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Bruce Lee: Innovazione nel cinema delle arti marziali

Dalla Cina con furore (the chinese connection)

Raymond Chow e Bruce furono deliziati dal successo del film Il furore della Cina colpisce ancora tanto che decisero di girare un secondo film sulle arti marziali; per questa occasione, Chow stanziò un grosso budget e chiese a Bruce, non solo di esserne ovviamente il protagonista, ma di assumere un ruolo preminente nella produzione.
Bruce venne nuovamente assorbito dal lavoro per le riprese del film, le quali vennero girate per la maggior parte negli studios della Golden Harvest e durante la notte.
Il film inizia con la morte del maestro di una scuola cinese di arti marziali a Shangai intorno al 1908. Al funerale, i rappresentanti di una scuola giapponese di arti marziali espongono un cartello con la scritta «Ai Malati d’Asia». Bruce non solo si offende per l’insulto, ma, ritenendo i giapponesi responsabili della morte del maestro, decide di vendicare il suo onore. Alla fine Bruce sfida il massimo esponente della scuola giapponese ed elimina sia questi che il gigante russo. Quando a un certo punto Bruce ruggisce: «I cinesi non sono malati!», si vedeva spesso il pubblico in sala balzare dalle poltrone. Letteralmente. Il film ricordava loro l’invasione giapponese ai danni della Cina e le vessazioni che il popolo cinese aveva dovuto subire. Era stata la necessità a rendere i cinesi un popolo violento. Bruce era molto interessato a questo aspetto. “L’apologia della violenza è sbagliata. Questa è la ragione per cui ho voluto che il mio personaggio alla fine morisse. Ha ucciso troppe persone e deve pagare per quello che ha fatto”; il pubblico cinese non gradì la sua morte e molti protestarono, offesi per il fatto che il loro eroe venisse punito.
Phil Ochs, un membro del leggendario folk music circle di New York nei primi anni ’60, affermò: “Rimasi in trance per cinque ore quando assistetti per la prima volta ai film di Bruce; non riuscivo a credere ai miei occhi. Avevo visto qualche film giapponese di samurai, ma non ero preparato a quel genere di cose. Le storie erano semplici e basate principalmente sulla vendetta. C’erano sempre due scuole rivali e un maestro rispettato e venerato. “Io vi insegnerò a essere i migliori combattenti del mondo, ma non dovete mai usare le vostre capacità per ferire qualcuno a meno che non sia assolutamente necessario”. Di solito al principio c’è un gesto oltraggioso: l’insulto di una scuola rivale, l’avvelenamento di un maestro, l’uccisione dell’amata. Lee, l’eroe, il migliore dei discepoli, chiede vendetta ma viene sempre represso fino al punto in cui non ce la fa più. Ecco che seguono quindi le più esaltanti scene d’azione mai girate per il cinema. Un uomo a mani nude contro cinquanta. Comincia sbarazzandosi dei cattivi meno minacciosi con pugni, gomiti e piedi. Non ci sono trucchi da cinepresa. Il pubblico cade in delirio, applaude, strepita, a volte salta in piedi. Quando poi l’eroe raggiunge il nemico principale inizia una danza di straordinaria bellezza ed il volto e la mente di Bruce Lee sono importanti quanto l’azione. Le espressioni del suo viso mentre sonda la mente del nemico vanno oltre qualsiasi descrizione; a volte viene rapito da un’estasi quasi sessuale e, quando colpisce, la forza del colpo prosegue anche con la mente, e il suo sguardo concentrato e soddisfatto è sconvolgente».

