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La segregazione occupazionale di genere: il soffitto di cristallo

I fattori organizzativi

Nonostante ci sia un consistente corpo di ricerche sui fattori che ostacolano le carriere femminili (Phillips & Imhoff, 1997), solo una piccola parte di queste è dedicata ai fattori esterni al lavoro che sostengono o intralciano il loro progresso. Il lavoro retribuito delle donne, specialmente quando guadagnano di più rispetto agli uomini, non è riuscito a cambiare le norme di genere (Pyke, 1994; Tichenor, 2005), è quindi logico dedurre che le donne lavoratrici non godono di tanto supporto sociale quanto gli uomini (Judge, Cable, Boudreau, & Bretz,1995; Prentice & Carranza, 2002).
Questo potrebbe essere un fattore nel mancato sviluppo nelle carriere delle donne, dato che il supporto sociale accresce il successo professionale(Friedman & Greenhaus, 2000; Hertz, 1989).
Diverse ricerche suggeriscono che alcune forme comportamentali di supporto sono valutate più positivamente di altre e che il supporto sociale risulta più vantaggioso se abbinato ai bisogni percepiti dall’individuo (Beals & Peplau, 2005; Pearlin & McCall, 1990). Un contributo rilevante in merito è la ricerca effettuata da Souha R. Ezzedeen and Kristen Grossnickle Ritchey (2008), che hanno condotto un’intervista semi-strutturuta su un gruppo di 20 donne impiegate in incarichi lavorativi prestigiosi e più pagati rispetto a quello del coniuge.
L’obiettivo degli autori era quello di individuare i comportamenti di supporto, e di non supporto, che queste donne ricevono dai mariti, e di rilevare come questi vengono valutati dalle donne stesse in termini di salienza per la propria carriera. L’analisi delle interviste ha condotto alla classificazione di sei categorie di comportamenti di sostegno da parte dei coniugi: supporto emotivo, aiuto in casa, aiuto con i membri della famiglia, supporto di stima, supporto nella carriera e,infine, carriera e stile di vita del coniuge. Le ricercatrici hanno, inoltre, indagato sull’importanza che queste donne danno alle varie forme di sostegno: è interessante il fatto che, nonostante lamentino l’inadeguatezza dell’aiuto in casa, che appare ancora legato al genere nella maggior parte dei casi, le donne in carriera sentono come primaria l’esigenza di avere sostegno emotivo e di stima, quasi come bisogno di riscatto dallo stereotipo, anche nel contesto famigliare. Un’ altro rilevante contributo in questo senso è proposto dal Gruppo Cerfe (2000) e riguarda l'azione di ricerca su genere e professione (RAGEP).
Questa ha indagato un campione di 800 soggetti tra quali 588 donne in carriera e 29 in posizione di vertice, con lo scopo di individuare le caratterizzazioni dei percorsi delle donne che ce l’hanno fatta.
Gli autori hanno riportato i seguenti risultati: capacità di gestione e valorizzazione del capitale sociale (patrimonio di relazioni e di fiducia che le donne possono mettere in campo); capacità di gestione del capitale cognitivo (patrimonio di conoscenze e di competenze posseuto che deve essere continuamente aggiornato ed arricchito); capacità di scegliere un modello di carriera adeguato (a spirale o ad elica con soluzioni flessibili in relazione all’intera esperienza di vita delle donne); capacità di promuovere attitudini personali positive (bisogno di successo, autoefficacia ne capacità autocritica); senso di responsabilità sociale (rilevante componente altruistica che sottolinea il legame tra carriera e tensione morale e civica); ruolo della famiglia d’origine e supporto del partner. M.C.Bombelli(2000), invece, analizzando le cause di permanenza del soffitto di cristallo, ha rilevato che per le donne sono favoriti i percorsi professionali e imprenditoriali, rispetto a quelli manageriali, poiché permangono culture organizzative neutre o penalizzanti per le donne. L’autrice, tuttavia, riporta l’emergere di buone pratiche organizzative e di gestione del personale che concepiscono la differenza come una risorsa piuttosto che un vincolo.
In particolare Bombelli (2000) riporta quattro percorsi: l’analisi e la valorizzazione delle competenze necessarie (troppo spesso quelle femminili sono sottovalutate); la valutazione delle prestazioni e non dell’attività o della presenza; una revisione e differenziazione delle logiche di sviluppo di carriera; una revisione dei meccanismi di incentivazione, considerando anche l’organizzazione del tempo come un elemento su cui far leva. Bombelli e Cuomo (2003) mettono in rilievo l’esigenza prioritaria, propria delle donne, di modalità di organizzazione del tempo che favoriscano la possibilità di conciliazione.
A tal proposito Giardini e Bernardi (2003) illustrano come il tempo organizzativo sia il grande problema della segregazione verticale di genere: il face-time imperante nelle nostre organizzazioni è così totalizzante da escludere automaticamente le donne dalla competizione o dalla famiglia. Questa concezione del tempo è la rappresentazione di un’organizzazione che assolutizza la propria presenza nella vita degli individui e chiede una dedizione totale che esclude altre priorità. Tutto questo è un residuo di una concezione organizzativa di tipo industriale che privilegia la quantità rispetto alla qualità, l’esatto contrario di quello che richiede l’attuale società post-industriale, basata sulla conoscenza e sulla creatività. Per quanto riguarda, invece, i mutamenti organizzativi che possono favorire la carriera delle donne,il CENSIS(2004) fa riferimento ai cosiddetti FWA (flexible work arrangements). Si tratta di aspetti macrostrutturali, consistenti nella istituzione di progetti e strutture specificamente dedicati alla questione delle donne manager; pratiche operative centrate su di una diversa concezione e gestione del tempo di lavoro, su nuove forme di organizzazione e distribuzione del lavoro, sulla ricerca di modalità di conciliazione di vita privata-lavoro non penalizzanti le possibilità di carriera e d’avanzamento. In quest’ambito è prezioso il contributo del progetto ― Vita e Carriera delle Donne: valorizzare la diversità per conseguire la parità ― (ENFAP,2003), che ha condotto una dettagliata analisi sul tema del ― soffitto di cristallo ― giungendo a formulare precise linee direttive per il suo smantellamento.
Queste consistono in: coniugare i temi del mutamento organizzativo nella società post-industriale con la categoria del genere; sviluppare analisi sulle culture di genere presenti nelle diverse organizzazioni; sviluppare percorsi di carriera al femminile e seguire donne o gruppi di donne in percorsi specificamente calibrati sulle loro specificità sia professionali che personali; sviluppare percorsi di valorizzazione delle differenze, e non solo di genere; sensibilizzare le organizzazioni sulla necessità di modificare la concezione del tempo organizzativo, cioè di quella disponibilità di tempo totalizzante, quasi religiosa che viene richiesta ai dipendenti e che finisce per trasformarsi in discriminazione; accordi aziendali che possano rendere compatibili maternità e carriera (concessione di part-time post-maternità con possibilità di ritorno al full time; orari flessibili; corsi di reinserimento al rientro dalla maternità, produttività legata all’individuo, ecc.).

Questo brano è tratto dalla tesi:

La segregazione occupazionale di genere: il soffitto di cristallo

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Informazioni tesi

  Autore: Chiara Abbas
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2007-08
  Università: Università degli Studi di Parma
  Facoltà: Psicologia
  Corso: Scienze del comportamento e delle relazioni interpersonali e sociali
  Relatore: Nadia Monacelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 23

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Parole chiave

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lavoro
segregazione occupazionale
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