’arte contemporanea’, affermando che: «spesso l’artista attua un intervento artistico che concorre alla trasformazione e alla valorizzazione di aree degradate e marginali ma ricche di possibilità relazionali, sia in rapporto al territorio che alla vita che in esso si svolge. Vengono, così, individuati dei contesti stimolanti dal punto di vista creativo in cui l’artista crea delle opere d’arte in rapporto all’ambiente naturale.

I parchi d’arte, diversamente da ciò che avveniva con la corrente artistica della Land Art, consentono agli artisti di tessere un dialogo con un luogo accessibile da parte del pubblico che non lo esclude da un rapporto direttamente partecipato con l’opera».
Ad oggi i parchi-museo sono molto diffusi in tutto il mondo, dallo Storm King Art Center del New Jersey, al parco del museo Kröller-Müller a Otterlo, in Olanda, alla Collezione Gori della Fattoria di Celle, a Pistoia, ecc.
In Italia, la nascita del primo parco museo di scultura contemporanea è riconducibile alla fine degli anni Cinquanta del Novecento.
Successivamente, a livello nazionale, si è assistito ad un’esplosione di questo fenomeno tanto che, attualmente, la penisola italiana ne accoglie più di una sessantina, dislocati nelle vari regioni del territorio nazionale.
Tra di esse, la Toscana, l’Emilia Romagna e la Lombardia sono da considerarsi le regioni che ne detengono il primato.
È merito di Matilde Caotorta la pubblicazione della guida che cataloga e presenta al pubblico di visitatori i differenti parchi di scultura contemporanea che sorgono nel territorio nazionale.
Due casi particolari in Italia sono rappresentati da Arte Sella in Trentino e Opera Bosco nel Lazio, dove un gruppo di artisti interessati a lavorare nella natura hanno allestito centri di lavoro che realizzano opere effimere e completamente biodegradabili, negli spazi della natura.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Sic Vos Non Vobis. Sentieri fra l'arte ambientale sostenibile nella Toscana contemporanea

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Informazioni tesi

  Autore: Valentina Anselmi
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2015-16
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Lettere e Filosofia
  Corso: Storia dell'arte
  Relatore: Claudio Zambianchi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 174

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Parole chiave

ambiente
paesaggio
land art
toscana
arte contemporanea
arte ambientale
site-specific
giardini d'artista
parco museo
arte sostenibile

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