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L'Economia Circolare nel settore dell'abbigliamento second-hand e il caso aziendale Humana People to People Italia

Abbigliamento usato

Il settore dell’abbigliamento in sé per sé è da sempre soggetto fortemente alle mode ed ai trend veicolati dal sistema sociale ed economico che, di volta in volta, stabiliscono dei mantra sul fashion e dispensano consigli di stile su ciò che nella prossima stagione si indosserà oppure cosa sarà “out”.
Basti pensare al potere che hanno i social media nell’influenzare tutti gli utenti iscritti alle relative piattaforme, soprattutto i giovanissimi. Primo fra tutti al giorno d’oggi è Instagram, dove primeggiano gli influencer, con il compito di proporre ed imporre look sempre aggiornati e cool.
A rendere appetibile l’acquisto di vestiti usati, è anche l’iniziativa di alcuni brand che offrono buoni sconto od omaggi in cambio di acquisto o vendita di un capo usato.
La moda, senza riferirci prettamente all’abbigliamento, è un’acerrima nemica del riuso e del risparmio e rende vittime migliaia di giovani, e non solo, che ogni anno si apprestano ad acquistare l’ultimo modello di quel paio di scarpe tanto amate (all’improvviso), così come l’ultimo modello dell’I-phone arrivato in store.
L’usato sembra scontrarsi con tutto questo appena descritto, in quanto in questo caso ci si riferisce proprio a quel paio di scarpe ormai “fuori moda” usate dalla mamma anni fa, che non rispecchiano i canoni estetici di oggi. Così si favoriscono fenomeni sociali come l’anticonformismo, spesso soggetto ad irrisione, emarginazione ed esclusione, anche quando l’oggetto in questione risulta poco utilizzato e magari perfettamente funzionante.
Aldilà delle mode e dei gusti legittimamente soggettivi, è importante sottolineare che la funzionalità rappresenta un elemento necessario per dare una seconda vita all’oggetto in questione, tanto che in un punto vendita dell’usato il bene deve superare delle valutazioni sulla qualità per avere delle possibilità di acquisto da parte di un cliente e quindi meritarsi un posto in uno scaffale di esposizione del negozio.

Il settore del tessile ha un ruolo chiave in Italia in quanto sono di antichissima origine le tradizioni e le competenze in campo tessile. La struttura attuale del sistema industriale italiano, composto al 99% dalle piccole e medie imprese, si riflette anche nel settore dell’abbigliamento occupando però, a differenza di altri settori meno significativi, un ruolo chiave nell’export mondiale. Infatti, ben il 7% giunge dall’economia tessile italiana, soprattutto quella proveniente dal Nord Italia e dal distretto pratese, nel quale sono numerose le aziende e le associazioni attive nel campo tessile e attente nei confronti dell’ambiente e del riciclo.

L’abbigliamento usato al giorno d’oggi non conquista più nicchie di mercato o fette specifiche della popolazione, ma coinvolge ormai un ampio range di età ed interessa ambo i sessi per delle ragioni che sono sia di tipo etico-sostenibile, sia a causa di mode e tendenze nell’abbigliamento che ciclicamente impongono ritorni di qualche capo o accessorio nel vestiario appartenenti ad epoche lontane e passate (i cosiddetti “revival”).
Un panorama quantitativo sui numeri ci svela che il settore dell’usato fattura circa 3 miliardi di euro ogni anno ed impegna circa 80 mila persone. Il flusso di abiti usati esportato dall’Italia ha oscillato negli ultimi anni tra 100.000 e 150000 tonnellate, indumenti importati principalmente dal Nord Africa e dell’Africa Subsahariana.

Questo brano è tratto dalla tesi:

L'Economia Circolare nel settore dell'abbigliamento second-hand e il caso aziendale Humana People to People Italia

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Informazioni tesi

  Autore: Marta Panunzi
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2018-19
  Università: Università degli Studi Roma Tre
  Facoltà: Economia
  Corso: Economia dell'ambiente e dello sviluppo
  Relatore: Riccardo Giovannini
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 95

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