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Il governo delle carceri. Organizzazione e funzioni dell'Amministrazione Penitenziaria.

Il problema del governo delle carceri e lo sviluppo della prigione

La materia penitenziaria non rappresenta sicuramente qualcosa di semplice da studiare. Esistono diverse prospettive attraverso cui è possibile esaminarla, per ognuna di esse diversi sono i fatti che si possono porre in rilievo rispetto ad altri, il tutto dipende chiaramente dall'esaminatore. In questo caso il titolo assegnato al presente paragrafo dice già qualcosa: si vuole affrontare la trattazione di un problema e si vuole agganciare quest'ultima allo sviluppo del carcere. Ma viene da chiedersi, per avere ben chiara la situazione, di quale problema s'intende parlare? La materia penitenziaria offre innumerevoli questioni complesse e colme di problematiche, ma in questa sede l'attenzione la si vuole porre sul governo delle carceri. Ecco perché si vuole instaurare un collegamento tra l'analisi del problema ed il racconto dello sviluppo delle prigioni, è chiaro: laddove un'azienda muta nella sua sostanza, è necessario che a mutare sia anche la sua gestione e lo stesso concetto è valido per il sistema delle prigioni, che nel tempo ha subito diversi cambiamenti. Proprio il mutare della gestione di un sistema che cambia vuole essere l'oggetto da studiare in questa sede. Per poter affrontare il problema del governo delle carceri è necessario che si sciolga il nodo del significato che s'intende attribuire del termine pena e dunque dello scopo con cui la si concepisce. Proprio a questo concetto è agganciato lo sviluppo della prigione e dunque il cambiamento della gestione penitenziaria.

La parola pena in linea generale indica quei “motivi sensibili” (Beccaria 1764) che fanno desistere dal compiere violazioni della norma coloro che vorrebbero far precipitare di nuovo la società nel caos dell'anarchia. Dunque la pena nasce con la legge come strumento del sovrano, utile affinché sia garantito il mantenimento dell'ordine sociale costituito. Prima della legge, la pena non esisteva, dunque non si poneva alcun problema di natura penale. La prima interpretazione che nella storia l'umanità ha attribuito alla pena risiede nel binomio vendetta-deterrenza. Lo stesso termine implica una connotazione afflittiva ed il fatto stesso che affligge dovrebbe renderla spaventosa. È quindi ben evidente che la funzione della pena sicuramente è quella di mantenere inalterato l'ordine costituito, ma attraverso un'azione successiva alla violazione commessa, in grado di punire uno ed insegnare a cento. L'ottica in cui l'autorità ha sempre agito, fino al XVIII secolo, è quella che segue la c.d. dottrina assoluta o retributiva e la teoria dell'intimidazione. Sulla base della prima teoria, la pena riguarda unicamente il male compiuto e cioè la sanzione di un comportamento del passato. Possiamo riassumere questo concetto nella formula: occhio per occhio, dente per dente. Dunque il male chiama male ai fini di una retribuzione in primo luogo morale, ma in secondo luogo anche giuridica, in quanto l'autorità non può tollerare la violazione di una norma che potrebbe riportare la società nel caos, e quindi ha la necessità di mettere in campo un'azione mirata a ristabilire l'ordine: quest'azione è la condanna ad una pena, che appunto rappresenta la retribuzione. Un'accezione, questa, tutta kantiana: “la legge penale è un imperativo categorico e pertanto la pena deve essere inflitta al colpevole semplicemente perché egli ha commesso un delitto […]” (Kant 1797)

Si accompagna alla prima dottrina una seconda teoria, che alla punizione di uno associa l'insegnamento per cento. Secondo i fautori della teoria dell'intimidazione, la pena nel momento in cui affligge il reo non cessa i suoi effetti su di lui, ma li espande sul resto degli individui che compongono la società in quanto questi, vedendo la sofferenza che scaturisce dalla pena, dovrebbero desistere dal compiere violazioni. Si tratta di un meccanismo di coazione psicologica secondo cui tutte le violazioni sono mosse dalla volontà di un soggetto di procurarsi un piacere, e tale stimolo può essere eliminato andando a dimostrare al soggetto in questione che alla sua azione segue certamente un male maggiore del rammarico che egli avrebbe non compiendo la violazione che vorrebbe compiere. L'interpretazione appena descritta implica un sistema penale sicuramente diverso da quello che conosciamo oggi. Tuttavia l'idea “[…] della segregazione dell'uomo malvagio, violento, delinquente, criminale, anarchico, in appositi locali, è vecchia come lo è il mondo […]” (A. Parente 2007), e con il passare degli anni è mutata a seconda di come è mutata la società e dunque l'ordine da difendere. Chiaramente le prigioni dei tempi passati non erano quelle di oggi, per ovvi motivi di diversa interpretazione del concetto di pena, per le diversità del sistema penale e per ragioni anche legate alle conoscenze tecniche. Si utilizzavano come prigioni edifici di diversa natura: cisterne, conventi, pozzi, torri. Ciò accadeva perché la pena non era la detenzione stessa, bensì un qualcosa di successivo ad essa, e quindi non occorrevano particolari strutture adatte a lunghe prigionie.

L'imprigionamento, per molti secoli, è stata una pratica concepita semplicemente come il trattenimento forzato del reo in attesa che risarcisse in denaro la propria vittima evitando così la pena di morte, in attesa di condanna o, diversamente, in attesa di giudizio ai fini cautelari e dunque per evitarne la fuga dal castigo. Nel caso del trattenimento di un soggetto condannato ed in attesa di esecuzione della punizione, la custodia in prigione poteva anche avere un senso logico. Tuttavia ciò che appare curioso è la sistematica carcerazione anche dei presunti rei, cioè di quelle persone non ancora condannate e quindi in attesa di giudizio, che si presumevano colpevoli e che spesso venivano torturate al fine di ottenere una confessione, che ovviamente oggi non si riterrebbe attendibile essendo estorta mediante la tortura. Questo punto appena sottolineato è un tratto importante di un sistema penale che è stato in vigore per secoli e secoli: dall'antichità fino poi ai tempi dell'Illuminismo. [...]

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Il governo delle carceri. Organizzazione e funzioni dell'Amministrazione Penitenziaria.

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Informazioni tesi

  Autore: Alessandro Pannozzo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2018-19
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Scienze Politiche
  Corso: Scienze dell'amministrazione
  Relatore: Gianfranco D'Alessio
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 333

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Parole chiave

organizzazione
funzioni
giustizia
amministrazione
governo
carcere
diritto amministrativo
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dipartimento dell'amministrazione penitenziaria
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