Dato il grande successo dei suoi film su scala internazionale, Bruce venne improvvisamente subissato da richieste di produttori e registi di ogni parte del mondo, il che lo portò a dichiarare pubblicamente: “Questi film rappresentano per me ciò che i western-spaghetti hanno rappresentato per Clint Eastwood”.
Hong Kong venne invasa da un massiccio afflusso di artisti marziali che speravano di replicare la “fortuna” di Bruce. Lui non ne rimase affatto colpito. “Loro pensano di poter essere ugualmente fortunati. Be’, io non credo nella mera fortuna. Uno deve crearsela da solo. Bisogna stare attenti a qualsiasi opportunità si presenti e sfruttarla al massimo. Qualcuno può non credermi, ma io ho trascorso migliaia di ore perfezionando ciò che faccio”.
Inoltre una delle idee di Bruce per Dalla Cina con furore, fu quella di far venire dalla California un amico e suo allievo, Bob Parker, per il ruolo del russo cattivo. Questo personaggio venne accolto con entusiasmo dal pubblico cinese, gettando le basi per la scelta futura di usare spesso dei bianchi per le parti dei cattivi.
Con il lancio di Dalla Cina con furore, la carriera di Bruce Lee raggiunse vette ancora più alte. In sole due settimane il film polverizzò il precedente record di incassi de Il furore della Cina colpisce ancora, raggiungendo ad Hong Kong i 4 milioni di dollari.
Anche se il film ebbe un gran successo, le critiche non furono tutte favorevoli. Il South China Morning Post (un giornale inglese) criticò la regia di Lo Wei, ma al
contempo dichiarò quanto segue: “Quando Bruce colpiva, era fantastico. Il suo feroce modo di combattere in preda ad attacchi di furia cieca è terrificante e superbo.”
Non si può negare, però, che tra Lee e il regista, vi fossero continue discrepanze e litigi. L’unica preoccupazione di Bruce era di fare un film di qualità e si era molto seccato per la mancanza di una sceneggiatura adeguata e per le tecniche di produzione decisamente toppo approssimative.
Ciò che fece passare in secondo piano questo tipo di problemi, fu che la recitazione di Bruce Lee fu molto più intensa che ne Il furore della Cina colpisce ancora; inoltre i suoi combattimenti erano stati molto più letali; in aggiunta Bruce diede un tocco decisamente più interessante al film, introducendo l’uso del nunchaku (arma costituita da due corti bastoni uniti mediante una breve catena o corda ) con un effetto sensazionale, maneggiando i bastoni con una precisione ed un coraggio formidabili.

Tuttavia l’uso di quest’arma, suscitò anche critiche negative. Il loro uso è proibito in molte parti del mondo ed in alcuni stati degli Usa persino il possesso del nunchaku è considerato reato; Bruce spiegherà: “Dovevo usare qualche tipo di arma, anche perché l’avversario mi attaccava con una spada (nella parte finale del film) e nessuno al mondo si sognerebbe di difendersi a mani nude, inoltre l’uso del nunchaku si fonda su basi storiche, dato che a quei tempi non c’erano ancora le pistole”.
Oltre a questo realistico punto di vista, Bruce era molto attratto dall’aspetto drammatico e scenico dei nunchaku. La sua biblioteca conteneva parecchi libri che parlavano di armi, sia antiche che moderne, sia orientali che occidentali, e riteneva i nunchaku storicamente giustificabili oltre al fatto che non inneggiassero di certo i ragazzi alla violenza, più di quanto facessero i fucili usati da John Wayne nei film western.
In Dalla Cina con furore, la critica apprezzò comunque Bruce anche per la sua capacità di far ridere rendendo i propri nemici uno zimbello; “è un attore con un grande senso del ridicolo” disse un critico; Inoltre, paradossalmente, era proprio la trama che rendeva Bruce un eroe agli occhi dei cinesi. La trama soddisfaceva il loro desiderio di rispetto e considerazione nel mondo, un qualcosa difficilmente incomprensibile per il pubblico dei paesi occidentali, che non sono mai stati sfruttati.
Qui di seguito riporto un estratto di un articolo che scrisse Bruce nei tempi della sua carriera adulta, in cui viene espresso il suo pensiero su come realizzare film di qualità di arti marziali.

“Questo articolo esprime ciò che penso veramente, una sorta di considerazione personale sull’industria cinematografica, dal punto di vista sia di attore che di essere umano. Innanzitutto, io devo prendermi le mie responsabilità e fare ciò che è giusto; il mio tempo deve essere dedicato alla preparazione del ruolo, dopo di che vengono i soldi. Per gli uomini d’affari dell’industria cinematografica (e devo dire che secondo me il cinema è un connubio di arte e affari), l’attore non è un essere umano, ma un prodotto, una merce. Tuttavia, come essere umano, ho il diritto di dimostrare di essere il migliore prodotto che abbia mai camminato sulla faccia della terra e di lavorare così bene che i produttori si vedano costretti ad ascoltarmi. Ognuno ha l’obbligo personale verso se stesso di essere il miglior prodotto sul mercato, secondo le proprie possibilità. Non il più grande o il più famoso, ma il migliore in qualità, da cui poi deriva tutto il resto. Un attore è, prima di tutto, un essere umano, come voi e me, una persona dotata della capacità di esprimersi psicologicamente e fisicamente con realismo e adeguatezza, possibilmente con buon gusto, il che significa semplicemente la rivelazione di tutto ciò che egli racchiude in sé, la sua anima, le sue esperienze, le sue idiosincrasie, ecc. Proprio come non esistono due esseri umani uguali, così accade anche per gli attori. Un attore è una persona che si dedica a un duro lavoro così che il suo livello di consapevolezza lo renda un artista qualificato nell’autoespressione, sia fisicamente che psicologicamente e spiritualmente. Io considero la recitazione come un’arte molto simile alle arti marziali poiché entrambe sono una espressione dell’io. In quanto attore mi sento dibattuto tra arte e affari, ma spero che attraverso l’armonioso accordo tra i due io possa riuscire a esprimermi e a comunicare sinceramente. La dedizione, la totale dedizione, è la chiave. Una sorta di indomabile e ossessiva dedizione e la consapevolezza che non esistono fine o limiti a questo poiché la vita è semplicemente un processo in continua espansione, in continuo rinnovamento. Un attore, un buon attore cioè, è un artista dotato di profondità e acutezza. Ciò che il pubblico vede sullo schermo è quindi la somma totale del livello di consapevolezza di quel particolare essere umano. Se questa persona è preparata, pronta, ricca di potente energia e sincera nell’espressione, se cerca veramente di crescere ed espandersi seguendo il proprio processo personale, allora questa persona è un vero professionista, un “efficace liberatore”, secondo la mia definizione.”

E’ evidente che la visione di Bruce riguardo la recitazione ed anche in qualche modo la regia di un film, deve essere un semplice veicolo per l’autoespressione e per lui era molto simile alla sua visione delle arti marziali. In un’intervista Bruce afferma: “Sin da quando ero un bambino, la parola qualità ha significato molto per me, la più grande soddisfazione è sentire una persona imparziale che afferma: “Ecco qualcosa di reale!”. Quanto mi piace! In fondo, nella vita, cosa puoi chiedere di più se non di essere reale, di compiere la tua missione e, soprattutto, di realizzare il tuo potenziale invece di dissipare la tua immagine, che non è reale, e di sprecare la tua energia vitale. Per crescere, per fare nuove scoperte, abbiamo bisogno di impegnarci, che è qualcosa che io sperimento ogni giorno, a volte positivamente, altre negativamente, ma questo non importa. Bisogna solo permettere alla propria luce interiore di guidarci fuori dalle tenebre”.
Bruce chiarì ancora meglio le proprie idee in una intervista sull’Hong Kong Standard: “Non sono soddisfatto di come si esprime il cinema qui a Hong Kong. È tempo che qualcuno faccia qualcosa di diverso. Qui i personaggi dei film non hanno abbastanza anima, non c’è sufficiente impegno né dedizione, perciò non esiste vero professionismo. Io credo di avere un ruolo preciso. Il pubblico ha bisogno di essere educato e chi deve educarlo deve essere una persona responsabile. Ci troviamo di fronte alle masse e dobbiamo educarle passo dopo passo. Non possiamo riuscirci da un giorno all’altro. Questo è lo scopo che mi sono prefissato. Se riuscirò o meno nel mio intento sarà il futuro a deciderlo. Non è che io mi “senta” impegnato, io lo sono davvero”.

Inoltre Bruce, riguardo la violenza nei suoi film, affermava: “Non ho creato io questo mostro, questa truculenza nei film cinesi. C’era già prima che io arrivassi. E poi io non semino violenza gratuita. Non definirei violenza i combattimenti contenuti nei miei film, piuttosto la chiamerei azione. Un film di azione si snoda sul confine tra realtà e fantasia. Se fosse solo realismo, allora mi si potrebbe tacciare a buon diritto di essere violento e sanguinario. Ma mi vedreste semplicemente distruggere il mio avversario squartandolo e strappandogli le budella. Non riuscirei a farlo così artisticamente. Il pubblico crede che ciò che faccio sia vero perché sono molto intenso e credo io stesso in ciò che faccio. Ma cerco sempre di recitare in maniera da porre la mia azione sul confine tra realtà e fantasia”.
In questo periodo della sua vita, Bruce rilesse più volte la sua nutrita raccolta di libri sul cinema, e arrivò alla conclusione che per garantirsi una sua identità personale e creativa, il solo modo era quello di scrivere, dirigere, produrre e recitare, praticamente facendo tutto ciò da solo. Decisione veramente difficile da portare avanti, la storia del cinema è piena di esempi di personaggi talentuosi, che si sono messi in questa “multipla” posizione ricoprendo più ruoli, ma che poi hanno visto precipitare la loro carriera nel baratro del fallimento. Ad ogni modo Bruce era convintissimo di potercela fare, e quindi dedico anima e corpo nel lavoro.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Bruce Lee: Innovazione nel cinema delle arti marziali

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Informazioni tesi

  Autore: Roberto Gamboni
  Tipo: Tesi di Laurea
  Anno: 2012-13
  Università: Università degli Studi di Torino
  Facoltà: Scienze Umanistiche
  Corso: DAMS - Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo
  Relatore: Giaime Andrea  Alonge
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 50

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